Capitolo 58

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FEDERICA

Il calore delle lenzuola è a stretto contatto con la mia pelle, mi sento tremendamente bene ma cerco il suo contatto e non lo trovo. Un campanello di allarme suona nella mia testa, spalanco gli occhi, la luce filtra attraverso la finestra. Guardo per qualche secondo il verde che ci circonda, il cielo che fa da sfondo e il sole che ci illumina; ruoto il capo abbassando lo sguardo sulla sua parte di letto, è vuota. Aggrotto la fronte e mi giro osservando il perimetro della stanza, ritrovando poi i suoi vestiti ancora per terra. Non è andato via, sospiro di sollievo. Ma dove si è cacciato?, mi domando. Tuttavia, mi alzo a sedere, mi stiracchio sentendo un po' di tensione tra le gambe e i muscoli della schiena. Non so se sto sbagliando, non so neanche se manterrà effettivamente ciò che dice ma non riesco a stare senza di lui, a vivere in questo vuoto. Mi dona quel qualcosa in più che ho sempre cercato, mi sono sentita sempre bendata davanti ad ogni situazione, incapace di vedere e reagire davvero. Lui mi ha dato ordine, e a volte scompiglio ma di quello che non riesci a farne a meno. Con lui si vive agli estremi, con eccessi, con passioni e desideri che rimangono indelebili sulla pelle.
La porta emette un cigolio, riportandomi così alla realtà. Entra Chris con indosso dei pantaloncini e una felpa lilla; in una mano tiene un vassoio che cerca di non far cascare mentre con l'altra tenta di tenere la porta aperta. Fa tutto in silenzio, non accorgendosi di me. Così mordicchiandomi il labbro per non ridere, mi gusto la scena mentre prova a chiudere la porta con la punta del piede.
«Cazzo!» Esclama quando il vento la fa chiudere con un tonfo.
Scoppio a ridere mettendo una mano sulla bocca, lui si volta di scatto stringendo gli occhi in due fessure.
«Ti diverte prenderti gioco di me, signorina?» Mi domanda retorico con un vassoio pieno di roba fra le mani.
Si avvicina posandolo ai piedi del letto, dopodiché, si avventa su di me.
«No!» Urlo quando infila le mani sotto le lenzuola e inizia a farmi il solletico.
«Ti prego» strillo tra le risate, mi strizza i fianchi facendomi muovere come un anguilla. «Fermati» grido cercando di scacciargli le mani.
«Così impari a ridere di me», gongola lasciandomi piccoli morsi sul collo e sulle braccia. «Ma eri troppo adorabile» cinguetto senza riuscire a smettere di ridere. «
E ora ne paghi le conseguenze» mi fa tenendomi i polsi fermi con una sola mano e con l'altra continua a farmi il solletico. «Ti prego... tregua» boccheggio sfinita. Mi  lascia un morso sulla guancia, mi stampa un forte bacio sulla bocca e si porta con sé il mio labbro inferiore, facendolo diventare probabilmente rosso e gonfio.
«La prossima volta sarò meno clemente e più spietato» mi dice tirandosi indietro.
Faccio una smorfia e la linguaccia mentre Chris prende il vassoio e lo mette tra noi, rivelandomi cos'ha preparato. Ci sono Horaffen, le piccole tracce che mi ha fatto provare al Cake Village, affiancati da mini contenitori di cioccolato al latte e bianco, due muffin al pistacchio e due tazze fumanti.
«Sei andato da Lea?» Domando incuriosita.
Lui annuisce frugando nella tasca, porgendomi il pugno chiuso.
«Apri», mi dice indicando la mia di mano.
Lo faccio senza ribattere, facendomi poi cascare sul palmo tre cioccolatini.
Li guardo: uno è il mio preferito, l'altro è al limone e l'ultimo con le nocciole.
Le mie labbra si curvano spontanee in su, mi mordicchio il labbro e sussurro: «Grazie».
Ricambia il mio sorriso ed è così strano vederlo in questa veste premurosa. Avevo avuto un assaggio di questo suo lato, e mi piace sempre di più. Se fosse così sempre, potrei davvero non stancarmene mai. È già difficile poter associare il termine "noioso" alla sua persona, è impossibile. Il suo vortice di emozioni mi colpisce e mi rende davvero priva di qualsiasi pensiero raziocinante. Tuttavia, mangio i dolci preparati da Lea, rendendomi ancora più felice poiché il mio palato gradisce smisuratamente tutto questo. Provo la bevanda scelta da Chris per entrambi: cioccolata calda con pezzi di cioccolato fondente e cappuccino al ginseng.
«Come fa a non diventare una dipendenza? Potrei sinceramente berne ogni giorno e non stancarmene mai» ammetto leccandomi le labbra sorseggiando la mia cioccolata.
«Tu hai un serio problema col cioccolato» mi fa presente pulendomi l'angolo della bocca con il pollice.
«E tu hai un serio problema con il caramello, mi meraviglio che non hai preso niente» lo punzecchio con la bocca piena.
«Era tutto finito» ammette, «ma io so controllare le mie dipendenze a differenza tua» mi fa poggiando il vassoio per terra.
Alzo le sopracciglia, mi sfila il bicchiere di mano posandolo anch'esso a caso sul pavimento, dopodiché, si avvicina lentamente mormorando: «Forse una dipendenza la ho», mi lascia un bacio sulla spalla nuda e un altro sul collo, «ma non riguarda il cibo» conclude posandomi baci bagnati su tutto il petto.
Il suo sussurro mi accende, schiudo la bocca senza riuscire a trattenere un ansito. «Cosa c'è qui?» Mi domanda scostando appena il lenzuolo.
Si lecca le labbra alla vista del mio corpo nudo, dopodiché, si sfila la felpa e prende a baciarmi con calma, dando inizio ad una tortura.
Sento tutto il mio corpo incendiarsi ad ogni sua carezza, le sue mani mi portano fuori controllo. In poco siamo nudi e sudati, completamente persi l'uno dell'altra. I suoi sospiri pesanti mi sussurrano all'orecchio di essere arrivato quasi al culmine, i suoi occhi sono un misto di eccitazione e desiderio. Passione pura scorre sui nostri corpi, ogni spinta è un gradino in più verso l'apice, bramiamo il desiderio ma anche la pace. Quella pace che si intravede dopo che i corpi sono stati soddisfatti, arriva poi, il tempo per le anime di incrociarsi e cullarsi nel silenzio.
«Dio!», esclama quando conficco le unghie nella sua schiena e mormoro il suo nome quasi arrivata a provare la passione totale, che ormai ci avvolge da diverse ore.
«Non smettere» mi dice quando prendo a sorreggermi dalle sulle spalle.
Poggia la testa nell'incavo del mio collo, mi rivolge veloci baci sulla mandibola lasciando andare qualche sospiro mentre io prendo a graffiare la sua pelle. Con una mano passo le dita fra il suo ammasso ribelle e dorato, sento che sto per raggiungere l'apice del desiderio e lui con me.
«C-chris» lascio andare il suo nome con un espiro mentre le mie gambe si irrigidiscono, e tutto vibra e lui fa lo stesso, andando più veloce.
Lascio andare un altro gemito, forse troppo violento che però mi fa sprofondare negli abissi e ritornare in pochi secondi. Ho il fiatone, Chris continua veloce per arrivare al suo culmine e ci arriva poco dopo di me, cadendo poi pesante sul mio corpo.
Si distende accanto, con un braccio che sorregge la testa e mi guarda abbozzando un sorriso. Sento le guance calde per come mi fa sentire, ho caldo e ho sempre il cuore che batte così veloce da aver paura, che anche lui riesca a sentirlo battere tanto forte. Tuttavia, le mie guance prendono ancora più colore e mi volto per non farmi vedere.
«Davvero?» mi fa.
«Cosa?», domando fissando il soffitto.
«Sei in imbarazzo?» sembra sconvolto ma anche divertito.
Scuoto la testa e inizio a ridere, forse per il nervosismo che mi causa il suo sguardo sempre così intenso. «Dopo quello che abbiamo fatto... sei la prima ragazza che vedo ridere e imbarazzarsi dopo del sesso con me», mi dice e non capisco se sia una cosa negativa o meno.
«C'è sempre una prima volta per tutto», rispondo cercando di captare se questa cosa lo infastidisca.
Mi giro lanciandogli un'occhiata furtiva per capire il suo stato d'animo, sorride anzi quasi sogghigna mostrando quella maledetta fossetta. Tiene la lingua tra i denti e lo sguardo è un mix di sorpresa e passione. Quel velo di mistero nel suo sguardo, mi fa sempre perdere la certezza di ciò che mi circonda.
«Non ho mai conosciuto una come te» mormora.
Sembra perdersi per qualche istante in qualche pensiero. Mi giro verso di lui abbracciandomi la vita, sussurro poi perplessa:
«È una cosa brutta?»
Lui si lecca le labbra sospirando. «No Federica, non è una cosa affatto brutta. Sei un po'... come un dipinto... pensi di saperne abbastanza mentre lo osservi, ma in realtà c'è sempre qualcosa in più che non si riesce a capire.»
Mi sta paragonando davvero ad un dipinto? Le sue frasi riflessive sono sempre qualcosa di sorprendente.
«Anche tu sei difficile da capire», gli faccio presente guardando i suoi occhi espressivi.
«Preferisco se non mi comprendi. Delle volte provare a capirmi può far male ed io non voglio che tu ti faccia male», esordisce e i suoi occhi cambiano umore percependo un velo di vuoto.
«Magari se provassi a dirmi qualcosa, a raccontarmi qualunque cosa...» sto dicendo ma lui con fermezza dichiara: «No».
Ma io continuo, non posso fermarmi adesso. Non mi fermerò adesso.
«Non voglio grandi cose, non voglio che mi racconti di ieri, lo farai solo quando e se ne avrai voglia. Accetto anche solo sapere cosa ti è rimasto della tua infanzia, chi ne ha fatto parte, quello che ti ha reso felice e magari triste, come fosse tua madre», provo a parlare e sull'ultima frase emette un suono stridulo con la voce, infastidito probabilmente dal termine: mamma.
Lui rimane in silenzio a osservare oltre le mie spalle, non emette una sola sillaba ed io, faccio un sospiro alzandomi a sedere per raccogliere il mio telefono da terra.
«La mia mamma amava i libri» sussurra e nella voce percepisco che sta trattenendo un'emozione. «Era un'amante dei romanzi d'avventura e soprattutto dei classici. Inizialmente me li leggeva lei, ma poi ho imparato quasi subito e ho iniziato ad divorare ogni giorno un libro diverso. Era una persona molto introversa, e credo di averne preso da lei. Non ha potuto concludere gli studi perché sono nato io e mio padre dopo averla messa incinta, le ha detto di abortire sparendo l'attimo dopo. Così, non si è laureata e faceva due lavori per riuscire a mantenermi. Mi ha insegnato a disegnare, le piaceva come disegnavo e amava ridere. Rideva tantissimo, aveva una risata contagiosa e poi, era dolce ma anche molto lunatica. Amava anche molto il cioccolato, come te e mi ha insegnato a parlare al contrario» mi racconta continuando a guardare un punto fisso, gli viene difficile parlare di sé e di quello che lo circonda e questo sforzo per me è tanto.
«Parlare al contrario?» Domando abbozzando un sorriso curiosa.
«oirartnoc la eralrap a ocseiR» dice mentre io lo guardo perplessa.
«Cosa vuol dire?» Ridacchio.
«Ho detto che so parlare al contrario» dichiara quasi fiero delle sue parole.
«Che super dote», lo prendo in giro ma il pensiero che fosse un gioco fatto con sua mamma mi scalda il cuore.
Lui mi schiaccia l'occhiolino mettendosi a sedere come me.
«Doveva essere una donna meravigliosa» esclamo pensandoci.
«Lo era, ha rinunciato a tutto per me!» Dichiara serio, «a volte penso che se non ci fossi stato, magari avrebbe avuto una vita diversa e migliore» mi confida e un pugno mi colpisce in pieno petto captando le sue parole come un vero tormento.
Cosa avrà passato la sua anima per dire una cosa del genere? Quel vuoto che gli balena negli occhi mi rendono il cuore sofferente, perché dice così?
«Chris non devi neanche pensarlo, lei ha deciso con la sua testa di mettere al mondo un'altra vita e amarla incondizionatamente. Sono delle scelte che ha dovuto prendere, ma senza di te non avrebbe conosciuto l'essenza di quell'amore che solo tu le hai dato. Ha sacrificato tanto ma eri tu il suo dono, non devi pensare che sarebbe stata felice senza di te, non devi!» Sentenzio sbattendo più volte le palpebre avvertendo gli occhi inumidirsi.
Lui aggrotta la fronte e pensa probabilmente alle mie parole ma poi dice scuotendo la testa: «Le hanno strappato anche me, mio padre mi ha portato via da lei, e in poco tempo mi ha lasciato e ha smesso di combattere per avermi» mormora fissando le nostre mani che si stringono.
«E non lo ha fatto per darmi una vita migliore, perché se dovessi definire la mia vita adesso direi che mi sento in gabbia e tutto quello che mi circonda è asettico, spento e morto» continua con la testa china e l'anima rotta.
Il naso pizzica mentre le sue parole escono flebili dalla bocca, ed io mi sento completamente impotente davanti a quello che prova. Vorrei poterlo aiutare e colmare un po' di questo vuoto che lo riempie.
«Sai perché sei diversa?» Domanda retoricamente.
«Perché?» faccio carezzando le sue nocche appena ammaccate per i pugni sferrati a Michael.
«Perché hai qualcosa che mi ricorda il suo carattere, e il suo modo testardo di non ascoltarmi. Lei era un onda e riusciva sempre a farmi cambiare idea, a farmi cambiare umore e a capirmi senza che parlassi. Mi travolgeva. E tu, tu hai questo spirito dentro di te che mi rende inconsapevole delle mie azioni. Tu mi fai respirare, Fede e avrei tanto voluto che la conoscessi. Sareste andate d'accordo» mormora alzando lo sguardo e incrociando il mio, dove una lacrima mi bagna il viso ma la raccoglie con i polpastrelli.
Mi avvicino a lui, i suoi occhi sono lucidi, mi stringo tra le sue braccia.
«Grazie per avermi parlato di lei», sibilo con la testa nell'incavo del suo collo.
Lui non ribatte ma mi stringe a sé, facendomi sentire subito al sicuro e protetta. Abbraccia anche quello che non vede, mi stringe e mi avvolge con tutto quello che prova e riesco a percepire ogni cosa: dalla sua forte sofferenza a quel vuoto che lo attanaglia da tempo, a un pizzico di brivido per quello che gli causo. Sapere di avere un'influenza su di lui, mi fa sentire bene ma sapere che per lui sono importante mi fa sentire come mai in vita mia; un altro tassello in più da aggiungere, un piccolo pezzo di puzzle che mi causa qualcosa al petto che non avevo mai sentito. Sento fluire il sangue, delle vibrazioni prendono vita dove lui mi carezza, e parti di me sconosciute iniziano a farsi sentire attraverso brividi che mi rendono completamente bisognosa di lui. Siamo circondati da inizi ed emozioni mai provate prima, e forse il nostro legame appartiene a questo. A provare costantemente sentimenti nuovi, a sentire ogni piccola sensazione farsi strada nel nostro cuore, legando così le nostre anime sofferenti. 
È stato difficile provare a ridargli il buon umore, ma dopo qualche ora pare vedere una nota di colore sul suo viso. Riesco adesso un po' a capire quello che sente, ci sarà dell'altro dentro di lui, così tanto da non riuscire a capacitarmi di come possa la sua anima gestire tutto questo ma, già conoscere piccole cose della sua vita mi rende felice; voglio che si fidi di me, che non abbia paura di parlarmi ma soprattutto che abbia voglia di rifugiarsi in me quando la realtà diventa troppo opprimente. Tuttavia, lo squillo del mio telefono emette due trilli ma ho già sentito mia mamma quindi dovrà essere Charlotte, ignara ancora di tutto.
Mi dispiace mentire anche alla mia famiglia sul tempo che trascorro fuori, ma non potrei mai giustificare queste notti passate con lui. Ad ogni modo, afferro il telefono ritrovando effettivamente due messaggi dalla mia amica.

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