115. Un concerto dedicato a te

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Sull'eco del concerto

Che insieme ci trovò

Ripeterò ancor la strada

Che mi porta a te

(G. Calabrese, U. Bindi, Il nostro concerto, 1955)

20 marzo 2020

«Ho deciso che il tuo nome della settimana è: Teodosio.»

Nicolò quasi sputò il caffè che stava bevendo. «Non mi libererò mai di questa cazzata, vero?»

«Mai.» Leo sedette al tavolo dell'open space. Fece un cenno con la testa alla colazione di Nico. «E a me niente?»

«I pancake sono in frigo, se vuoi un caffè alza il culo e prendi una capsula. Se te lo facevo io si freddava, conoscendo i tuoi tempi biblici in doccia.»

Leo si rialzò sbuffando. «Se si freddava anche meglio, fa un caldo qua... Anzi, sai che me lo faccio shakerato? Lo shaker sta qua dentro, no?»

«Yes, scaffale alto.» 

Passarono alcuni minuti di silenzio, Nico leggeva le ultime notizie sportive dal suo cellulare, mentre finiva un delizioso pancake con frutti di bosco e Leonardo si preparava il suo caffé freddo.

«A che ora arriva?» chiese Leo. Posò sul tavolo due pancake e un bicchiere di caffè e sedette.

«Tra pochissimo, non so se fai in tempo a mangiare, l'ultimo messaggio ha detto che il navigatore le dava dieci minuti e sono passati...» Il cellulare di Nico emise un Ding. «Eccola! È qua fuori! Le apro il cancello.» Si alzò. «Maria! Sono arrivati!» gridò con la testa rivolta al piano superiore.

«Porca...» imprecò Leo con la forchetta affondata in un pancake.

«Scendo!» rispose la voce distante di Maria.

«La mangi dopo quella roba» disse Nico.

«Ho fame, me la divoro in due secondi» ribatté Leo.

Nico scrollò la testa e non insisté. Alzò il citofono e aprì il cancello, poi la porta d'ingresso, attese un minuto che la macchina entrasse nel cortile, e infine sorrise alla vista delle braccia spalancate e del sorriso a trentadue denti di una persona che non vedeva da almeno una decina d'anni: sua sorella Fulvia. 

I fratelli Bressan si andarono incontro sul vialetto e si stritolarono a vicenda in un abbraccio. «Ma perché non ci becchiamo più spesso?» fu la prima frase pronunciata dalla Fulvia.

Nico si liberò dall'abbraccio e le sorrise. «Come stai? In effetti è passato un bel po' dall'ultima volta.» Poi salutò con una stretta di mano Eric, il marito italoamericano, un sessantenne ben piazzato col cranio rasato e uno stile di abbigliamento forse un po' troppo giovanile per i gusti di Nico, e Aurora, la figlia tredicenne, una ragazzina molto somigliante alla madre, frangetta, capelli stretti in una coda di cavallo e due begli occhi scuri e vivaci.

«Ah, sì! L'Aurora aveva quattro o cinque anni, mi pare...» disse la Fulvia, proprio mentre la nipote salutava Nico con uno spigliato: «Ciao zio!»

«Ti ricordi ancora di me?» le chiese.

Lei rise. «Ma ti vedo sempre in TV, sì che mi ricordo! A proposito, posso fare un selfie con Michele?»

«Aurora, non essere invadente!» la rimproverò la madre.

Nico le sorrise. «Chiedilo dopo a lui, si sta...»

Ma la frase di Nico fu interrotta da un urlo acuto. «Non ci posso credereeee!» esclamò la Fulvia, e Nico udì la risata di Leonardo alle sue spalle. Prima ancora di andare da lui la Fulvia rimproverò il fratello: «Ma perché non mi hai detto niente? Ma siete...» Ebbe un'improvvisa esitazione. «Eh...» Stava forse per fare domande inopportune davanti a marito e figlia? «Dove sono Michi e Dani?»

REWIND - Amore è una parola proibita (BoyxBoy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora