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SEBASTIÁN.

Scesi al piano di sotto, lasciandola lì sola nel corridoio, mentre cercava di riprendersi. 

Mi ero spinto troppo oltre.

Che diamine mi era preso? Perché appena l'avevo vista avevo sentito la voglia di toccarla?

Perché l'avevo intrappolata e detto tutte quelle cose?

I suoi capelli erano morbidi...
La sua pelle sembrava così soffice e delicata. Pura, esattamente come lei.
Dovevo ammettere che aveva un buon profumo...

Fanculo.

Mi ero spinto oltre e questa cosa non andava bene. Non potevo permettermi di fare certe cose, non con lei.

Non dovevo perdere il controllo della situazione.

Quest'attrazione non mi avrebbe portato da nessuna parte.

'I rapporti umani rallentano la nostra corsa al successo, Sebastián. Meno ne hai, meno complicati sono e meglio è per il tuo futuro.'

Mi vennero in mente le parole di mia madre e potevo dire che, con il passare del tempo, mi ero trovato ad essere sempre di più d'accordo con lei.

Non a caso, i ragazzi erano gli unici con cui avevo un rapporto stretto. Gli altri, erano solamente conoscenze che mi sarebbero potute essere utili in futuro.

Presi il mio cellulare, per vedere se l'investigatore privato aveva delle novità per me.

Vidi dei documenti nella mia posta elettronica, prima di aprirli, però, controllai che Evelyn non stesse venendo al piano di sotto, anche se credevo che sarebbe rimasta chiusa nella mia vecchia stanza fino a quando non sarebbero tornati gli altri.

Meglio così.

Aprì i documenti e vidi che si trattavano dei fascicoli con tutte le informazioni degli anni del liceo di Evelyn.

Data di nascita: Nata il 23 febbraio a Perth, in Australia.

Segni particolari: soffre d'asma, la segreteria è fornita di inalatori in caso di necessità.

Commento docenti: Alunna esemplare, educata, gentile e responsabile, esattamente come le due sorelle, precedenti alunne del nostro istituto: Eloise ed Elodie Robertson.

Continuai a leggere i diversi elogi che le venivano fatti, scoprendo che era stata anche capitano delle cheerleaders, ma più che altro, mi soffermai su un nome: Elodie Robertson.

Non sapevo che Evelyn avesse un'altra sorella oltre ad Eloise e il fatto che non ne avesse mai parlato destava i miei sospetti.

Che bisogno c'era di tenerlo nascosto? Ormai era legata alle ragazze, non lo aveva detto neanche a loro?

La famiglia Robertson era abbastanza conosciuta, soprattutto dopo quello che era successo con il padre di Evelyn, ma come mai non si era mai venuto a sapere di Elodie? Sembrava che la famiglia avesse sempre fatto di tutto per nasconderla...

Che cosa nascondi, Evelyn Robertson?

Mi resi conto di come le ragazze fossero state stupide nel fidarsi di una persona di cui veramente sapevamo poco e niente.

Ringraziai l'investigatore per le novità e posai il cellulare nell'esatto momento in cui sentì i passi incerti di Evelyn entrare in cucina.

Si era cambiata e adesso indossava un completo sportivo nero. La maglietta a maniche corte lasciava allo scoperto la sua pancia piatta e le sue gambe lunghe e snelle erano belle da guardare.

Lei non mi guardò in faccia neanche per un instante. Aprì le credenze, cercando qualcosa da mangiare, si mise in punta di piedi per vedere meglio e poi allungò la mano, cercando di prendere qualcosa.

Stava facendo fatica ad arrivarci ed io la osservai divertito, volendo vedere quanto tempo ci avrebbe messo a chiedermi una mano.

Sempre se avesse avuto il coraggio di farlo.

Mi poggiai al bancone e incrociai le braccia al petto, mentre lei abbassò la mano e poggiò entrambe le braccia sul bancone della cucina.

—Piuttosto di goderti lo spettacolo, perché non mi dai una mano?— domandò, non guardandomi, immaginavo che non lo avrebbe fatto per un bel po'.

—Se mi guardi in faccia e me lo chiedi gentilmente, potrei anche pensare di aiutarti— le dissi, stuzzicandola come sempre.

Non avrebbe ottenuto nulla nella sua vita se non si sarebbe fatta valere e se non avesse cacciato il coraggio.

Sarebbe stata il burattino di qualcun'altro, e se le mie idee non erano sbagliate, lei non voleva ricoprire quel ruolo.

Forse perché lo aveva interpretato a lungo, per colpa dei genitori, no?

La vidi riflettere e poi alzò i suoi occhi blu come il mare su di me. Mi studiò attentamente e notai come il suo sguardo viaggiò ancora sul mio petto nudo, esattamente come qualche minuto fa.

Riportò il suo sguardo frustrato sul mio viso e serrò le mani a pugno —potresti aiutarmi a prendere quei biscotti, per favore?— disse, odiando la situazione, ma facendo comunque come le avevo chiesto.

Mi staccai dal bancone e mi avvicinai alla credenza che aveva aperto, allungai il braccio, prendendo i biscotti che voleva, ma senza mai staccare gli occhi dai suoi, lei fece lo stesso e non arrossì nemmeno.

Non la capivo.

Certe volte si imbarazzava e altre volte no. Che cosa le passava per la testa? E perché volevo saperlo? Che me ne importava?

Nulla. Non doveva importarmene nulla.

E non me ne sarebbe importato nulla.

Poggiai i biscotti sul bancone e mi allontanai da lei senza aggiungere una parola, il suo profumo mi era entrato persino nel cervello.

Uscì fuori e osservai la vista che chiunque avrebbe potuto considerare mozzafiato, tranne me.

Preferivo la solitudine, la calma. Cose che il mare non offriva.

Mi soffermai a guardare l'acqua apparentemente cristallina dell'oceano, stringendo le mani a pugno nelle tasche del pantalone.

L'acqua...

Era ingannevole. Come tutte le cose che sembravano belle a primo impatto, solo scoprendole si capiva quanto fossero deteriorate e marce in realtà, quanti segreti nascondevano.

Quanto dolore e paura potevano provocare...

No. Non ero più quel ragazzino, ormai ero cresciuto e non potevo permettermi di provare paura.

'La paura non serve a nulla, Sebastián. Serve solo a trovare scuse per non fare qualcosa. Sii diverso, abbi il coraggio di fare e dire le cose che vanno fatte e dette, non deludermi.'

Mia madre era una donna molto ambiziosa, non aveva mai mancato un'occasione per ricordarmi quante cose si aspettasse da me.

Per questo, quando mi ero iscritto a sociologia, mi ero aspettato di avere una litigata madornale con lei o che avrebbe fatto di tutto per impedirmi di farlo, ma non aveva mai mosso un dito. Si era semplicemente riempita ancora di più di lavoro e parlavamo raramente.

Non che avessimo mai avuto chissà che lunghe conversazioni...

Ma tutto quello che avevo da imparare da lei lo avevo imparato, di questo poteva esserne certa e anche se non avrei mai seguito la sua strada, almeno ero un buon erede dal punto di vista caratteriale.

Nessuna debolezza. Niente poteva fermarmi.

Rimasi lì per un paio di minuti e poi decisi di rientrare. Andai dritto in camera mia, senza curarmi se Evelyn fosse in salotto o ancora in cucina.

Mi chiusi in camera e aprì di nuovo il file con le sue informazioni scolastiche, ricordandomi una volta per tutte quali erano i miei obbiettivi.

Evelyn Robertson non mi avrebbe distratto.

My Darkest DesireWhere stories live. Discover now