FEDERICA
Christian accosta davanti un Centro Commerciale poco distante da quello in cui ero stata con Charlotte; scendiamo incamminandoci verso l'entrata dalle dimensioni tutt'altro che piccole, tuttavia sembra più luminoso e meno chiassoso dell'altro. In un gesto del tutto spontaneo la sua mano sfiora la mia mentre ci dirigiamo verso il posto in cui Christian ha consigliato di andare. Istintivamente mi mordo le labbra avvertendo quella ormai familiare sensazione di vuoto e appagamento che mi pervade. Deglutisco quando si avvicina avendo la pelle a stretto contatto, alzo lo sguardo verso di lui e con gli occhi mi chiede il permesso di potermi prendere per mano. Allungo la mano verso la sua e le nostre dita si intrecciano. Una scarica di adrenalina accompagnata da un sospiro di sollievo scorre lungo le mie vene, mentre tento di non sorridere come una ebete e arrossire come un peperone. È strano essere coinvolta nella sua vita, poche ore prima non mi sarei mai aspettata questo e non mi sarei mai aspettata di vederlo arrivare dal nulla a casa di Charlotte.
Il pensiero che qualcuno ci abbia visto litigare e andare via insieme, mi crea ansia e adrenalina allo stesso tempo, inoltre Carlo quando mi sono introdotta nella macchina di Christian l'ho intravisto poggiato alla porta d'ingresso. Cosa penserà di me? Di noi?
Non voglio rovinarmi l'umore ma non posso fare altro che pensare che al di fuori della nostra bolla il mondo è diverso e nessuno conosce quello che è successo, se lo sapessero le persone della nostra vita cosa penserebbero? Se il mondo fuori da noi fosse ancora più difficile di quello che penso? E se nessuno approvasse quello che provo per lui? Charlotte capirebbe? E se...
«Cos'hai?» mi chiede carezzando con il pollice il palmo della mia mano.
Sibilo un: «Nulla» continuando a osservare il posto in cui ci troviamo. È molto più calmo, più piccolo dell'altro e nessuno sembra cercare di volermi forare i timpani con musica o urla.
Arriviamo di fronte una caffetteria dal nome:"il pugno sinistro" scritto in grassetto e con una grafia elegante; Christian mi indica un tavolino e mi chiede cosa preferisco.
«Cappuccino con doppia zolletta e un croissant al cioccolato» rispondo timidamente.
Annuisce avvicinandosi ad una donna sulla trentina intenta a lavare alcune tazzine. Il suo sorriso diventa più ampio vedendo Christian e non posso non ammettere che una sensazione di fastidio mi ha colpita, non appena la donna ha stretto affettuosamente il suo braccio. Anche Christian abbozza un sorriso e le indica qualcosa al banco dove sono situati tutti i dolci.
Mentre sceglie, la donna continua a fissarlo e questo mi infastidisce a tal punto da volermi alzare e raggiungerlo, con un gesto della mano — dopo aver preso l'ordine e pagato — la saluta incamminandosi verso di me.
Quando poggia il vassoio, in un piatto ci sono tre omelette, un muffin e un bicchiere contenente un liquido giallino.
«È tutta tua?» indico la roba mentre lui si siede davanti a me.
«Ti avevo detto di avere molta fame» esordisce addentando il suo muffin.
Mescolo il cappuccino lentamente osservando i suoi gesti mentre divora la colazione. È adorabile, penso.
«Cos'è quello?» domando curiosa.
Smette di mangiare e con aria sofferente e sbigottita mi fissa.
«Non sai davvero cos'è?» strabuzza gli occhi, poi si colpisce il petto con finta sofferenza strappandomi una risata.
«Caffelatte al caramello» dice come se fosse ovvio.
Ne beve un sorso deglutendo con eccessiva goduria, dopodiché, mi porge il bicchiere di carta ma rifiuto allontanandogli la mano.
«Non mi piace il caramello, è troppo dolce!» dichiaro arricciando il naso.
«Ma hai messo due zollette di zucchero nel cappuccino, la differenza non è molta!» afferma come incredulo dalle mie parole.
«È irrilevante» rispondo addentando il mio croissant con finta sicurezza.
«Non lo è affatto... adesso diventa una questione personale! Provalo e se risulta troppo dolce, rimango in silenzio, sennò avrò ragione»
«Perché devi sempre avere ragione? E prendere tutto come una sfida?»
«La vita è una sfida piccola, adesso bevi un sorso» mi obbliga ma mi soffermo al nuovo nomignolo detto con troppa naturalezza.
Piccola, suona fin troppo bene sulle sue labbra carnose, scivola sulla lingua, lo pronuncia in tono calmo ma allo stesso tempo risulta tremendamente eccitante attraverso la voce profonda e appena roca.
«Su...» mi incita.
So che non l'avrò vinta, quindi afferro il bicchiere caldo e fumante in mano, fisso il contenuto e l'odore non risulta cattivo, anzi, il caramello si mischia all'aroma del caffè e all'essenza del latte risultando una miscela stranamente piacevole.
La sua speranza mi scioglie del tutto, il Christian di un mese non riesco ad intravederlo ed infatti mi piace il ragazzo che ho davanti, diverso soprattutto quando siamo soli, la mia paura si scatena pensando a come sarà quando ci saranno gli altri ad essere attorno a noi.
Inalo ancora mentre le mie labbra si bagnano, il contenuto arriva alla lingua. Lo gusto, leccando le labbra, assaporo.
Non è male. Il dolce del caramello è mischiato dagli altri sapori risultando piacevole, mando giù un piccolo sorso assaporando meglio il contenuto ed effettivamente la miscela è davvero buona.
«Allora?» piega la testa di lato sogghignando quando inclino il bicchiere per bere un secondo sorso.
Sta per fare una delle sue solite battute o pronunciare la fatidica frase "te l'avevo detto" ma qualcosa lo incupisce rendendolo privo di espressione; sembra quasi vedere gli occhi di questa mattina spenti e furiosi. Volgo il capo verso la direzione che punta, il suo pomo d'adamo va su e giù e il respiro diventa improvvisamente irregolare.
«Dobbiamo andare» bofonchia senza guardarmi.
«Ma...» provo a dire quando si alza voltandomi le spalle.
Corrugo la fronte ed oltre ad un gruppo di ragazzi — che non conosco — venire verso di noi, il centro commerciale sembra privo di minacce.
Per un istante mi balena il nome di Michael ma non sapeva fossi andata via con Chris o un improvviso pensiero lo ha costretto ad un ripensamento.
«De Luca» una voce profonda e gracchiate per via del troppo fumo chiama Christian che stenta a trattenere il nervosismo.
Alzo lo sguardo sul tizio che si faceva strada verso di noi, i suoi vestiti e i suoi tatuaggi neri e cupi mi impediscono di dargli un giusto giudizio.
«Mattia» sibila a denti stretti Christian dondolandosi nervosamente sui talloni.
Dietro gli si forma una piccola squadra di ragazzi simili a lui che sorridono amaramente e con sguardo di sufficienza.
«Come va amico? Ho saputo della tua festa di ieri troppo tardi» dice sistemandosi una chioma castana troppo scompigliata per rimanere impeccabile ai suoi gesti troppo violenti.
«Non sarà mica l'ultima» tuona il ragazzo che pochi istanti fa aveva un sorriso dolce sul viso.
«Certamente, quello schifo sta per ricominciare... ci saranno sicuramente altre serata per divertirci come si deve» sogghigna ammiccando all'amico.
Quindi sarà nella scuola di Christian? Che per giunta è anche la mia? Cristo.
«E lei?» mi indica con un gesto della testa mentre gli altri non mi staccano gli occhi di dosso.
«È un'amica» risponde in tono subitaneo, la sua voce è priva di vita, quasi distaccata e distante.
«Non credevo che le amiche ci fossero anche durante la giornata» gli da una piccola spallata ridendo con troppa enfasi.
Inalo e provo a nascondere il mio evidente disgusto mentre Christian abbozza un sorriso e non risponde alla sprezzante battuta.
«Ci vediamo in giro? Oppure c'è una festa prima? Così non me la perderò, soprattutto se ci saranno questo tipo di amiche» ridacchia indicandomi.
Le sue parole mi provocano un conato di vomito, vorrei alzarmi e spaccargli la faccia ma dall'espressione di Christian deduco che anche lui un po' lo teme, infatti sospira lanciandomi una veloce occhiata ma non ribatte. Davvero ha paura di lui?
«Ti farò sapere... ancora niente in programma» sibila in fine.
«Bene, ci si vede!» borbotta.
Gli rivolge una pacca sulle spalle sparendo con la sua combriccola l'attimo dopo, non prima però di avermi squadrata da capo a piedi e aver strizzato l'occhio.
Frequenta gente così? Mi sento disgustata e violata da gente così sprezzante.
«Accompagnami a casa» dico alzandomi in piedi.
«Aspetta, non abbiamo concluso la colazione» mormora senza incrociare il mio sguardo.
«Mi è passata la fame, voglio andare a casa»
Lo oltrepasso quando prova ad afferrarmi il braccio.
«Non voglio urlare in mezzo alla gente, possiamo andare?» fisso un punto impreciso provando a trattenere le mie imminenti lacrime.
«Okay» sbotta.
A passi pesanti e in completo silenzio ci dirigiamo fino alla macchina.
Mi siedo incrociando le braccia al petto impaziente che faccia retromarcia e mi riporti al sicuro.
«Quello è un coglione, il problema è che Mattia dice sempre cose senza senso» cerca di giustificarsi, spezzando il silenzio che aleggia tra di noi.
«Il problema non è il tuo amico» bofonchio.
«Non è un mio amico» puntualizza ma non lo ascolto, non capisco cosa voglia significare questo giochetto tra noi e il non ribattere quando lanciava quelle battute squallide mi ha infastidita. Paragonarmi ad una di quelle sue amiche che si scopa, facendomi passare da trofeo, no.
«Il problema sei tu Christian. Quando si è preso gioco di me, ridendo di me, facendomi passare per chissà chi... non hai proferito parola! Sembrava avessi paura di lui»
«Non ho paura di nessuno, vorrei evitare di creare casini per nulla»
«Nulla? Io sarei nulla?» sbotto.
«Non ho detto questo» sbotta a sua volta.
«Si invece, "è un'amica" e quando ha iniziato a sparlare non hai parlato mi pare» strillo.
«Infatti siamo amici»
Mi giro verso di lui, mi sento come una tempesta, vorrei strillare così forte ma non ne ho le forze.
«Siamo amici davvero? Che amici saremmo? Ti ricordo che ieri hai detto il contrario»
«Non lo so... Federica cazzo, perché devi etichettare tutto? E dare una spiegazione a tutto ma soprattutto cosa ti importa cosa pensano gli altri?»
«Non c'entrano le etichette o cosa pensino le persone, c'entra cosa pensi tu, voglio dare una spiegazione alle cose per evitare di sentirmi in imbarazzo, di sentirmi sminuita da te. Non credevo fossimo un "noi" o qualcosa del genere ma...»
«Un cosa?» scoppia in una risata amara.
«Non sono il tipo da fidanzate, fiori, amori e felicità Federica, avresti dovuto capirlo da tempo... probabilmente devi ancora crescere. Basta vivere nelle favole, basta seguire alla lettera i romanzi d'amore, sono finzione.»
Sento il naso pizzicare e gli occhi sono gremiti di lacrime, non riesco a vedere lucidamente, l'unica cosa che vorrei adesso è essere da tutt'altra parte, preferirei qualsiasi persona ma non lui mentre mi sminuisce senza farsi scrupoli.
Sospira. «Mi dispiace che quello abbia detto quelle cose, mi dispiace non aver reagito come dovevo, ma conosco Mattia e so che è un coglione in cerca di fare qualche rissa per le cose più inutili»
Mi soffermo cercando di trovare un briciolo di fiato per replicare.
«Bene! Voglio. Tornare. A. Casa. Mia. Ora» scandisco le parole mettendo tutto il mio dolore su ogni sillaba, tuttavia fisso davanti a me non riuscendo a trovare altro da dire o ribattere, voglio andare via da qui. Pensavo non potesse durare questa pace apparente ma distruggere tutto, in questo modo, mi fa sentire una stupida, illusa.
Ingrana la marca stringendo con forza il volante provocando delle spaccature alle ferite sulle nocche. Mi pulisco il volto velocemente guardando fuori dal finestrino per non fargli notare le mie lacrime.
"La quiete prima della tempesta?"
Con Christian una quiete non esiste, accerchia la sua vita da calme apparenti come in una giornata buia e freddolosa con il cielo ingombro di nuvole; speri che non piova, speri che almeno oggi il cielo rimanga così ma la tempesta è imminente, porta tutto con se. Tutto. Strappa dalla radice ogni forma di vita e bellezza, ogni forma di anima e lascia con se solo il buio e i demoni che lo attendono mentre governano i suoi sentimenti.
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La Forma del Destino
Romance*Completa* Un carattere introverso, una realtà che non le appartiene e un nuovo inizio. Federica ha vissuto diciassette anni in un posto che le ricordava il passato, condizionava il suo presente ma la scelta di trasferirsi potrebbe dare inizio ad un...