53. Non eri solo un'abitudine

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Ho chiuso le finestre
Per non lasciare
Neanche l'aria entrare, qui
Nel buio della stanza
Si ferma la mia vita, per te
Le mie reazioni non le controllo più
Quanto mi manchi

(Alice, F. Battiato, Il vento caldo dell'estate, 1980)

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Agosto -  novembre  1986

Nic aveva mantenuto la sua promessa. Non aveva più chiamato Raf. E aveva provato a dimenticarlo.

Il primo sforzo era durato un mese.

Per un mese aveva avuto incubi ogni sera. Per un mese aveva trattenuto quel dolore imponendosi di fare altro. Per un mese si era fatto negare alle telefonate di Raf, che si erano diradate fino a sparire. Per un mese si era allenato come non si era mai allenato in tutta la sua vita, finendo per procurarsi una tendinite e una febbre da sovraccarico.

La febbre l'aveva tenuto a letto per qualche giorno, l'immobilità forzata gli aveva fatto capire che Raf non sarebbe uscito dalla sua testa.

Fu allora che decise di innamorarsi.

No, Elisa non andava bene, se ne rese finalmente conto. La lasciò. Lei pianse e lo insultò. Non si parlarono più.

Cercò un ragazzo.

Si ingegnò. Scoprì per vie traverse che esistevano dei giornali, con degli annunci. 

Incontrò un ragazzo che si era descritto come piacente, solo per scoprire che era brutto, grasso e gli mancava un dente, e rifiutò di proseguire l'appuntamento, sentendosi una merda perché lo stava rifiutando sulla base del solo aspetto fisico. 

Ne incontrò un secondo che brutto non era, ma che cercò di scoparsi Nic non appena usciti dal locale dove si erano dati appuntamento, e Nic riuscì a impedirglielo solo grazie alla sua superiore forza fisica.

Si arrese, con un'idea dei finocchi molto peggiore di quella che aveva prima e il dolore per Raf che continuava a consumarlo.

Allora provò con le associazioni, le famigerate associazioni gay di cui gli aveva parlato la prima volta il dottor Visintin a Gorizia. Aveva scoperto che Bologna era una città molto vivace, in tal senso, e a inizio ottobre aveva parlato con un rappresentante dell'arcigay locale. Era un ragazzo molto simpatico, molto gentile, e quando Nic gli chiese come facessero i gay a trovare altri gay lui gli rispose: «Ci sono dei locali, tesoro.» Nic cadde dalle nuvole.

Si presentò, ben vestito, lavato e profumato, in uno di questi posti. Era una specie di discoteca. Gli ricordò la discoteca in cui Raf gli aveva chiesto aiuto. No, non pensare a Raf, si era detto.

Dentro si ritrovò sperduto, solo, spaventato, almeno due mani sconosciute gli toccarono il culo, c'era un numero sopra la media di uomini coi baffi a torso nudo, e a lui non piacevano i baffi senza barba. C'erano ragazzi che limonavano in ogni angolo. Spaventato e disgustato da quello che gli sembrava un luogo squallido, si chiuse in un cesso, si mise a gridare per sfogare la frustrazione, un ragazzo lo udì nonostante il chiasso della discoteca fosse forte anche dentro il bagno, e quando Nic uscì gli offri «qualcosa per darsi una calmata» mostrandogli una bustina non meglio identificata.

Quell'offerta lo fece pensare a Raf e lo riempì di angoscia. 

Lo riempì di angoscia anche perché la disperazione, per qualche terribile attimo, gli aveva fatto prendere in seria considerazione l'idea di accettare, di capire perché Raf fosse così attratto da quella forma di perdizione, di capire cosa ci fosse di tanto bello, e se davvero potesse uccidere quel dolore, quella pena che gli stava consumando cervello, cuore e stomaco.

REWIND - Amore è una parola proibita (BoyxBoy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora