3- 'The first fall of snow.'

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La mattina seguente il sole mi svegliò dolcemente, quei raggi di sole insoliti di febbraio irradiavano il mio corpo semi nudo da testa a piedi; uno sbadiglio uscì dalla mia bocca mentre stiracchiavo i miei arti: era così rilassante. Ma quel piccolo momento di relax durò relativamente poco: la prima cosa che notai fu che Eric non era accanto a me. Mi alzai in fretta e mi rivestii: stavo realizzando, in un piccolo momento di lucidità, di aver praticamente mollato la mia festa di compleanno; a conferma di ciò trovai molti messaggi da Isabelle, Lucy e Jason in cui chiedevano dove fossi finito, fino all'ultimo messaggio in cui avvisavano che se ne erano andati. Risposi loro che avevo avuto un po' da fare, con un'emoji del fuoco; speravo capissero. Inoltre mi balzò per la testa la mia preoccupazione principale: il video girato la sera prima, il mio obiettivo era quello di cancellarlo senza farglielo sapere. E stavo anche per farlo, ma mi sentii profondamente in colpa: avrei dovuto chiederlo a lui, alla fine ci teneva particolarmente e comunque era il suo cellulare.
Scesi al piano di sotto e passando davanti al bagno mi accorsi che Eric era sotto la doccia, aprii un po' la porta per sbirciare, non so perché lo feci; forse ero ancora un po' su di giri.
'Puoi entrare, non c'è bisogno che te lo dica. Anzi, spogliati, prendi un bicchiere di champagne ed entra in vasca con me'
Non me lo feci ripetere due volte e seguii le sue indicazioni; il sole trovava un po' di spazio nella stanza dalla finestra trasparente, coperta solamente da una tenda.
'Allora, ti è piaciuta la festa?' Chiese con gli occhi pieni di vita.
Come potevo dirgli che era l'esatto opposto di ciò che gli avevo chiesto? Non ne avrei avuto il coraggio; preferii mentire.
'È stata fantastica, è stata molto meglio di come l'avrei organizzata io. Grazie di tutto, ti amo tanto' Dissi, baciandolo.
'Ma ti devo chiedere una cosa' Mi allontanai, sorseggiando un po' di champagne.
'Dimmi'
Feci un grande sospiro e gli chiesi di cancellare il video girato la sera precedente.
'Perché? È un nostro momento così intimo, a me farebbe piacere tenerlo'
'Perché non mi fa sentire a mio agio' Provai a dire, in realtà non glielo dissi in maniera così scorrevole: balbettai in maniera anche abbastanza ridicola.
'Non ti fidi di me?'
Il mio cuore batteva all'impazzata: non volevo che pensasse una cosa del genere.
'Certo che mi fido! Sei letteralmente l'epicentro della mia vita, farei di tutto per te!'
'E allora non ne vedo il motivo' Continuò, per poi posare lo champagne e posizionarsi sopra di me, facendo scivolare la sua mano destra nei miei capelli ricci. Non mi piaceva quando qualcuno mi toccava i capelli, ma quando lo faceva lui era magico, mi faceva volare al di sopra delle nuvole. Mi baciò, ed io ricambiai.
Nonostante tutto l'amore che provavo per lui, mi sentii un po' messo da parte, o meglio non mi sentii ascoltato, ed in quel periodo stava iniziando ad accadere un po' troppe volte. Ma cosa avrei potuto fare? Il mio desiderio era quello di non contraddirlo mai: la sua felicità era la mia felicità, e come gli dissi, lui era il mio epicentro. Era l'aria che respiravo, era sempre con me in qualsiasi momento, anche quando fisicamente non c'era. Ma effettivamente, lui cosa provava? Provava lo stesso? Questo non lo saprò mai, ma a sedici anni appena compiuti avevo la risposta in una mano: lui provava più amore verso di me più che di ogni altra cosa e forse anche più di quanto potessi amarlo io. E se invece fosse stata solo 'possessione'?
In quel pomeriggio soleggiato scartai i regali: i gemelli mi regalarono un po' di abbigliamento sportivo per la palestra, un leggings con un pantaloncino ed altre cose, a riprova del fatto che nascondevo molto bene il fatto di andare in palestra solo per accontentare Eric; Isabelle invece mi regalò un weekend  in Florida durante il periodo estivo e sulla lettera allegata lessi che l'aveva prenotato anche per lei: saremmo andati insieme.
'Tesoro, posso?' Chiesi ad Eric, facendogli vendere il biglietto.
'Mh, posso venire anche io?'
'In realtà Isabelle l'ha prenotato per me e lei...' Risposi abbassando lo sguardo.
'Ma si dai, non fa nulla.'
'Grazie!' Ero talmente felice da saltargli addosso.
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'Cioè! NON PUOI CAPIRE!' Esclamò ad alta voce Isabelle, senza neanche darmi il tempo di rendermi conto che mi trovassi a scuola in un giorno di neve e che stavo per chiudere l'armadietto.
'No ti prego tesoro, non urlarmi contro, mi sono svegliato solo mezz'ora fa e mi sto ancora chiedendo com'è possibile che ci sia la neve: ieri era così soleggiato. Comunque, cos'è successo?'
'Alla tua festa ho conosciuto Gonzalo Martín, e mi ha appena scritto su instagram! È bellissimo, guarda le sue foto'
'So chi è Gonzalo Martín: è praticamente il migliore amico di Eric e capisco il tuo entusiasmo'
Vogliamo parlarne? Gonzalo Martín era praticamente ambitissimo dalle cheerleader, e come si faceva a darle torto? Praticamente un metro e ottantacinque di ragazzo, carnagione leggermente più scura, un corpo che Dio sorreggimi.
Ma, chiusa questa piccola parentesi ilarica e a tratti surreale, procediamo con il racconto.
Riferii ad Isabelle di aver aperto il suo regalo, che ero molto entusiasta di andare in Florida con lei e che alla fine Eric aveva acconsentito.
'Perché gliel'hai chiesto? Voglio dire: puoi decidere tu cosa puoi o non puoi fare. L'amore è lasciare libero il proprio partner, l'amore è dare fiducia'
'Ma lui non me l'ha negato: non mi vieta mai di fare qualcosa'
'E ci mancherebbe pure! Il problema è di fondo: non credo ci fosse proprio la necessità di chiedergli il permesso... non è tuo padre! Non può mica tenerti incatenato, anche perché alcuni suoi comportamenti sono un po' strani; me ne sono accorta da un po', ma non te lo volevo dire' Ad oggi mi chiedo ancora da quanto tempo Isabelle volesse dirmi quelle cose: sembrava se le tenesse dentro da molto.
'Non sono suo padre è vero, ma penso che sia necessario che io lo sapessi.' Rispose all'improvviso Eric, che era appena arrivato e aveva sentito tutto. Io ed Isabelle fummo colti di sorpresa: ci fissammo negli occhi e diventammo bianchi in volto, come se avessimo visto un fantasma.
'No ma continuate pure, io vado che c'è lezione.' Ci fulminò con lo sguardo per poi andarsene; rimasi immobile.
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'Eric aspetta!' Esclamai raggiungendolo dopo essermi ripreso; lui era già entrato nell'aula grande e grigia di matematica.
'Ma cosa pensa la tua amica?! Cosa gli hai detto!?'
'Eric calmati ti prego! Non le ho detto nulla, non ho niente da dire!'
'E allora qual è il motivo per cui lei parla così?! Non ti ho mai vietato nulla, metto sempre passione nelle cose che facciamo! Ti manca qualcosa? Sei insoddisfatto di me?!' Tuonò Eric, con voce molto alta, richiamando l'attenzione dei pochi presenti; mi avvicinai a lui e mi sedetti sulle sue gambe.
'Allontanati: vai al tuo posto, sono nervoso.'
Lo fissai, con gli occhi spalancati; e come un cane bastonato mi alzai, percorsi quel piccolo tratto che divideva il suo banco dal mio e mi sedetti al mio posto, e, nel frattempo che qualche lacrima iniziò a rigare il mio volto, posizionai la mia testa sul banco. Pensai: 'basta così poco per infastidirlo?'
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Aspettai tutta la giornata un suo cenno; camminavamo insieme per i corridoi tra una classe e l'altra, ma il freddo di quel giorno era niente in confronto a quello che si respirava tra di noi. Oltre al tempo, tutto mi sembrava più grigio: le aule, gli armadietti non erano più rossi, i quaderni e le penne cambiarono colore, la luce nei suoi occhi non mi sembrava più così splendente.
Tutto ciò era estremamente soffocante; io mi sentivo soffocare. Ma per quanto mi sentissi in quel modo, non potevo far altro che pensare al suo di umore: si era sentito criticato, ferito, giudicato ed io non potevo far a meno di sentirmi in colpa. E c'è da dire che nel mentre parlavo con Isabelle io cercavo di difenderlo; ma evidentemente ai suoi occhi non era stato abbastanza: avrei potuto fare di più e non lo avevo fatto.
Durante l'ultima lezione, quella di Spagnolo, gli lanciai un bigliettino, bagnato di lacrime, con su scritto:' Mi dispiace per oggi, ti amo tanto, ti prego perdonami.'
Non ottenni una risposta.
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Abbandonai la lezione: andai in cortile, anche se c'era un freddo gelido. Sentivo il mio piccolo mondo cadere man mano a pezzi. Vedevo la neve attecchire a terra, con i miei occhi sempre più spenti e vuoti.
'Blake!'
Altro spoiler: non era Eric, era Jason.
'Entra dentro, fa freddo qui!'
Ma cosa non era freddo in quella giornata? Sarei potuto diventare un iceberg e non me ne sarei accorto.
Decisi di non ascoltare il suo consiglio e gli feci segno di star bene: forse avevo bisogno di un po' di tempo da solo.
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Quella sera volevo andare a dormire presto: avevo una forte emicrania e non avrei voluto altro che quella giornata finisse; si erano fatte le dieci, misi il pigiama e andai a coricarmi. Qualcuno bussò alla porta, ma non avevo molta voglia di andare a rispondere; ci pensò la nostra domestica.
Quando poi nel buio vidi una figura sul ciglio della porta di camera mia; mi sedetti sul letto di soprassalto ed iniziai a lacrimare: era Eric, con un mazzo di rose tutte colorate. Gli saltai subito addosso, stringendo le mie mani attorno al suo collo rischiando di stropicciare tutte le rose.
'Ti prego Eric, non farmi spaventare mai più così. Ti prego' Dissi singhiozzando, riempiendolo di baci ovunque. Il nostro calore avvolse tutta la stanza quella sera; i colori delle rose si espansero per tutti gli angoli della camera e tutto d'un tratto smise di nevicare, così, come per magia; le pareti si colorarono di nuovo del loro solito colore tiffany: la mia tristezza man mano stava svanendo.
'Ti amo tanto, non oso immaginare la mia vita senza di te. Ma domani dobbiamo parlare un po' di Isabelle' Mi sussurrò all'orecchio.
'Hai ragione, ti prometto che non accad...'
Non feci in tempo di finire la frase che le sue labbra erano sulle mie.
'Stasera dormo accanto a te.'

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