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Il sole stava tramontando schivo dietro gli edifici di Wilmington. La primavera era alle porte, ma il freddo non era intenzionato a lasciare la città tanto presto e l'aria gelida pizzicava insistente le guance di Amelya, rendendole rosate. Le piaceva portare a spasso il suo cane Aragorn, un enorme Siberian Husky dal pelo folto bianco e nero, ma detestava davvero il freddo e questo le faceva storcere il naso. Si strinse nel cappotto e iniziò a giocherellare col guinzaglio dell'animale mentre lui trotterellava contento, annusando qualsiasi cosa gli passasse sotto il naso. Amelya fissò le logore sneakers grigie ai suoi piedi e pensò che avesse un disperato bisogno di un paio di scarpe nuove per la festa di sabato sera a casa di Mason. Forse, sarebbe riuscita a scroccare un po' di soldi a sua madre, quella santa donna non era in grado di dirle di no.

Provò a fare mente locale dei vestiti che aveva nel suo armadio: avrebbe potuto indossare l'abito blu che aveva comprato insieme a Kate al centro commerciale la settimana precedente. Chissà invece cosa avrebbe indossato Kate. Sicuramente qualcosa di audace, nel pieno stile "ragazza ribelle", che ormai la accompagnava da qualche mese.

Una brezza di marzo le accarezzò il viso pallido portando con sé il suono glaciale di un urlo che squarciò il silenzio del crepuscolo. Amelya si bloccò sui suoi passi. Un brivido le percorse la schiena. Prima ancora di poter pensare a cosa avesse sentito, il guinzaglio le scivolò di mano e Aragorn si tuffò in una folle corsa.

«No! Aragorn fermati!» urlò Amelya, ma il cane ormai l'aveva già seminata di qualche metro.

«Dannazione!» imprecò inseguendolo.

Senza la minima esitazione, dopo appena qualche metro, l'animale svoltò a destra, verso la periferia della città, come se già sapesse dove andare. Amelya tentò di chiamarlo più volte, ma senza alcun successo. L'enorme Siberian Husky la stava conducendo sempre più distante da casa sua, dai suoi genitori. Dopo qualche isolato, la ragazza era ormai certa di essersi persa. Quando fu quasi vicina ad arrendersi, con i polmoni doloranti e l'aria pungente della sera che le seccava la gola, finalmente l'animale si fermò. La ragazza lo raggiunse, trascinandosi negli ultimi passi con estrema fatica. Si portò una mano al petto dolente mentre con l'altra afferrò il guinzaglio da terra, ma quando provò a tirarlo per farsi seguire dal cane, quello non si mosse di una virgola.

«Per Dio, Aragorn, andiamo!» sbottò Amelya, stremata, ma quello rimase fermo: le zampe salde a terra, lo sguardo che si perdeva dentro il buio di un vicolo.

«Ma che ti prende?» domandò, scrutando anche lei a sua volta la stradina, senza però vedere alcunché.

A un tratto un rumore riempì quel buio. Amelya rimase interdetta, gli occhi sgranati a fissare il vicolo inghiottito dalla notte. Aragorn iniziò a ringhiare: la mandibola aperta a mostrare i canini appuntiti, la coda folta e alta, mentre i peli si drizzarono sul suo dorso disegnando sinuosamente la sua spina dorsale. Una strana sensazione si fece strada nel petto della ragazza: era invadente, caotica e soffocante. Le rapì definitivamente quel poco di respiro che le era rimasto mentre il cuore le scalpitava in gola. Non vedeva niente lì dentro, ma sentiva che c'era qualcosa. Qualcosa che le sottrasse ogni minimo brandello di coraggio lasciandola in balia degli eventi, come un ramoscello portato via dalla corrente di un fiume.

Amelya era come catturata e incantata dal nero del vicolo, le era impossibile anche solo distogliere lo sguardo o provare a chiamare aiuto. Si sentiva un tutt'uno con l'asfalto, imprigionata, legata a quel posto.

Pochi secondi che durarono un'eternità, poi qualcosa si mosse verso di lei, fugace e letale in quel pozzo di oscurità.

La sveglia suonò.

Amelya aprì gli occhi subito, come se non si fosse mai addormentata realmente. Quel sogno... era tanto che non lo faceva: il freddo di marzo sulla pelle; le passeggiate con Aragorn nel suo paese d'origine; i suoi genitori che l'aspettavano a casa...

From Darkness To AshesWhere stories live. Discover now