11- Li ho portati per entrambi...mangiamo insieme?

28 4 1
                                    

Ritrovarmi in un gay bar d'elite non era esattamente nei miei piani: mi ci ritrovai e basta; dopo la festa di compleanno di Isabelle stavo tornando a casa, volevo fare due passi a piedi, forse ero un po' brillo ed un fulmine mi aveva colpito in testa per arrivare a prendere quella decisione. Forse era l'insegna piacevole, anche un po' provocatoria, e il desiderio di non passare un'altra serata continuamente a pensare ad Eric ad indurmi ad entrare.
Erano molto selettivi all'ingresso: non avevo l'età giusta per entrare; un ragazzo normale se ne sarebbe andato o avrebbe litigato con il buttafuori, ma un ragazzo ricco ed un po' ubriaco lo avrebbe corrotto con un'ingente somma di denaro.
C'erano tante luci, ma alla fine non si vedeva molto: c'erano ballerini in intimo sui vari palchetti che ballavano e riscuotevano mance molto generose, ragazzi che si strusciavano tra loro senza ritegno, uomini di mezza età che ci provavano con i ragazzi appena descritti; era abbastanza degradante. Non mi piacevano quei luoghi, e non mi piacciono tutt'ora, ma alla fine mi ci ritrovai e quindi perché non approfittarne?
-
Uno, due, tre shots di tequila andarono giù che era una bellezza: si sommarono a quello che avevo bevuto alla festa poco prima, ed il risultato non fu dei migliori; il locale iniziava a girare da solo, tipo una lavatrice. Ragazzi, ragazze, il muro, le luci al neon, una farfalla sul bancone; poi mi fecero notare che era una mosca, ma non prima di averci instaurato un simpatico rapporto di amicizia.
E poi un uomo; credo fosse sulla trentina, se non qualcosa in più, ed infine un quarto shot di tequila offerto e bevuto con quest'uomo un po' ambiguo.
'Ma mi vedi almeno?'
'Ma che ne so, ci conosciamo?' Gli risposi, ero proprio rimbambito.
'No, balliamo?' Mi propose, sbottonandomi i primi due bottoni della camicia. E con l'eleganza di un bradipo gli risi praticamente in faccia, ma non una risata normale, tipo quella di un ubriaco. Non volevo ammettere che fossi ubriaco, non era nel mio stile; non mi piaceva farlo, capitò e basta.
Mi ricordo che rise anche lui; era bellissimo: aveva i capelli leggermente brizzolati, era molto più alto di me ed aveva due occhi azzurri penetranti stupendi. Tra i suoi segni particolari vidi anche una fede al dito; poi realizzai il giorno dopo che era effettivamente un anello di matrimonio.
'Ma mi hai visto tu invece?' Risposi; poco prima di prendermi per mano per portarmi al centro della pista. Era un po' imbarazzante, ma tanto non capivo niente; ricordo solo che iniziai a strusciarmi su questo uomo incognito, di cui nome ancora è sconosciuto, d'altro canto lui non faceva niente per allontanarmi anzi, gli piaceva e ci metteva molto del suo. Mi prese per i fianchi e mi strinse a sé: iniziò a portare sempre di più le sue grandi mani sulla mia schiena, scendendo verso l'interno del mio pantalone, dopo avermi fatto posizionare le mie sul suo petto.
Ero affascinato da quell'uomo: ma ad oggi penso sia stato solo un atto di ribellione contro tutto ciò che stavo subendo; mi avvicinai a lui e posizionai le mie labbra sulle sue, di tutta risposta mi strinse con le sue mani e ricambiò il bacio.
'Ci stiamo un po' scaldando? Che ne dici di prendere una stanza?' Mi sussurrò all'orecchio poco prima di darmi un morsetto molto piacevole sul lobo; gli saltai praticamente in braccio, per dargli modo di lasciare dei baci sul mio collo.
'Mi farebbe molto piacere, ne sono lusingato.' Gli sussurrai all'orecchio poco prima di mordergli il lobo e sorridergli. Non mi ero mai sentito così libero da ogni restrizione, così eccitato al pensiero e così non curante delle problematiche che si sarebbero potute verificare.
-
'Blake! Ma che stai facendo?!'
'Ehi ciao! Tu chi sei? Noi ce ne stiamo andando vuoi unirti?' Continuavo a ridere come un forsennato, ma ripensandoci ora, se mi fossi sotterrato vivo ne sarei uscito con  più dignità.
'Ma come chi sono?! Ma quanto hai bevuto?! E poi tu, ma non lo vedi che è un minorenne ubriaco?!' Poi riconobbi la voce.
'Aspetta! Ma tu sei quel tipo ispanico, Gonzalez giusto?!' Mi prese per mano e mi portò in bagno; era sudicio, il bagno, intendo: puzzava e c'erano ragazzi in atteggiamenti un po' equivoci.
'Cosa vuoi farmi?! Chiamo la sicurezza!'
'Ma se stavi praticamente andando con un pedofilo, e poi ti ricordo che questo è il mio locale!' Mi urlò contro prima di mettermi con la testa sotto acqua corrente ghiacciata.
'Ma che...' 'Fa...' 'i...'
'Ora vieni con me ti porto da Eric, e non contestare!'
Forse Gonzalo dopotutto voleva solo il mio male per portarmi da Eric: il suo era un piano diabolico, pensai. Ma non mi scomposi, ero troppo ubriaco per capire realmente che non stesse scherzando.
-
Erano le quattro di mattina, avevo freddo; talmente tanto che Gonzalo mi mise il suo giubbotto sulle spalle.
