XI. Omega.

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Izuku non si azzardò a guardare indietro.

Semplicemente aprì la porta di casa e la richiuse dietro di lui.

Nell'aria già il profumo della cena e il rumore sordo di pentolame e tv.

"Izuku? Katsuki?"

L'omega deglutì, la voce di sua mamma gentile e cordiale.

Guardò a sinistra, verso la sala, l'orologio a parete segnava le 18:32. Aveva un'ora e mezza per prepararsi. Un'ora e mezza nel quale avrebbe dovuto nascondersi da Bakugo.

Izuku si odiò anche solo per averlo pensato.

"Bentornati ragazzi!"

Un brivido colse Izuku e la sua voce uscì più debole di quanto avesse immaginato: "mamma, sono solo io-"

"Oh!" Capelli raccolti in una coda morbida e un po' sfatta e un viso famigliare si affacciarono dall'arco che conduceva alla cucina. "E Katsuki? Sai dov'è?"

Izuku tremò. Non riuscì a contenersi, e probabilmente dal viso strano che fece sua madre divenne pallido o qualcosa di molto vicino al verdognolo.

"Stai bene, tesoro?"

"Sì." No.

Izuku voleva vomitare.

"Devo andare al lavoro, mi vado a cambiare!" Le sue gambe non furono mai state così veloci, lo zaino tamburellò contro alla sua schiena per l'intensità con cui saltò sui gradini delle scale per nascondersi in camera sua.

"Cosa?!"

Izuku si era già richiuso la porta alle sue spalle ma riuscì senza difficoltà alcuna a sentire la voce di sua madre.

"Come? Di venerdì? Non hai i turni di sabato?"

Izuku graffiò le unghie sulla porta, il suo cuore che batteva nel petto. La sua omega sottosopra e sua madre che sicuramente l'avrebbe raggiunto per fargli altre domande.

Era in trappola.

Braccato.

E nonostante fosse una situazione dalla quale ci conviveva da un po', beh, si fece maledettamente più intensa. Il suo respiro irregolare e la sua testa che ragionava veloce. Le sue pupille che saettavano rapide nella stanza.

Doveva ragionare. Analizzare con ordine.

Per prima cosa: doccia.

Quindi servivano vestiti. Biancheria pulita e una maglietta pulita.

Stava già per lasciare il posto con in mano roba alla rinfusa accartocciata in quella specie di abbraccio, fino a qualche secondo prima piegata e riposta con cura nell'armadio, quando si ricordò i cerotti. Aveva bisogno di cambiarli.

Cerotti.

Dove erano i cerotti?

Cassetto.

Corse verso il mobile della scrivania, lo scaraventò per metà fuori, senza far cadere i panni puliti ne prese una manciata, non c'era tempo, se li mise alla rinfusa fra i boxer profumati e la maglietta ormai rovinosamente stropicciata, la salvietta e un paio di calze pulite. Le sue scarpe volarono nella stanza planando in angoli diversi, di cui, sinceramente, Izuku non si curava. Non ora per lo meno. Non quando poteva sentire senza alcuna difficoltà i passi di sua madre che salivano le scale.

Il suo cuore in gola.

Avrebbe chiesto di Bakugo. Avrebbe chiesto perché del lavoro.

Avrebbe chiesto un sacco di cose ed a nessuna di queste era pronto a dare una spiegazione. Non senza un piano. Non senza aver avuto una giustificazione plausibile. Quella litigata a senso unico l'aveva spiazzato, ogni punto prestabilito era stato perso nel marasma di quei suoi istinti omega in overdrive.

Exuvia  |  BakuDekuWhere stories live. Discover now