27. My Happy Ending (parte 3)

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L'aria fredda mi ridestò

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L'aria fredda mi ridestò.
Aprii gli occhi.
Mi ero addormentata e chissà da quanto mi trovavo là. Era come se fossi tornata in vita ma subito dopo il primo respiro, il torpore del dolore mi avvolse facendomi immediatamente realizzare perché ero là.
Non un attimo di pace.
Era chiaro che non sarebbe tornato. Mi misi a sedere tirando via la terra dal mio viso là dove aveva creato grumi con le lacrime che avevo perso.
Mi guardai attorno: ero sola nel parco, in lontananza i lampioni si erano accesi e le auto scorrevano nel traffico. Nessuno si era accorto che io ero lì.

Ripensai per un istante a ciò che mi era successo quel pomeriggio: la mia vita era stata spezzata. Eppure non ero morta. Stavo respirando, sentivo il rumore della città, erba e terra sotto le mie dita, vedevo il paesaggio davanti a me. Solo una parte era morta, l'altra era ancora viva.

Misi una mano sul petto: il mio cuore, ridotto a un ammasso irriconoscibile di carne dalle pugnalate delle sue parole, batteva ancora. Un battito lento, quasi impercettibile a volte, ma continuava a pulsare. Il sangue nelle mie vene scorreva; stavo respirando. Piano piano presi consapevolezza della vita che ancora avevo. Mi stropicciai gli occhi: avevo pianto talmente tanto da sentirli gonfi e dolenti.

Non avevo voglia di alzarmi ma qualcosa mi diceva che dovevo farlo. Cercai di concentrarmi: il giorno dopo dovevo andare a scuola e avevo la serata al Fusion con le mie amiche. Nulla di così importante. Avrei potuto evitare la vita, restando in quel parco per tutto il tempo che volevo a ripensare a lui, a cullarmi nei ricordi di una storia finita e forse mai esistita.

E a cosa sarebbe servito? A illudermi proprio come aveva fatto lui; sì, avrei potuto anche io crearmi il mio mondo apparentemente perfetto che mi isolava dalla realtà, che mi allontanava dal dolore e dalle sofferenze. Ma questa non era vita. Questa era la dimensione del sogno.

Eppure, c'era qualcosa che dovevo fare quando mi sarei decisa a tornare nel mondo reale. Ed era importante, ne ero sicura. Sbuffai o almeno pensai di farlo. Ancora cinque minuti.

Come se la sveglia fosse suonata e io non volessi alzarmi per andare a scuola; si stava bene sotto le coperte e volevo continuare a sognare ancora un po'. Sì, che male c'era se fossi rimasta lì a sonnecchiare per qualche minuto ancora? Nessuno se ne sarebbe accorto.

Il mondo sarebbe andato avanti anche senza di me...

Una crepa nel mio mondo perfetto. I ricordi stavano tentando di bussare alla porta ma io continuavo a lasciarli fuori. Avrei dovuto svegliarmi, non c'era più tempo per dormire ma non era quello che volevo.
Idea: dormiveglia.
Avrei vissuto tra il sogno e la realtà fintanto che il sonno non fosse scomparso del tutto. Sì, nessuno se ne sarebbe accorto.

Farmela pagare.

Cosa c'entravano quelle ultime parole? Non avevano affatto senso. Chi aveva un conto con me e per quale motivo? Oddio...

Ebbi un'illuminazione: Andrea. Era in pericolo. Lui aveva un regolamento di conti con quel ragazzo e io dovevo andare ad avvisarlo. Ecco perché ero tornata. Mi meravigliai della facilità con cui pensavo a Lui: tuttavia, si trattava di un significante senza significato, un bozzolo vuoto. Non aveva volto, non aveva identità. Era solo Lui.

Soundtrack:LoveWhere stories live. Discover now