12. Se perdi...

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«Grace.» Due mani possenti sfiorano i miei fianchi provocandomi lunghi brividi. Non smettono. Si insinuano sotto la camicetta e stringono la mia pelle fino a farmi sfuggire un lamento. Le mie labbra continuano a sorridere, provano in qualche modo a resistere, a mostrarsi ancora una volta più forte, nonostante dentro, stia provando solo dolore. La presa viene allentata, di poco e quanto basta per farmi muovere ed indietreggiare.

«Cosa stai facendo?» domando, alla figurata davanti a me. Non riesco a vedere il suo volto, non me lo permette, mostra solo le mani. Assottiglio lo sguardo, ci provo, inclino di la testa, ma niente, solo una sagoma nera. «Come sai il mio nome?» domando ancora una volta, ma nessuno risponde. Convinta che ormai non dirà più niente, sbuffo sonoramente tanto da far rimbombare il mio verso nella stanza e mi giro, ma l'unica cosa che vedo è di nuovo la sagoma nera. Verso pervasa da una serie di brividi e il senso di panico si impossessa di me. Mi sento turbata, impaurita e fragile.

«Cosa vuoi?» urlo, con voce tremante.

«Nessuno» bisbiglia, mettendo ancora più agitazione. «Nessuno sarà in grado di amarti.» Sussulto, presa alla sprovvista dalle sue parole taglienti e con il solo scopo di farmi sentire peggio. Mi impongo di non piangere, gli occhi pizzicano e bruciano, la vista si sta appannando a causa delle lacrime che cerco di reprimere. Ma ci riesco per poco.

Con una mano, la sagoma dinanzi a me, avvolge il mio collo fino a stringerlo con forza, con rabbia. Mi sento mancare il respiro, per quanto io ci provi e boccheggio in cerca di aria, i miei polmoni poco dopo bruciano a causa della mancanza primaria.

«Non si può amare una persona rotta, non puoi neanche aggiustarla, per quanto ci provi fallirai miseramente, come in tutto il percorso della tua vita.»

Allenta la presa, dopo un tempo indefinito in cui mi sembrava di essere arrivata alla fine della mia vita, mi sarei arresa volentieri, avrei posto fine alle mie sofferenze, ma qualcosa, in lontananza, mi dice che non è reale, e come glielo spiego che per me lo è?

Provo a parlare, ma non ci riesco, ci provo ancora, ma fallisco di nuovo. Forse ha ragione, fallisco sempre.

«Nessuno ti amerà mai.»

Apro gli occhi di scatto, portando una mano sul torace e una sul collo. Il respiro affannoso e il cuore che batte prepotente contro la cassa toracica. «Era solo un sogno...» ripeto, due volte poi prendo a massaggiare delicatamente la pelle calda. «Un terribile sogno» continuo, facendo grandi respiri.

Una volta tornato regolare il battito e il respiro, decido di alzarmi per andare in cucina e bere un bicchiere d'acqua. Avvolgo il mio corpo nella vestaglia in pile regalata anni fa da mia mamma e calzo ai piedi un paio di pantofole bordeaux che vanno a riprendere il mio outfit casalingo. Esco silenziosamente dalla stanza e raggiungo la cucina nel buio di quello che sembra il tramonto. Dalla grande finestra scorrevole del salone, intravedo già i colori del cielo che cambiano e diventano più scuri man mano che cambia l'ora. Mi stringo nella vestaglia ed entro in cucina per prendere la bottiglia d'acqua che sembra tener fermo un foglio. Incuriosita, avanzo verso il bancone in marmo e accarezzo gli angoli rialzati, poi, lo prendo e leggo le tre righe scritte da Chloe. La sua calligrafia così ordinata, la riconoscerei in ogni circostanza, soprattutto perché tende a creare cuori sopra le i invece dei soliti puntini.

Sono dovuta andare dai miei genitori, credo proprio che non tornerò. Se entro domani non mi senti, chiama la polizia.

Ps. Non spaventarti se più tardi qualcuno ti farà visita, mi ringrazierai più avanti.

Rileggo svariate volte quelle righe, provo a realizzarne il contenuto e non me ne capacito. Chiamare la polizia? Deve essere sempre così drammatica, magari un giorno la inseriranno in qualche film. Tende ad esagerare quando si parla dei suoi genitori, pensa la vogliamo rinnegare come figlia dopo aver rinunciato al suo matrimonio perfetto, parole della madre, anche se sappiamo tutti che non lo sarebbe mai stato, compresa Margot Collins, la mamma di Chloe. Vuole autoconvincersi che la figlia sarebbe stata felice, magari anche del futuro che si è persa sostenendo fosse il migliore, ma non è assolutamente così. Il cuore di mamma sa esattamente quando un figlio non sta bene, quando non è felice, ma lei sembra voler fare finta di niente. Mia mamma ci ha provato, tante volte, a parlarle, a spiegare che il suo comportamento da stronza non l'avrebbe portata da nessuna parte se non verso la solitudine, ma diciamo che faceva finta di non ascoltare.

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