29. E un bel giorno dire basta e andare via

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Andare via lontano 
A cercare un altro mondo 
Dire addio al cortile 
Andarsene sognando

(L. Tenco, Ciao amore, ciao, 1967)

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Avviso: questo capitolo è rimasto pressoché invariato, ho cambiato solo una singola frase un po' "pesante". Metto il link alla versione originale per completezza, ma potete leggere anche questa.

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Nico si alzò in piedi, si asciugò le guance bagnate di lacrime.

«Nico... Ah, Nico Nico...» mormorava la madre nel suo solito tono piagnucoloso.

Nico si voltò di scatto verso di lei. «Nico Nico, cosa? Cosa c'è? Ti dispiace per me? Perché piangi?» le chiese in tono aggressivo.

Lei in tutta risposta pianse ancora di più. «Ero così contenta stamattina... eri così contento...»

«E adesso che delusione, invece, eh?» ribatté lui con la voce incrinata.

Lei lo guardò con gli occhi lucidi, portando le mani al cuore. «Nico, io non voglio vederti che stai così male!»

«Se ti dispiace tanto che sto male potevi aiutarmi a tirare fuori il libro, invece di cagarti sotto come...»

Nico fu interrotto da un violento schiaffo del padre.

La risposta non tardò ad arrivare e per la prima volta in vita sua Nico rispose alla violenza. Con il braccio allenato da anni di tennis, tirò a sua volta una sberla fortissima al padre.

Lo spostò. Lui si tenne la guancia, alzò la testa, sembrava sotto shock. «Brutto...»

Il nonno arrivò alla carica alle sue spalle, prese Nico per un braccio. «Jacum, cjapilu di là.» Il padre Giacomo obbedì, prese Nico dall'altro braccio. 

«Tu non esci mai più di casa. Chiamo uno psichiatra e ti faccio rinchiudere da qualche parte finché non ti guariscono!» gridò il padre.

«Per tua fortuna queste cazzate non le fanno più!» gridò Nico cercando in tutti i modi di divincolarsi, mentre i due adulti lo trascinavano verso le scale che portavano al primo piano.

«Jacum, lassilu sta!» stava intanto implorando la madre.

Rumore di chiavi nella porta. Spuntò la testa della Grazia, che spalancò la bocca nel vedere la scena, padre e nonno che tenevano il figlio dalle braccia. «Ma cosa...?» pigolò. 

Nico avvertì la presa del padre allentarsi. Quella del nonno non era altrettanto forte, era pur sempre un vecchio. Era il suo momento: con uno strattone violento si liberò, scattò verso la porta, la Grazia si fece da parte spaventata, e Nico uscì.

Corse.

«Là vastu?!» gridò il padre. «Fèrmiti!»

«Tu non mi vedi mai più!»

Corse. Corse come un dannato. Dove poteva andare? Da Leo. Era l'unico posto al mondo.

Al mondo siamo io e te.

La dedica. Quella dedica che lui aveva persino avuto il coraggio di disprezzare. Persa per sempre. Non avrebbe mai più riletto quelle parole, semplici e vere. E già non le ricordava con esattezza: spero che ti piaccia... spero che mi pensi...

«Nico! Nico, torne câ!» gridò la madre.

Non la ascoltò. Corse, corse e corse ancora, più veloce che poteva, nel buio pesto di una delle più corte giornate dell'inverno. Si buttò in mezzo ai campi. Le stradine ciottolate erano scure, non c'erano lampioni a illuminarle, solo una mezza luna e le prime stelle. Ci vedeva poco, ma sapeva dov'era la casa di nonno Goran. Era dopo la collina con la quercia. Dall'altra parte del crinale. 

REWIND - Amore è una parola proibita (BoyxBoy)Where stories live. Discover now