Eric tardava ad aprire; io ero appoggiato a quel ragazzo ispanico accanto a me. Poi aprì: in pigiama, assonnato; ma subito si allarmò appena mi vide in quelle condizioni.
Non riconobbi nessuno quella sera, ma appena vidi lui lo inquadrai subito ed il mio umore cambiò: non ero più allegro, ero solo triste, adirato.
'Blake! Che è successo?!'
Gonzalo Martín gli spiegò tutta la situazione: di dove mi trovassi poco prima, cosa avessi fatto, di quell'uomo; affermando, inoltre, di non sapere dove abitassi e che lui fu il primo che gli venne in mente. Insomma, un'idea malata, ma comunque apprezzai il gesto; alla fine non era una cattiva persona, era solo una persona che cercava di capire sé stesso, ma era molto altruista, avrebbe fatto di tutto per i suoi amici.
'Grazie bro, adesso ci penso io. Sei un amico.'
-
Mi portò in bagno, mi tolse gli indumenti di dosso e riempì la vasca con acqua che definirla ghiacciata sarebbe troppo riduttivo.
'Toglimi le mani di dosso' Affermai, o meglio balbettai, mentre mi dimenavo e facevo i capricci; mi ordinò di fare silenzio e con un po' di forza in più mi fece entrare nella vasca da bagno.
'Ma che fai!? Non ti ho mai visto così!' Non era arrabbiato, questo posso dirlo: era sbalordito più che altro, misto ad un velo di tristezza che riuscivo a percepire dal suono della sua voce.
'Eric, sto provando a scoprire cosa vuol dire il mondo senza di...' non riuscii a finire il discorso che mi prese, mi fece asciugare per poi darmi un suo pigiama.
Mi accompagnò in camera sua, non ero per niente autosufficiente: barcollavo, non riuscivo a reggermi in piedi; lui l'aveva capito e per questo non mi mollò per un attimo lungo tutto il tragitto verso la stanza, che sembrava essere sempre più lungo ad ogni passo che facevo. E poi dalla mia bocca fuoriuscì un liquido verdastro; tutto da capo: doccia fredda, un altro pigiama pulito e finalmente riuscii a mettermi a letto. Mi girava la testa, mi scoppiava, era come se un martello stesse fissando un chiodo dentro il mio cranio.
Mi coprì con il piumone in quello che era il letto più comodo su cui io abbia mai dormito, il letto più amorevole in cui io sia mai stato; mi girai dall'altro lato, guardavo fisso il muro, il soffitto, la scrivania... e quella lettera era lì, attaccata alla scrivania, l'aveva conservata; bisbigliai qualcosa rivolto a lui.
'Non posso continuare senza di te...' E poi boom; mi addormentai di botto. Non seppi e ancora non so quale fu la sua reazione, o se effettivamente rispose alla mia affermazione; ma ero distrutto: sia per quella serata devastante, sia per tutta la situazione che si era creata e che stava diventando sempre più pesante ed intollerabile.
-
Il sole irradiava la mia pelle, ogni raggio ultravioletto copriva il mio volto scoperto; Eric non c'era, ma non perse l'occasione di apparire poco dopo con un vassoio pieno di pancake allo sciroppo d'acero, un succo alla pesca e quel fiore. Quel fiore strappato dal giardino che da sempre era stato il simbolo del nostro amore: era un oggetto ricorrente sin dall'inizio della nostra relazione.
'Li ho portati per entrambi...mangiamo insieme?'
Accennai un mezzo sorriso, presi una piccola forchetta d'argento e iniziai a mangiare.
'Come ti senti?'
'Bene, grazie per tut...' Ancora, non mi fece finire di parlare; stava diventando veramente snervante. Ma aveva lui qualcosa da dirmi quella volta, non io.
'No, non ringraziarmi. È colpa mia se sei arrivato a ciò, e non me ne sono reso conto. Non ho capito che ti sentissi in difficoltà fino ad ora. Ma vedendoti così, in queste condizioni mi ha fatto provare un vuoto nello stomaco che mai avevo provato prima... Sarebbe troppo facile dirti ora un ti amo, anche se è la verità; anche io in questo periodo ho pensato molto e sono sempre più consapevole del fatto che pur se non lo dimostro, senza di te è dura. È da qualche giorno che volevo dirtelo: voglio riprovarci. Ho sbagliato e ne prendo atto, capiscimi ti prego.'
Ero deciso a non perdonarlo così facilmente: volevo prendere in mano io le redini della situazione, per una sola volta; doveva capire realmente la realtà dei fatti.
'Eric, anche io ti amo...ma penso che sono stato ferito troppe volte in qualsiasi modo possibile, e per quanto tu mi man...'
Figuratevi se mi avesse mai fatto finire di parlare; mi prese la mano e la portò al suo petto: il suo cuore, lo sentivo battere forte come non mai. I miei occhi si alzarono verso il suo viso: il suo sguardo era perso, le lacrime gli colavano a picco dagli occhi, che bagnarono la mia mano che nel frattempo aveva spostato più in su verso il suo volto. Fu una reazione a catena: si avvicinò, mi scostai leggermente cercando di tenere basso lo sguardo; si riavvicinò, mi baciò.
Il sole era forte sui nostri volti, ma i nostri occhi non ne furono accecati: erano chiusi, anche loro stavano godendo di quel bacio, quel bacio che così dolce non era mai stato, quel bacio che aveva un sapore diverso quella mattina.

'Addiction'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora