10. Crisi di panico

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Capitolo 10: "Crisi di panico"

Che strana che è la vita.
Un attimo prima ti fa essere felicissima, che ti sembra quasi di volare e all'attimo dopo ti attira al centro della terra e ti fa sprofondare nel più tetro scenario.
Erano passati appena due giorni, ma per me quel poco tempo era stato puro inferno.
Il 3 settembre, guardai la partita Juventus - Fiorentina con mio fratello ed è inutile dire che il pareggio ci pesò parecchio.
Ma c'era altro che mi tormentava, che appena chiudevo gli occhi tornava imperterrito a presentarsi nella mia testa.
Da quella sera, da quando avevo baciato stupidamente Elia, mi sentii uno schifo.
Perché chiudendo gli occhi mi ritrovavo lì, sulla quella panchina, al mio fianco Federico Chiesa, con i suoi occhioni dolci e quel sorriso che più volte avrei voluto strappargli dal viso.
E mi svegliavo sempre in piena notte urlando, perlata di sudore e con le lacrime che venivano giù da sole.
Esattamente come in quel momento.
Avevo il cuore che minacciava di uscirmi dal petto, lo sentivo rimbombare nei timpani, come se a momenti si rompessero.
La gola che bruciava a causa dell'urlo che avevo appena lanciato e gli occhi che faticavo a tenerli aperti.
Respiravo a fatica, quasi come se i polmoni non riuscissero a prendere abbastanza aria. E mi innervosivo ancora di più.

«Chloe!» Noah spalancò la porta e mi corse incontro. Era già la seconda notte consecutiva, che svegliavo l'intera famiglia.
Ero incapace di parlare, perché se ci provavo sentivo come del filo spinato che si stringeva intorno al collo e non mi restava che continuare a piangere come una stupida.
«Amore della mamma» mia madre fece il giro del letto e corse ad abbracciarmi.
Anche mio padre era poggiato alla spalliera del letto e mi guardava con dispiacere.
Mi sentii un vero schifo a far preoccupare la mia famiglia in quel modo.
Mi erano tornate le crisi di panico ed era una merda.
Sentivo gli occhi pesanti in quel momento e avrei solo voluto chiuderli e farmi una dormita priva di qualsiasi tipo di sogno.
Ero stanca, non avevo più forze e non riuscivo a far entrare l'ossigeno dentro di me.
E diedi la colpa a tutto quel casino che avevo in testa, quando forse la colpa era solo mia, e allora mi innervosivo di più, le lacrime scendevano più fitte fino ad annebbiarmi la vista, completamente. In questi casi, so già che da un momento all'altro sopraggiungerà il buio e poi la calma che mi cullerà per ore. Infatti improvvisamente il buio tornò a farmi compagnia, mi sentii improvvisamente in pace con il mondo intero e riuscii a staccare il cervello.

*Federico's Pov*

Ero tornato subito a casa quella sera, dopo aver litigato con Dusan ovviamente, perché la sua era stata davvero una pessima idea.
Gli avevo fatto capire in tutti i modi possibili, che tra me e Chloe non potrebbe mai esserci nulla.
Infondo volere Chloe significava mettersi in discussione con quel tale Elia e ammettiamolo era così affascinante che poteva fare il modello!
Così, dopo aver pareggiato anche con la mia ex squadra, mi ero deciso a starmene chiuso in casa per un po'.
Avevo impostato il telefono sul silenzioso e mi ero dato alla lettura, l'unica cosa che forse in quel momento riuscì ad aiutarmi a non pensare.
E il tempo sembrò quasi fermarsi per un po', e mi sembrò di essere finito come in un'altra dimensione, il che non mi dispiaceva affatto.
L'unica cosa che mi rincuorava di tutta quella situazione era il fatto che io avessi fatto il possibile per non perderla, anche se poi alla fine la persi davvero. E capii che questo non mi avrebbe portato da nessuna parte, capii che forse avevo sempre avuto ragione io, dovevo pensare al mio recupero e al mio rientro in campo. In quanto, malgrado quella stagione l'avevamo iniziata con il piede giusto, già alla seconda giornata sembrò che tutto era destinato ad andare a rotoli.
E poi decisi di mettere via il libro, perché lo stavo leggendo disinteressatamente e non avevo voglia di ricominciare a leggere per l'ennesima volta, la stessa pagina.
Era quasi l'alba, avevo passato la notte a leggere e mi importò veramente poco, quando l'occhio mi cadde sul telefono, poggiato sul piano in granito della penisola. Mi sentivo come qualcosa dentro e lo afferrai e sbloccandolo notai vari messaggi Instagram, di Chloe.
E non potevo credere ai miei occhi, ero troppo euforico per starmene lì fermo a fissare la chat chiusa.

L'intervista || Federico Chiesa Where stories live. Discover now