New Boy In Town

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Giugno

Due giorni.

Due fottuti giorni erano passati dalla rissa successa a Korbel. Due giorni dove la mia attività principale fu osservare il soffitto della mia camera e chiudermi in me stesso, rispondendo a monosillabi alle domande dei miei genitori.

Due fottuti giorni passarono prima che mio padre ricevesse la telefonata del signor Park e dove il mio nome urlato fece tremare i muri della casa costringendomi ad abbandonare il mio giaciglio per dirigermi in cucina trascinando i piedi e buttandomi senza forza vitale sulla sedia con gli occhi vuoti che osservavano il volto iracondo di uno e quello preoccupato dell'altro, mentre entrambi mi facevano la loro prima ramanzina, dove si domandavano che cosa avessero sbagliato con me e sul perché avessi fatto a botte, io figlio integerrimo, senza macchia sul suo curriculum, sempre obbediente e sempre educato. Io annuivo e chiedevo scusa promettendo che quella sarebbe stata l'unica e sola volta in cui li avrei fatti sfigurare davanti ai loro amici, davanti a tutta la comunità.

E io ci stavo male.

Stavo male vedendo la delusione sul volto dei miei genitori, vedendo i loro sguardi carichi di sofferenza, perché mi ero comportato come un figlio non si dovrebbe comportare, macchiando il nostro cognome e la nostra famiglia, noi che ancora ci sentivamo come messi alla prova in quella congrega già unita.

Ma il vero motivo che mi faceva contorcere le budella e svegliare nel cuore della notte, era il ricordo dei dettagli del volto di Taehyung di quella sera che si ripetevano senza nessuna interruzione nella mia testa e io non volevo quello, non volevo svegliarmi con il suo volto che era comparso nel dormiveglia, non volevo sentir meno il fiato durante la notte, con il cuore che correva per salvarsi dall'immagine del neo sul suo naso e non volevo assolutamente che si materializzassero le sue labbra che sorridevano come era solito fare a Seojoon quando meno me lo aspettavo durante il giorno, facendomi scoppiare la testa e digrignare i denti.

Mi detestavo perché non capivo. Il ragazzo che ero stato in quei giorni non ero io, assolutamente, e mi faceva paura quello che sarebbe potuto succedere vivendo nell'incertezza di quei giorni.

Dopo la discussione con i miei genitori chiesi loro se potevo andare dai vicini e, usare la carta della figlia del reverendo, fu un arma infallibile.

Mi ritrovai a bussare alla porta della famiglia Choi che si aprì mostrando la mamma di Sorah che mi sorrideva gentilmente invitandomi a entrare.

"Vieni caro. Stai cercando Sorah?"

"Si signora Choi. È per caso in casa?"

"Te la chiamo subito" la mamma di Sorah salì le scale e scompari al piano superiore e io mi misi a curiosare in giro. Entrai nella sala e dietro al divano un enorme parete era arricchita da vari quadri dove al centro c'era un arazzo cucito a mano e una frase campeggiava solenne sulle foto da cui era circondato.

"Per questo l'uomo abbandona suo padre e sua madre e si attacca alla donna e i due diventano una sola carne."

Abbandonare il padre e la madre.

Prendere una donna e farci una famiglia.

Attorno a quell'arazzo attaccati al muro, circondavano quella frase una quantità di foto della famiglia di Sorah. Istantanee di lei con i suoi genitori, delle loro famiglie di origine. Immagini su immagini dove mostrano felici la loro appartenenza e quelle foto sorridenti in bianco e nero erano un estensione di quella frase.

Abbandona il padre e la madre e unisciti alla donna. Ma cosa poteva succedere se invece di unirti alla donna preferirti unirti all'uomo? Cosa poteva succedere, per esempio, a Jimin? E quel Dio a cui non credevo, mi avrebbe punito perché erano due cazzo di giorni che nella mia mente compariva il volto del ragazzo della Buick?

L'estate dei miei diciassette anniWhere stories live. Discover now