27. La Stanza degli Specchi

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L'impeto che guidava Myrhiam si esaurì lentamente, e non prima che le sue ali reclamassero un po' di riposo. L'ira che le aveva annebbiato i pensieri e la furia che l'aveva accecata si dispersero man mano e, dopo chissà quanto, la frenesia cedette posto alla fatica.
Posò i piedi a terra e si guardò attorno. Era molto che stava volando a quel modo? Di certo, sia che guardasse avanti, sia che si volgesse indietro, non si vedeva nient'altro che rocce, buio e foschia: l'uscita e l'entrata della Gola Biforcuta dovevano essere ben lontane. Ebbe un brivido, senza capire se fosse colpa del freddo o del senso di smarrimento che quel luogo le incuteva.

Scoccò un'occhiata circospetta a destra e a sinistra, quasi a controllare che le pareti della forra non decidessero, da un momento all'altro, di stringersi per inghiottire il sentiero... e quindi guardò in alto, alla ricerca della sola fonte di luce che stemperava le tenebre in cui versava il fondovalle. I raggi del sole sembravano colare come cera sulle pareti rocciose; la pietra rosata, venata di viola, dei Monti dei Ricordi rimandava riflessi irreali che si fondevano con la nebbia aleggiante sul sentiero, conferendo al paesaggio un'atmosfera onirica e spettrale.

«Che c'è, hai paura o hai deciso di aspettarmi?» fece Nelgon, col respiro affannato.

Myrhiam fremette come un gatto innervosito, ma non rispose. Invece si volse, e vide il suo compagno di viaggio avanzare quasi senza fiato; ne dedusse che non era rimasto indietro di proposito, e che stava approfittando della sua esitazione per recuperare terreno e raggiungerla.

«Adesso ti farebbe comodo custodire una Virtù più utile della Speranza... tipo il Coraggio, mh?»

L'indignazione che Myrhiam provò udendo quelle parole fu talmente grande che non le riuscì di trovare qualcosa di abbastanza offensivo per ribattere. Mentre balbettava imprecazioni sconnesse e incomprensibili, Nelgon ebbe buon gioco di raggiungerla e di farsi vicino... anche un po' troppo.
Myrhiam arricciò il naso e scoccò un'occhiata innervosita alle lentiggini sulle sue gote, indecisa se allontanarsi o se spingerlo via.

«Ehi, ci senti?»

«Magari potessi non sentirti» sibilò lei, optando infine per la soluzione meno violenta e riprendendo a volare.

Nelgon le andò dietro senza indugi.

«E fatti un po' da parte» sbottò Myrhiam. «Non starmi così appiccicato!»

«In questo punto è meglio stare vicini» si oppose lui.

«Meglio per chi?»

«Almeno hai capito dove siamo?» .

«Dove siamo?»

«Nelle viscere dei Monti dei Ricordi.»

«Oh, ma dai?»

«Siamo quasi arrivati alla Biforcazione» proseguì lui, come se non fosse stato interrotto. «In quest'area si manifestano più frequentemente le Ombre del Passato.»

«Oh, ti prego!» eruppe Myrhiam. «Sono storie assurde! Le uniche Ombre che esistono sono malvagie e stanno nel Limbo. Vicino alla Biforcazione ci sono solo correnti d'aria.»

Myrhiam non aveva intenzione di farsi intimidire dalle leggende sugli spiriti che vivevano tra le montagne. Già il paesaggio era poco rassicurante... non era proprio il caso di rievocare le fandonie che si raccontavano nelle sere di novilunio per suscitare paura e spavento.

«Non sono storie assurde» protestò piano Nelgon, quasi intimorito che il discorso potesse essere ascoltato da orecchie indiscrete. «Se no perché le Fate verrebbero qui, durante le notti della Luna Fredda, quando il buio è più profondo?»

«Se potessimo davvero rivedere i nostri morti, la tradizione non sarebbe una leggenda, ma un rito collettivo» insistette Myrhiam. «I miei genitori sono stati più di cento anni ad addestrarsi tra i Monti e non hanno mai...»

Le Sette Vie. Storia di una Fata della SperanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora