L'estate dei miei diciassette anni

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La Jeep Cherokee verde bottiglia con rifiniture esterne e interne legno, sfrecciava sulla autostrada 101 North da circa 280 kilometri e ne rimanevano ancora di viaggio almeno altri 180, passati nell'assoluto silenzio, con la voce dello speaker radiofonico che mandava in onda per l'ennesima volta in quelle due ore la canzone Barbie Girl degli Aqua, melodia odiosa e voce stridula che le faceva sanguinare le orecchie.

Amiee avrebbe di gran lunga preferito ascoltare la voce mielosa della sua migliore amica Niv Guzman seduta di fianco a lei, se l'imbarazzo della sera precedente non avesse preso domicilio fra i due sedili come un ragazzino capriccioso.

Le iridi castane incontrarono la bionda messicana che le sedeva accanto, perscrutando il volto in cerca di qualche indizio che le facesse capire se si poteva comportare come aveva fatto in quegli ultimi cinque anni di conoscenza, quando ragazzine di appena quattordici anni si erano conosciute il primo giorno di scuola superiore.

Amiee Sorah Sullivan, coreana da parte di madre e di ultra razza bianca da parte di padre.

Nives Maria Guzman, messicana da parte di padre e di ultra razza bianca da parte di madre.

Fra le due c'era una notevole differenza: la prima aveva i tratti asiatici marcati, mentre la seconda era una piccola modella bionda con gli occhi azzurri.

L'amicizia fra le due giovani nacque in maniera naturale, come se fosse la cosa più semplice del mondo, ritrovandosi in poco tempo inseparabili a causa anche di quel mix di culture che inondava la loro vita, come quel giorno, il 31 Agosto del 1997, quando Amiee aveva chiamato in lacrime quella mattina la sua migliore amica, la sua roccia nei momenti di sconforto nonostante il fatto della sera precedente che l'aveva sconvolta, perché fu automatico ritrovarsi con la cornetta in mano, ripetendo solo il nome della bionda fra le lacrime.

Niv si era presentata sotto il suo dormitorio in tempo zero, con evidenti cerchi neri che contornavano i suoi occhi cerulei mettendoli quasi in risalto, pronta ad accogliere fra le braccia il corpicino della mora, stringendola a sé come faceva da molti anni, soprattutto dopo che i bulli di turno le riservavano parole colme di offese perché troppo asiatica per essere un'americana e troppo americana per essere un'asiatica, facendola fluttuare in quel limbo di disgusto dei suoi coetanei e non. Quante volte l'aveva stretta come in quel momento, cancellando con la punta delle dita quelle ferite che lasciavano le sue lacrime sulla pelle candida delle guance.

Fra loro non importava parlare a volte perché bastava anche solo un'occhiata per capirsi e Niv comprese che l'episodio della sera prima, quelle parole urlate con rabbia e rassegnazione, forse le avrebbe potute mettere da parte almeno per quel giorno nefasto.

Amiee aveva raccontato, con la testa ancora incastrata nell'incavo del collo della bionda, la telefonata di quella mattina da parte della madre in lacrime, dove veniva informata della morte del nonno, cioè dell'unica persona che Amiee amava più di se stessa.

Così si era ritrovata a chiedere alla sua amica delle superiori di poterla accompagnare in quel lungo viaggio, da San Francisco a Blue Lake City, per dare l'ultimo saluto al suo amato nonno.

Eccole li, che viaggiavano sulla Us 101 North, direzione Blue Lake.

"Non mi ricordavo che tuo nonno stesse male" si intromise nei pensieri dalla mora la voce dolce e annoiata dell'amica.

"Aveva gli acciacchi che poteva avere un uomo anziano. Ha detto mamma Haneul che ha avuto un infarto nel sonno. Fortunatamente non si è accorto di niente" sbuffò rincuorata almeno da questo fatto. Il suo amato nonno se ne era andato serenamente durante la notte.

"Da quanto non torni a Blue Lake?" Niv si sistemò sul sedile, recuperando una bottiglietta d'acqua dal borsone fra i suoi piedi.

"Da qualche mese. Sono andata a trovarlo prima di tornare a Standford. Pensare che i miei avevano deciso di tornare a stare a Blue Lake per stargli più vicino"

L'estate dei miei diciassette anniWhere stories live. Discover now