6. LUCAS

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Sono passati tre giorni e ogni secondo battuto l'ho trascorso a pensarlo. Giro per casa come un leone in gabbia e ruggisco come un animale feroce non appena qualcuno osa solo avvicinarsi quando sono nel mio studio.

L'evento è andato oltre ogni immaginazione e il mio lavoro è stato ripagato con un tuffo in un lago di gratitudine dato da tutte quelle persone che mi hanno concesso questo successo, ma nonostante tutto quello che mi ha reso più felice è aver potuto rivedere i suoi occhi neri e torbidi, esattamente come li ho sempre ricordati.

Ed è in mezzo a tutto quel fango il posto in cui vorrei essere in questo momento, a curare tutto il nuovo dolore che è nato in lui quando ha scoperto dell'esistenza di David. Perché lo conosco troppo bene per non aver capito il suo turbamento interiore e so anche che non ho il permesso per avvicinarmi a lui, non dopo che se n'è andato, ma soprattutto perché ora al mio fianco ho un ragazzo che mi ama. Ed è tutto così sbagliato in questo momento che dentro di me non trovo più niente, come se una furia cieca avesse invertito l'ordine dei miei sentimenti lasciandomi a cercare emozioni presenti, ma facendomi trovare solo quelle passate. Ed è questo che mi devasta l'anima perché tutto l'odio che ho sempre sentito nei suoi confronti scopro essere solo che la faccia di una medaglia sulla quale dall'altro lato è rappresentato l'amore. Entrambi alla fine sono stati destinati a intrecciarsi non lasciandomi altra scelta che la straziante accettazione che non ho mai voluto dimenticarlo, ma piuttosto ho sempre sperato di ritrovarlo e per farlo ho acceso quel dolore che mi ha tenuto compagnia per tutti questi anni picchiettando a intermittenza nella mia testa.

Fisso lo schermo davanti a me, il vuoto che invade il mio intero corpo non fa uscire nessuna nuova idea e mi domando cosa fare per sbloccare questo livello di auto distruzione che ho innescato. Sbuffo, lascio andare la matita sulla tavoletta e poi butto la testa indietro. Solo quando sento bussare cerco di ricompormi.

"Ti ho portato un caffè". La voce di chi non avrei voluto assolutamente sentire si fa strada nella stanza. "Ho visto che non l'hai bevuto a casa".

Casa. Casa mia. Perché ha passato l'ennesima notte nel mio letto. "Grazie". Cerco di sorridere mentre prendo il contenitore che mi sporge, senza nessuna voglia di berlo. Lo guardo provando a perdermi nel suo sguardo come ho fatto in un paio di occhi neri solo qualche giorno fa, ma non funziona, non quando ho messo un nastro bianco e rosso a delimitare il mio cuore.

"Stavi lavorando?". Domanda mentre inizia a spostare i fogli che sono sparsi sulla scrivania.

E trovo irritante che lo faccia soprattutto perché sa che non voglio vengano toccati. Prendo dalle sue mani quello che sta guardando e con un gesto lo allontano dai miei schizzi. "Hanno un loro posto". Giustifico il mio comportamento con una scusa.

Lo vedo alzare gli occhi al cielo, ma non accenna ad andarsene. "Potrei trasferirmi da te". Dice dal nulla, prendendomi in contro piede.

"Forse è un po' affrettato". Ribatto.

"Forse, ma stiamo bene assieme e poi so che hai solo paura di fare un passo avanti per cui vivere assieme è un ottima soluzione ai tuoi problemi".

Lo guardo allibito e mi chiedo quando sia diventato così sfrontato. " Non lo so, mi sembra ancora presto". Cerco di frenarlo.

"Lucas, lo so che ami di più il tuo fumetto che me, ma non ne sono geloso, te lo assicuro". Dice appoggiandosi alla scrivania.

Sto cercando le parole adatte per spiegargli quanta verità ci sia in questa sua frase quando ancora una volta bussano alla porta.

"È aperto". Dico quando nessuno abbassa la maniglia, facendomi voltare verso l'uscio e sorprendendomi quando vedo chi appare in quella cornice bianca.

L'AMORE CHE CI HA SALVATIWhere stories live. Discover now