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SEBASTIÁN.

Era stato troppo facile aprirmi con lei. Era fin troppo facile farla aprire con me.

Che diamine stavo combinando?

Le avevo detto cose che non avevo mai detto a nessun'altra, i ragazzi le sapevano, ma altre ragazze no.

Era stato troppo facile aprirmi con lei.

Questa cosa non andava bene.

Dovevo smetterla di lasciarmi incatenare dai suoi occhi blu oceano o da qualsiasi cosa la rappresentasse.

Ma dopo la giornata di oggi, credere che Evelyn Robertson nascondesse qualcosa di pericoloso o che non fosse esattamente la persona che mostrava a tutti noi, era difficile.

'Più bravi riescono ad apparire e più facile è ottenere quello che veramente vogliono. Non esistono persone buone, Sebastián, tutti quanti colpiscono.'

Le parole di mia madre mi tornarono in mente come un promemoria, che mi diceva che non mi dovevo lasciare andare, perché quello sarebbe stato un'enorme sbaglio di cui mi sarei pentito.

Rientrai in camera mia, ma mi fermai subito sulla soglia quando vidi Julián steso sul mio letto, come se qualcuno gli avesse dato il permesso di farlo.

Notai poi, che teneva in mano il fascicolo del liceo di Evelyn, che avevo stampato e nascosto in camera mia.

—Che stai facendo?— gli chiesi, chiudendo la porta. Lui alzò lo sguardo su di me —sto cercando di capire che cosa c'è di interessante in questo. Ma immagino di aver capito di cosa si tratta, ti conosco troppo bene— disse ed io incrociai le braccia al petto, aspettando.

Ero più che certo che avesse capito, eravamo così diversi ma simili allo stesso tempo, mi capiva ed io capivo lui.

—Elodie Robertson è la cosa che ti preme di più, no? Più che sua madre o suo padre, vuoi sapere perché non ha mai parlato di quest'altra sorella. Pensi che sia questo il punto della situazione, giusto?— disse con un sorrisetto furbo, sorrisi a mia volta —sono l'unico che non capisce quale sia il problema nel non dirlo?— chiesi io —sei l'unico a sapere dell'esistenza di questa Elodie e l'unico a preoccuparsi del perché Evelyn non ne abbia mai parlato— ribatté lui, punzecchiandomi come la maggior parte delle volte.

Era così diretto con me e senza peli sulla lingua, che avvolte mi veniva voglia di ucciderlo... Ma allo stesso tempo mi piaceva il fatto che non ci andasse piano con me.

Non che gli altri ragazzi lo facessero, ma ognuno di noi aveva qualcuno con cui si sentiva più in sintonia, ed era quello che era successo a me con Julián.

Quando ancora ce l'avevamo con Wyn, o meglio, io ce l'avevo con Wyn, lui era stato al mio fianco, cercando di superare l'accaduto e farmi ragionare, perché non voleva che venissi isolato.

—Sono l'unico che presta attenzione ai dettagli, allora— gli dissi io, sedendomi sulla sedia.

Julián mi scrutò con i suoi occhi da inquisitore che ricordavano molto suo padre, Álvaro Hernández, medico spagnolo.

—O forse, vuoi semplicemente trovare per forza qualcosa di cattivo in Evelyn perché tua madre ti controlla ancora— commentò lui e lo guardai con la mascella contratta.

—Nessuno mi controlla— sibilai infastidito, Julián fece una risatina —ah no? Vuoi farmi credere che non ragioni come Nina Sánchez-Rodríguez perché è esattamente quello che lei vuole da te?— domandò, quasi come se fosse una cosa che si stesse prendendo sul personale.

Fanculo, Julián.

—Ho visto come guardi Evelyn, c'è qualcosa che non mi torna, Sebastián. Quando la guardi parece que no existen las otras chicas— disse, terminando di dire la frase in spagnolo, l'accento di Madrid marcato.

My Darkest DesireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora