CAPITOLO 6 seconda parte

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CHRISTINA

È lunedì e sto lavorando con molto impegno sul sito della libreria "Il Caleidoscopio". Non vedo l'ora di rivedere Samuele e mostrargli l'avanzamento dei lavori, così potrò chiedergli come procede il progetto del film.

«Chris, sono ore che non alzi la testa dalla tastiera.» Silvia interrompe la mia concentrazione. «Vieni a prendere un caffè con me?»

Guardo l'orologio e le sorrido. «Certo che vengo!» Metto in stand by il computer e mi alzo.

«Sei una stacanovista» mi rimprovera la mia collega.

Ci incamminiamo lungo il corridoio che porta alla macchinetta del caffè e replico: «No, è solo che quando ami il tuo lavoro, lo scorrere delle ore diventa un veloce fluire di minuti...»

«Adesso non esagerare!» Si mette a ridere. «Comunque, questa frase me la segno» e continua a ridere accarezzandosi il ventre ancora poco prominente. La vedo molto più serena della scorsa settimana, in ogni caso non oso chiederle se ha letto il libro che le ho regalato, preferisco aspettare che sia lei a parlarmene, perché vorrei che cogliesse da sola il messaggio che volevo darle e anche perché con lei potrei lasciarmi andare a confidarmi su Dotty.

Qui alla ICT, tutti sanno che ho una sorella più piccola, però nessuno sa che ha la sindrome di down. Non l'ho mai specificato, non per vergogna o disagio, assolutamente no: sono fiera di Dotty. L'unica ragione è che odio sentirmi dire: "Chris, che grande responsabilità ti hanno lasciato i tuoi genitori. Come farai?" Molti dei miei vicini, dopo la morte di papà, so che dicevano alle mie spalle: "Ha un bel da fare con Dorothea. Il fidanzato non ha voluto questo impegno..." Beh, almeno qui ho voluto evitare tutto questo. Non ho neanche fatto la domanda per la legge centoquattro; per il momento, grazie all'aiuto di zia Agata, riesco a incastrare bene le visite mediche e le esigenze di Dotty con le ferie maturate.

Silvia non dice niente del libro, preferisce parlare del weekend appena trascorso. Io sto davanti alla macchinetta del caffè e do le spalle al corridoio, lei è rivolta verso me, a fianco dell'erogatore di merendine. All'improvviso, diventa silenziosa e guarda oltre le mie spalle.

«Arriva il boss» mi dice a denti stretti abbassando il tono di voce.

Tali parole hanno su di me un effetto devastante: una scarica di adrenalina mi fa tremare tutto il corpo e una vampata di calore aumenta in modo immediato la mia sudorazione. Percepisco dal riflesso del vetro che si è fermato e che si sta girando verso di noi.

«Buongiorno, Ingegnere» gli dice sorridente e gentile Silvia.

«Buondì» mormora lui con la voce un po' roca.

Per educazione dovrei voltarmi e salutare, invece tossisco ripiegandomi su me stessa e continuando a mostrare a Coleman solo le mie spalle.

Lui prosegue.

Tiro un sospiro di sollievo, ma sono visibilmente scossa.

«Tutto bene?» mi domanda Silvia.

«Tutto ok. Ho bisogno del bagno.»

Devo raggiungere la toilette che è dietro la mia postazione, così sarò al sicuro quando lui ripasserà per tornare ai piani alti.

«Vengo con te.»

Una volta rifugiate nel bagno delle ragazze, Silvia inizia un monologo incessante su Coleman: «È strano che si sia fermato a salutare, non lo fa mai. Nel frangente in cui si è girato, sembrava che stesse annusando l'aria. Vedessi che faccia incazzata che aveva. Sai, ho sentito che è di pessimo umore. Intrattabile. E vuoi sapere perché? Dice che ha lasciato la sua ultima fidanzata. Era un ottimo partito, una avvocatessa, molto ricca di famiglia e, manco a dirlo, bellissima. Però, sembra che lei abbia fatto una mossa falsa e cioè che gli abbia chiesto di affidarle alcune delle cause che l'ICT ha in sospeso. La tipa voleva aumentare i suoi clienti e intromettersi qui, nella sua azienda. È risaputa, no, la sua avversione a mischiare amore e lavoro. Comunque, hanno avuto una grossa lite e lui l'ha liquidata. Caput. Senza ripensamenti! Venerdì sera, l'hanno visto in un locale che rimorchiava la barista, una bionda appariscente tutta curve. Com'è che si chiama il locale? Aspetta, fammi pensare... Red Carpet. Lo conosci? Sta in centro.»

Mi sento mancare.

«Oh, che hai? Sei pallida come un fantasma. Ti senti bene?» mi chiede preoccupata.

«Sì, sì, bene. Ma... chi è che l'ha visto?»

«La sorella dell'ingegnere Brunori. Hai presente quello con gli occhiali blu che sta alla terza scrivania dopo la mia vicino alla finestra?»

«Magari si è sbagliata...»

«No, no. Nessun errore. L'ha visto incontrarsi con la barista fuori dal locale e poi andarsene in auto con lei. È sicuro, la sorella di Brunori conosce bene Coleman, si era presa una sbandata per lui; l'ingegnere non ne ha voluto sapere, altrimenti Brunori avrebbe dovuto trovarsi un altro lavoro.»

«Chi sa di questa cosa?» chiedo con voce tremante.

«Tutti. Stamattina, prima che tu arrivassi, non s'è parlato d'altro.»

Vorrei morire.

°°°

La sera, mi precipito a bussare alla porta del monolocale di mia cugina. Me la ritrovo davanti in tuta e ansimante. Sta facendo ginnastica.

«Ciao Chris, vuoi fare Zumba con me?»

«Sono nei guai!» esordisco agitata.

«Cos'hai combinato? Come mai hai con te il pc?»

«Dammi il tuo telefono» le intimo, mentre mi siedo al tavolo e apro il portatile. «Devo verificare che tutti i tuoi profili social siano privati e senza possibilità d'accesso. Inoltre, devo eliminare ogni connessione fra me e te e il Red Carpet. Poi ti scrivo la lista di tutte le cose che dovrai evitare di fare per non ricollegarti con me.»

«Che succede?»

Le riferisco ogni cosa.

«... Capisci! L'hanno visto al Red Carpet. Mezza ICT sta spettegolando sul fatto che abbia rimorchiato la barista» urlo preoccupata a mia cugina.

«Stai calma. È risaputo che è un uomo che piace e che ha molte avventure. La "barista" sarà solo una delle tante. Vedrai che tra una settimana nessuno parlerà più di lei.»

«Il mio terrore è solo uno: se lui ci collega, sono fottuta! Mi manca poco così,» metto il pollice e l'indice a distanza ravvicinata, davanti al suo viso «dall'essere assunta a tempo indeterminato. Questa cosa non doveva succedere...»

«È vero, non doveva succedere, invece è accaduta e non si può tornare indietro. Rifletti: qualche tua collega sa che lavori al Red?»

«No, non l'ho detto a nessuno» rispondo sicura.

«Bene, allora non ci saranno problemi.»

«Se qualche collega viene al Red e mi vede?» obietto.

«Pensi che nel marasma generale qualcuno possa riconoscerti come la triste e pallida nerd che si veste sempre di grigio? Ogni venerdì sera, io stessa stento a riconoscerti! E poi aspetta...» Apre l'armadio e scorre i vestiti con una mano. «Questo venerdì è la serata anni novanta- duemila, no?» Si gira con qualcosa fra le mani. «Quindi ci vestiamo da bambole Bratz, trucco all'ennesima potenza e tu metterai questo cappellino. Non ti riconoscerà nessuno.»

«E se Andrew capita di nuovo al locale?»

«A fare cosa? A implorare una sconosciuta dopo che lo ha mandato in bianco? Perché lo dovrebbe fare, se la sconosciuta gli ha detto chiaro e tondo, mettendolo anche per iscritto, che non lo vuole più vedere? E poi, se ci sono tutti questi pettegolezzi, di sicuro eviterà di venire.»

«Non lo so, non lo so. Ho uno strano presentimento.»

«Facciamo così: imploriamo Wanda di metterti in cucina, in tal modo te ne starai nascosta al sicuro. Se viene, ci penso io a liquidarlo e a fargli capire meglio che Krystelle per lui è off-limits. Ti prometto che ti aiuterò a non perdere il lavoro. So quanto è importante per te. Ma tanto non viene, tranquilla...» 

Chris&KrysМесто, где живут истории. Откройте их для себя