Prologo

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Il fuoco ardeva scoppiettante ormai da un po' in un vecchio e malandato camino posto in fondo a una stanza spoglia e buia. Il parquet era ricoperto da una densa coltre di polvere e la carta da parati gialla si staccava in enormi pezzi dalle mura fatiscenti. L'unico arredamento in quella stanza tetra e scarna era un logoro divano rosso al centro. Su di esso vi era seduta una donna dai lunghi capelli castani. Se ne stava lì, con la schiena dritta e le spalle rigide come se aspettasse di doversi alzare e iniziare a correre da un momento all'altro. Si sfregava le mani ansiosa e ogni tanto lanciava occhiate fugaci alla porta d'entrata alla sua destra. A un tratto quella stessa porta si spalancò con un cigolio sinistro e un uomo sulla trentina vi entrò, un passo delicalo ma deciso e un'espressione corrucciata sul volto. Con le spalle dritte e pancia in dentro, aveva tutta l'aria di essere un soldato. La donna balzò giù dal divano con un'agilità sorprendente e gli si avvicinò con passo elegante ed aggraziato.

«Allora?» gli chiese,  incrociando le mani dinanzi a lei come in segno di preghiera.

L'uomo la fissò per pochi istanti, poi abbassò lo sguardo e scosse la testa.

«Perché?!», sbottò la donna, «se ci parlo io... forse potrei spiegare...», balbettò con gli occhi verdi e grandi che fissavano l'uomo davanti a lei, «potrei farli ragionare, far loro capire cosa provo.»

«Susan, Susan» la richiamò lui, poi le appoggiò le mani su entrambe le spalle, tentando di calmarla. «Ormai hanno deciso. Non torneranno sui loro passi, qualsiasi cosa tu possa dirgli. Sapevi già che le probabilità che accettassero erano esigue», disse, massaggiando delicatamente le spalle della donna.

«Devo provarci Erik, non ho altra scelta» insistette lei, con gli occhi lucidi e le mani ancora strette in supplica dinanzi al suo petto.

L'uomo scosse la testa. «Io ho fatto del mio meglio per convincerli, e sai benissimo quanto la mia parola valga lì dentro. Ma con questo,» ribatté, prendendosi un momento, poi sospirò e finì la frase, «niente di quello che avrei potuto dire o fare gli avrebbe fatto cambiare idea.»

«Allora cosa mi consigli di fare?» chiese Susan, e portò entrambe le mani ai lati dei suoi fianchi stringendole in pugni stretti, mentre la rabbia prendeva il sopravvento sulla disperazione.

«Ormai è tardi. Non puoi più fare niente. Arrenditi», sentenziò l'uomo con tono autoritario, abbassando le braccia dalle spalle della donna. Poi senza aggiungere altro, fece per voltarsi.

«NO!» urlò Susan, prima che l'uomo riuscisse a fare più di qualche passo.

In quel momento il fuoco nel camino parve affievolirsi così tanto che quasi si spense, come se fosse stato attraversato da una folata di vento improvvisa.

Erik si voltò e guardò Susan dritta in volto.

«Non farlo con me», gli intimò in tono glaciale.

«Tu forse non ci credi, ma io sì» mormorò la donna a denti stretti.

L'uomo si diresse verso di lei a grandi passi e le si fermò a pochi centimetri dal viso.

«Sono tuo fratello, sai benissimo che ci credo!» sbottò, guardandola con fervore.

«ALLORA AIUTAMI!» urlò Susan, la fronte corrucciata e gli occhi tersi sull'orlo del pianto.

Erik si fermò a osservare la sorella. Vederla in quello stato gli fece stringere il cuore in una morsa. Sospirò, passandosi una mano tra i capelli castani e arruffati, uguali a quelli di lei.

«Sai benissimo che non seguirò gli ordini» aggiunse Susan, quando suo fratello non le rispose.

«Lo so,» ribatté lui, la fatica e la preoccupazione che gli dipingevano il viso, facendolo apparire molto più vecchio, «è per questo che ti sto avvisando. Stanno venendo a prendervi, Susan. Devi andartene, ora» sentenziò l'uomo grave, fissando gli occhi della sorella mentre si ingrandivano dal terrore.

«Grazie» mormorò lei, poi osservò suo fratello, memorizzando ogni suo lineamento, con la sensazione viscerale che quella sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe visto.

Susan si voltò con una lacrima che le rigava il viso, e in un battito di ciglia era svanita.

From Darkness To AshesWhere stories live. Discover now