ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 2

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Quando spalancarono le porte del campo, giurò che avrebbe sterminato quei bastardi. Tutti, dal primo all'ultimo, senza lasciarne neppure uno. Non gli importava dei bambini, delle mogli, degli anziani che abitavano nella cittadella: erano tutti colpevoli di quell'abominio, perché non avevano mai avuto le palle di alzare un dito e dire la loro, tanto per cominciare. A tutti faceva comodo uno schiavo da casa. Chiunque ne possedeva almeno uno, e nessuno avrebbe mai rinunciato ad un tale privilegio; nemmeno se questo significava privare uno sconosciuto della sua libertà e dei suoi diritti.

La breve passeggiata che aveva anticipato il loro arrivo era forse stata il momento migliore di tutta la sua giornata. Con i piedi scalzi e alcune vesciche a gonfiarne la pelle, aveva sopportato con pazienza esemplare il calore del sole che continuava ad abbronzare la sua pelle già sufficientemente scura per i suoi gusti. Il vento era improvvisamente scomparso dopo che si erano messi in cammino e - Dio - quanto gli mancava, ora che l'afa appesantiva il suo corpo come non mai. Il formicolio sottopelle fu solo la ciliegina sulla torta quando giunsero all'entrata del Distretto Liberio. Fu allora che realizzò di non avere alcuna possibilità di fuga, non se voleva restare in vita.

«Aprite il portone!» gridò il vecchio che li aveva guidati, sollevando un braccio.

Alcuni uomini in cima alle mura risposero al segnale, iniziando ad aprire l'ingresso di quella che sarebbe stata la sua casa per i prossimi anni; non aveva nemmeno provato a contarli, non aveva idea di quanto sarebbe sopravvissuto. Le ante del grande portone si spostarono con un forte cigolio. Il vento gli arrivò in pieno viso, scuotendogli i capelli.

Chiuse gli occhi, e l'immagine di casa sua gli apparve davanti in un debole miraggio. Vide i cormorani sorvolare le vacche che pascolavano nel recinto, quello che suo padre stava aggiustando con tanto amore e dedizione; ricordava l'erba che ondeggiava ritmicamente sotto il soffio del vento, le api che s'aggrappavano alle corone delle margherite, succhiando il nettare dalle stesse…
Consapevole tuttavia della mera fantasia che aveva infestato la sua mente, si apprestò a non illudersi. Una volta pronto - cosciente della crudeltà che avrebbe caratterizzato ciò che, a breve, avrebbe visto - schiuse le palpebre.

Sangue, sangue ovunque.
Per terra, sui vestiti, tra le macerie; tutto in quel posto urlava morte e disperazione, sottomissione. Le persone davanti a sé perivano sotto il peso di grossi macigni che trasportavano in fila indiana. Ai loro polsi grosse catene strisciavano a terra, producendo un rumore assordante e continuo, l'unico che accompagnava il loro lungo calvario. Vedeva quei passi privi di energia, compiuti con il minimo sforzo da gambe secche, piccole o lunghe che fossero, prive di carne e quasi muscoli, avvolte da una pelle sporca, sudicia, cosparsa di ferite. Sembrava seguissero tutti un unico scopo: quello di soddisfare le richieste - ma cosa andava pensando - gli ordini che venivano impartiti loro; null'altro.

Strabuzzò gli occhi nel vedere una donna che veniva stuprata nell'angolo, senza che nessuno facesse o dicesse alcunché, perché alla fine non gliene importava granché a nessuno. Vide le mani schifose dell'uomo in divisa afferrare i seni della giovane dai capelli neri e spingersi dentro di lei anche quando ella gridò, disperata e furiosa, tentando di scrollarselo di dosso. Alcuni sghignazzavano sopra le mura della struttura, riusciva a sentire le loro risate anche da lì per quanto se la godevano quei maiali.

Spostò lo sguardo ed ecco che scorse la punta di una lancia sfiorare la mascella di un ragazzo. Aveva gli occhi gialli terrorizzati che supplicavano in silenzio, le mani alzate in segno di resa o scusa e la carnagione resa scura dalla sporcizia e la polvere.

Lo afferrarono improvvisamente per le spalle, quella fu l'ultima goccia.
Si dimenò, colto da un moto di rabbia che divampava dentro di sé, come il suo spirito, la paura resa innocua da un'abbondante dose di adrenalina. Sapeva quanto fosse pericoloso un atteggiamento simile, a dir poco titanico, ma al diavolo ogni cosa: l'istinto gli gridava di non soccombere a quella follia, gli implorava di scappare, certo che avrebbe potuto sfuggire a una vita infernale, ingiusta, come quella. Combatté come un leone e ruggì, ma non tirò fuori gli artigli. Riuscì a liberarsi dalla presa sulle sue spalle e allontanarsi, ma le mura lo circondavano ancora. Prima di tutto doveva trovare un'uscita.

Iʟ ᴘʀᴇᴢᴢᴏ ᴅᴇʟʟᴀ Lɪʙᴇʀᴛᴀ̀Where stories live. Discover now