9- Le sue parole bastavano per farmi capire che saremmo dovuti restare insieme.

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Avevo visto una nuova sfaccettatura di Eric; anche se qualche indizio qualche periodo prima l'avevo già avuto.
La lite non ebbe provvedimenti disciplinari molto gravi: in una scuola privata anche la preside aveva le sue amicizie da mantenere; e quella con la mia famiglia e quella di Eric era una di quelle da tenersi strette. In realtà non capivo perché: lo capii anni dopo; le nostre famiglie non erano così 'pulite' come dimostravano.
Ma il punto non è questo: quella sera, non parlai proprio con Eric, avevo timore che avrebbe potuto ripercuotere la sua rabbia anche su di me. Non l'avevo mai visto fare una cosa del genere; e lui non sembrava nemmeno pentito.
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Io e Jason entrammo nella squadra di basket, il tempismo non fu perfetto: le voci sulla sera del compleanno di Eric iniziarono di nuovo a circolare; l'aria era tesa,  presero piede prepotentemente anche all'interno della squadra.
Avevamo finito l'allenamento e mi trovavo nello spogliatoio; Eric invece era rimasto fuori a cercare di risolvere la situazione con il coach, che comunque visto che la preside non prese gravi provvedimenti disciplinari, non lo fece nemmeno lui.
Comunque: c'erano dei ragazzi, in particolare quelli dell'ultimo anno, che iniziavano a parlare tra loro, spostando i loro occhi verso di me, e poi verso Gonzalo Martín. Man mano si avvicinavano; cercavo di distogliere lo sguardo, di non farmi notare, volevo scomparire in quel momento.
'Abbiamo una domanda: come funziona? Chi lo prendeva? E poi cosa si prova a tradire la propria amica?'
'Se facessimo così...' Mi sussurrarono quei due ragazzi, per poi iniziarmi a toccare tutto il corpo. 'Tu cosa faresti? Ti si sta alzando?'
'Smett...' Fui interrotto.
'MA SIETE IMBECILLI!' Guardai stupito Gonzalo, non mi aspettavo che si intromettesse.
'Se è successo quello che è successo non è di certo colpa sua! Non sapete cos'è accaduto veramente quella sera: quindi state zitti, stiamo veramente parlando ancora di cose successe quasi un anno fa?! E poi siete viscidi, fate schifo.'
'Cosa vuoi farci?' Rispose saccente il più alto dei due, avvicinandosi un po' troppo a Gonzalo.
'Ragazzi basta!' Provai ad allontanarli, ma fui spinto contro un armadietto.
'Ti spacco la mascella, poi ti faccio vedere come ridi bene' Ed iniziò la rissa; che fu fermata da Eric che era entrato nel momento clou.
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'Eric, cosa faremo dopo le superiori? Mio padre ha conoscenze importanti a Yale, potrebbe farci entrare entrambi, se riuscissi a convincerlo.' Gli chiesi steso accanto a lui mentre giocavo con i miei ricci, un po' impaurito nel caso in nostri desideri non sarebbero combaciati, ed infatti non erano sulla stessa lunghezza d'onda.
'Tu forse non hai capito che io dopo il diploma ti sposo.' Sorrisi; anzi, scoppiai a ridere. Non avevamo mai parlato di matrimonio, voglio dire, era praticamente scontato.
'Non mi credi? Poi vedrai il giorno del diploma.' Sorrise anche lui, regalandomi un bacio a stampo.
Da quel giorno quel pensiero mi teneva sveglio tutte le notti: non volevo sposarmi così giovane, avevo ancora tutta una vita da vivere; non volevo creare una famiglia praticamente a vent'anni. Ma le sue idee per noi erano chiare: matrimonio, figli, gestione dell'attività. Lui sognava la quotidianità, e non fraintendetemi, la desideravo anch'io, ma non così velocemente.
Quel pensiero però si insidiò dentro di me: stavo pian piano, ogni giorno sempre di più, entrando nel suo mood.
Poi ci fu una battuta d'arresto; che portò a farmi pensare che forse il matrimonio non fosse così vicino come ci si aspettasse. Iniziavo ad abituarmi che i momenti brutti fossero cancellati, che non si sarebbero più manifestati, per lasciar spazio solo a quelli belli. Ma così non era.
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Per farla breve: Eric si vedeva con Gonzalo Martín; letteralmente, nel senso che si 'vedevano vedevano'.
Lo scoprii poco dopo le vacanze di Natale: durante il periodo natalizio Eric era spesso un po' assente, nel senso che non ci vedevamo più ogni giorno come avevamo fatto fino a quel momento; trovava tantissime scuse: aiutava in ufficio, aveva degli allenamenti extra; lo vedevo quasi sempre solo in palestra.
Ma quando terminarono le vacanze iniziò il mio calvario: in realtà tutte le cose che aveva da fare avevano come fulcro Gonzalo Martín; si vedevano la sera, il pomeriggio per gli 'allenamenti extra'. Non lo scoprii in modo turbolento, anzi: il giorno del rientro a scuola fu proprio lui a rivelarmelo. Lo ricordo ancora troppo bene, ci trovavamo in macchina mentre ci dirigevamo verso l'istituto.
'Devo dirti una cosa, però promettimi che questo non cambierà nulla tra di noi, promettimi che non piangerai.'
Il mio cuore era in fibrillazione: lo guardavo fisso negli occhi senza proferire parola; avevo capito che qualcosa non andasse dato quel periodo di assenza.
'Ti ho tradito: più volte in questo periodo, non solo natalizio, ma da ottobre, poco prima della sfilata.'
Gli occhi mi si fecero lucidi, il cuore si era letteralmente frantumato in mille pezzi; realizzai anche il motivo che spinse Gonzalo a lasciare la sala da ballo.
'Perché l'hai fatto?' Provai a dire qualcosa, cercando di singhiozzare il meno possibile.
'Ero attratto da Gonzalo; ma ho capito che in realtà era solo infatuazione. Avevo bisogno di capire se stavo con te solo per abitudine o per vero amore; ma ad oggi lo so, so che tu sei l'unico.'
'Cosa vuoi che ti dica? Cosa pretendi che faccia? Avrei dovuto capire che quella storia al tuo compleanno aveva un motivo.' Ero totalmente in lacrime; mi girai verso il finestrino, che all'esterno era bagnato dalla pioggia che scendeva velocemente.
'Voglio solo che tu capisca: sono incidenti di percorso, e capitano quando si sta insieme solo ed unicamente con una persona.'
'ERIC! NO! Perché io questi dubbi non li ho mai avuti, AVEVI DETTO CHE VOLEVI SPOSARMI! MA CON QUALI BASI? PERCHÉ ME L'HAI DETTO?!'
'PERCHÉ È VERO! Ti sposerei mille volte in ogni nazione del mondo se si potesse. Vivrei con te altre mille vite; rifarei tutto ciò che abbiamo avuto, e che abbiamo. Perché tu sei l'unico, lo sei sempre stato e lo sarai per sempre. Ti amo Blake.'
Praticamente: mi feci fare il lavaggio del cervello da quelle parole.
Non presi nessuna decisione in merito alla direzione che avrebbe potuto prendere la relazione: per me le sue parole bastavano a farmi capire che saremmo dovuti restare insieme, perché era il destino a deciderlo. Ogni movimento di astri combaciava con la nostra relazione; inoltre non avrei mai potuto pensare di rivivere quello che avevo vissuto quando ci lasciammo la prima volta. Non ne avevo le forze, e poi i miei occhi mi rappresentavano Eric come pentito e che aveva solo commesso uno sbaglio. Uno sbaglio durato mesi però, anche perché non era stato un unico evento isolato; ma questa è un'altra storia.
Non riuscivo a vedere quanto quella relazione in realtà fosse malata, tossica: non mi faceva bene per niente, creava solo insicurezze: iniziai a farmi tante domande su cosa avessi di sbagliato: il corpo, magari ero troppo ossessivo, forse non ero alla sua altezza. Ma tutto ciò mi creava una concezione per cui Eric era un uomo forte e superiore a me ed io avrei dovuto fare qualsiasi cosa per arrivare al suo livello e per soddisfare le sue necessità; dovevo cambiare me stesso, ma non solo esteriormente, e fare ciò che a lui piaceva, ma anche interiormente: dovevo farmi piacere tutto ciò che piaceva a lui.
Purtroppo non capivo che questa concezione e questo modo di fare mi avrebbe solo annullato mentalmente e fisicamente, ma io dovevo renderlo felice: glielo dovevo.
Inoltre, i mesi seguenti non furono così felici: ero costantemente insicuro; avevo paura ogni volta che Eric non era con me, paura che potesse capitare ciò che era successo poco tempo prima. Ed io cercavo sempre di 'cambiare' per lui, per far sì che non si annoiasse con me: cambiai il mio modo di vestire, frequentavo la palestra più assiduamente, non saltavo mai un allenamento di Basket e per concludere feci anche un piccolo ritocco alle labbra.
E lui era felice: si complimentava con me per come stessi diventando, gli piaceva questa nuova figura di me.
Ed io non ero felice: ero sempre lì, sull'attenti, per cercare di capire cosa potessi fare per compiacerlo ancora di più. Non pensavo più ai miei bisogni, ero diventato un automa. E se quindi, in realtà la vecchia versione di me non gli fosse mai piaciuta?

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