1. New York.

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Nella vita ci sono due cose che devi tenere sempre a mente; uno, non mostrarti mai debole davanti a nessuno, due, non vivere di rimpianti. Soprattutto la seconda. Certe volte ci accorgiamo troppo tardi di aver preso una decisione che, in realtà, non ci rende felici. Ma è comprensibile, insomma, dentro di noi abbiamo tutti una voce, che sia la coscienza o un'altra voce, cercheremo sempre di prendere la decisione che si avvicina di più alla perfezione. Ma per fortuna, io non l'ho fatto.

Anni fa, dopo aver finito i miei studi presso la Parsons New School, dentro di me non c'era più alcun dubbio, nonostante ce ne fossero stati durante l'anno scolastico. Io sarei diventata a tutti gli effetti una donna di successo, una donna da ammirare e da temere se vogliamo, e mi ero ripromessa più volte di farlo con le mie stesse forze, di non cedere alle avance di mia madre che, ogni volta, si offriva di assistermi, o magari perché voleva solo innervosirmi di più, ma non ho mai ceduto.

Sono consapevole però, di dover gran parte del mio apprendimento a mia nonna che qualche mese fa è passata a miglior vita lasciando ogni suo bene prezioso, a me. La sua unica nipote.

Nel corso degli anni, ho sempre chiesto a mia mamma il perché della sua scelta, in fondo quasi tutti vogliono due figli, per farli crescere insieme e per non far sentire solo il maggiore. Ma queste sono voci di corridoio che ascolto molto volentieri in atelier. Mia madre invece, è sempre stata ferma ed irremovibile; non voglio soffrire ancora. Di certo non potevo controbattere, cosa potevo saperne io?

Una ragazza di venticinque anni che porta avanti un negozio tutto suo, una di quelle ragazze che stravede per New York, la città metropolitana, ma anche una di quelle che preferisce non legarsi sentimentalmente.

Perché? È semplice. Sono tutti idioti e non lo dico solo perché mi va, ma perché l'ho constatato io stessa. Prima di voler intraprendere questa carriera, da sola, ho scelto di trascorrere gran parte del mio tempo con il figlio di uno dei più grandi investitori Newyorkesi, ma non ho tratto alcun vantaggio da quella quasi relazione.

Sono una donna alla quale piace ricevere attenzioni, non devono essere certo vistose, ma non mi piace assolutamente passare inosservata, tanto meno dal mio ragazzo. Con lui però, passavo sempre in secondo piano, il suo modo di comportarsi nei miei confronti, a tratti violento, mi portava sempre di più verso un punto di non ritorno e di certo non faceva niente quando glielo facevo notare più volte. Ma è stato un bene, George Miller, è stato l'ultimo uomo a cui mi sono legata sentimentalmente.

Inutile dire che mia madre non ha apprezzato molto la mia scelta. Lei ha sempre voluto sistemarmi con qualcuno, vedermi felice accanto ad un uomo di successo e se possibile con due figli o addirittura di più. Sì, un po' incoerente da parte sua. Le madri...

Non penso di aver mai capito la mia, certo, il nostro legame è sempre andato oltre, tanto da sembrare due amiche e non solo madre e figlia, ma capita spesso di trovarci in disaccordo su certe scelte, anzi, molte.

Mio padre, a differenza sua, è un tipo più riservato. Non ci vediamo spesso, capita davvero di rado che riusciamo ad organizzarci per un pranzo e, quando succede, lui deve scappare sempre al lavoro. Si potrebbe dire che è devoto al lavoro, sarebbe disposto a cedere anima e corpo per gli investimenti. Da qualche anno a questa parte, è in affari con il figlio di un suo carissimo amico. Non ho avuto molti dettagli a riguardo, so solo che gestisce una grande catena di alberghi qui a New York e nei dintorni.

«Tesoro!»

La voce squillante di mia madre, mi provoca un leggero sussulto.

«Mamma! Cosa ci fai qui?» sorrido, falsamente, girandomi verso la porta dell'atelier.

«Come cosa ci faccio qui? Abbiamo l'inaugurazione da preparare! Figlia mia, ma dove hai la testa?»

Resto immobile, senza dire una parola, mentre mia madre gira come una trottola per tutto il negozio. Tocca, osserva, sposta le cose e dice cose incomprensibili.

Amore ProibitoWhere stories live. Discover now