Capitolo 23: Sono troppo debole e lei è troppo forte.

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Nella mente di Aideen

«Per favore, ti prego, non voglio...» scuoto la testa, le lacrime che mi bagnano le guance.

Continuo a cercare di liberarmi dalla sua presa, ma invano. È troppo forte, e non importa quanto io scalci o urli o pianga, so per certo che non mi lascerà mai andare.

«Farò la brava, okay? Non piangerò più, non dirò più niente...» sussurro, la voce spezzata dai singhiozzi.
«È troppo tardi» risponde.

La sua voce è dura, e piango ancora più forte. Sono troppo debole e lei è troppo forte.

«Io ti avevo detto di smettere. Ti avevo avvertito, e tu che cosa hai fatto? Sei crollata e hai fatto un casino, e proprio adesso!» esclama, stringendomi più forte.
«Non lo faccio più... Non l'ho fatto apposta...»

Scuoto la testa, e stringo forte gli occhi come se potesse sistemarsi tutto solo da quel gesto. Quando si arrabbia è brutto. È bruttissimo. Di solito riesco a farla calmare. Questa volta invece no.

«Stai mentendo, e lo sai benissimo. Credi che mi piaccia fare questo? Credi che io abbia scelta?» la risata amara che le esce dalla bocca mi fa ancora più paura.

Continuo a pronunciare parole deformate dal pianto mentre lei mi fa avvicinare ad una stanza. La riconosco e torno a gridare. Ci sono già stata.

«Non ti succederà niente» dice, come se volesse rassicurarmi.
«Non voglio essere rinchiusa! Non di nuovo, non di nuovo!» urlo e cerco di scappare, ma senza riuscirci.
«È troppo tardi!»

Stringo gli occhi mentre lei si ferma e mi mette giù. Non posso scappare.

«Entra dentro» ordina.
«No» piagnucolo.
«Ti ho detto di entrare, cazzo!»

Mi spinge, e mi ritrovo dentro alla stanza. La porta si richiude dietro di me. Mi rialzo e sbatto le mani su di essa per farla aprire. Ma non si apre.

«Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego.»
«Stai rendendo tutto più difficile... ma non lo capisci che lo faccio per il nostro bene?» la sua voce arrabbiata torna a farsi sentire, «Se non faccio qualcosa moriremo dal dolore, ecco cosa succederà. Vuoi davvero che succeda? Vuoi che moriamo?»

Scuoto la testa freneticamente, mentre la osservo attraverso la porta, che è trasparente come tutta la stanza. È una gabbia. Sono rinchiusa e non posso uscire. Sono rinchiusa e non posso uscire.

«Allora stai zitta» borbotta.
«Non è questa la soluzione... Lo sai...» continuo a mormorare, «Royal potrebbe...»
«Royal non c'è adesso!» ricomincia ad urlare, e io ho paura, «E non sarà qui sempre, lo capisci? Che cosa credi che potrebbe fare, eh?»

Gesticola con le mani, e si tocca i capelli neri.

«Per favore, non fare come l'ultima volta, non lo fare... Non di nuovo...» la supplico, appoggiando le mani contro il vetro invisibile della porta.
«Stai zitta.»
«Ti prego» singhiozzo di nuovo.
«Stai zitta!»

Cerco di asciugarmi le lacrime, ma quando rialzo la testa, capisco che mi lascerà qui. Non c'è via di fuga, non posso nemmeno provarci.

Lei mi guarda, poi scuote la testa e fa muovere i suoi capelli scuri. La supplico un'altra volta, ma non mi ascolta, e il suo viso... È uguale al mio, ma allo stesso tempo così diverso... È così arrabbiata che i suoi lineamenti... i miei lineamenti, sembrano diversi... I suoi occhi rossi sono l'ultima cosa che vedo prima di perdere i sensi.

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