Parte IV - Il cappuccio

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Eleonora strabuzzò gli occhi. 

Cazzo, ricevere una canna di lemon haze buona, per giunta in regalo, non era cosa di tutti i giorni. Sorrise e allungò la mano per prenderla, sfiorando volutamente quelle dita sottili che tanto la attraevano. 

Scoprì che erano anche morbide e calde.

Sì, senza ombra di dubbio, quel ragazzo che l'aveva chiamata "piccere'" e che era palesemente più grande di lei, le piaceva, e anche molto.

«Mi chiamo Eleonora e no, non sono di Napoli. Per essere precisi sono arrivata da poco da Livorno, ma non sono neanche nata lì... Vabbè dai, è una storia troppo lunga...» Avvicinò la fiamma dell'accendino al joint e aspirò per accendere.

Era decisamente roba buona.

Sentì la testa diventare più leggera e le venne stranamente voglia di parlare.

«Il Natale mi fa schifo, è una festa del cazzo per me, non ha senso, non sono cattolica, della religione non me ne frega niente! Quello di quest'anno poi, anche peggio degli altri passati, e allora ho deciso di staccare. Alla stazione le scelte erano due: Napoli o Milano. Ma una come me a Milano che cazzo ci va a fare?»

Un altro tiro di paradiso e continuò «E tu invece? Che ci fai qui a quest'ora? Non ce l'hai una casa, dei genitori, una ragazza?».

Stava decisamente straparlando. Ma era davvero curiosa di sapere qualcosa in più su di lui, come era anche curiosa di vedere come fossero i suoi capelli. Ma il coraggio di togliergli il cappuccio del bomber proprio non ce l'aveva. Un altro tiro di canna e forse lo avrebbe trovato.

«Hai ragione, Milano non è granchè, ci sono stato per la prima volta qualche mese fa» rispose Filippo, cercando di sviare via il discorso dallo spinoso argomento "ragazza", ma pentendosi anche subito di aver nominato Milano, visto che pure quella gitarella era finita decisamente in vacca. 

Trovò facile appiglio nel resto dei vaneggiamenti amareggiati di Eleonora «Invece Livorno non so manco dove sta! In Romagna? Mi sa che la confondo con Rimini...» rise goffamente della propria ignoranza, quasi strozzandosi con la boccata di fumo appena aspirata.

Anche Eleonora rise di gusto. Livorno in Romagna proprio no. «Toscana! Livorno è in Toscana, altro che Romagna e Rimini!». Non era mai stata un asso in geografia, ma il bel tipo misterioso che aveva di fronte faceva davvero pena.

Però le piaceva sentirlo parlare, con quell'accento tondo e avvolgente. Le parole che pronunciava le sembravano dolci e musicali. Le metteva allegria e lei, nella sua vita, di allegria aveva davvero bisogno.

Con occhi curiosi, il ragazzo tese di nuovo una mano a Eleonora, stavolta per presentarsi «Filippo, piacere. Sono pronto a partecipare alla gara su chi odia di più le feste comandate, se ti va» rispose, «E, purtroppo, non ho avuto la prontezza di scappare lontano oggi, come hai fatto tu. Casa mia sta a un paio di chilometri da qui» indicò in direzione del Monte Echia, scrollando le spalle.

Si rese conto che avrebbe dovuto chiedere a sé stesso tutte quelle legittime domande, magari prima che gliele ponesse l'intrusa della sua serata da eremita. Invece si ritrovò a non avere risposta, impreparato e scosso, «Non lo so perché sto qui, invece di accontentare mia madre e andare a schiattarmi in corpo il cenone a casa di nonna» spiegò, di getto «Ho pensato solo che, se non potevo passare la serata con l'unica persona con cui avrei voluto, allora preferivo passarla completamente da solo».

Guardò lo spinello consumarsi tra le sue dita, prima di cacciarsi l'ultimo tiro in gola e lanciare un'occhiata divertita all'inaspettata compagnia «E invece sei arrivata tu!» esclamò.

Le riflessioni di Filippo sul cenone con la nonna e la mamma, avevano spinto di nuovo i pensieri di Eleonora sulla sua situazione. Quelle parole erano ormai prive di significato, per lei che una mamma non l'aveva più e una nonna non sapeva neanche cosa fosse.

Per una frazione di secondo, il suo sguardo si era velato di lacrime. Allora aveva distolto gli occhi dal bel volto di Filippo per guardare verso il mare e, senza neanche rendersene conto, aveva poggiato la testa sulla spalla di lui.

L'aveva sentito sobbalzare leggermente a quel contatto inaspettato, ma non si era spostato. Per qualche secondo erano rimasti così, in silenzio, entrambi assorti a guardare le onde scure e placide tutte intorno.

«Uè uè, tutt'a post'?» sussurrò Filippo, dopo aver lasciato un po' di tempo a Eleonora per riprendersi. Gli era sembrato di vederla piangere, all'improvviso «Stavo scherzando eh, non mi ha dato così fastidio il fatto che sia arrivata tu!» e rise, per sdrammatizzare.

Certo era strano che una ragazzina di quell'età fosse in giro da sola, per Napoli, a centinaia di chilometri da casa, che poi aveva detto non essere proprio casa sua... Che storia! «Ti va di parlarne?» chiese ancora, anche se forse non era il caso. Allora aggiustò subito il tiro «Oppure fammi altre domande strane, dai, così ti distrai?».

Tanto di stranezze, nella sua vita, ce n'erano già in abbondanza. Una in più o in meno non avrebbe fatto nessuna differenza.

Bella domanda "Ti va di parlarne?". Eleonora, delle sue cose, non parlava mai con nessuno. Eppure quella sera si sentiva diversa. Forse perché era la notte di Natale ed era in quel posto bellissimo con uno sconosciuto, o forse gli effetti del joint. Non riusciva a spiegarlo, ma le venne voglia di condividere con lui qualcosa di sé stessa. E, senza neanche pensarci troppo, gli raccontò dei suoi genitori, delle sue origini rom-albanesi, di quanto le facessero male i pregiudizi della gente, di come si sentisse di merda a essere schifata da tutti, parenti compresi. Di quanto si sentisse sola.

Filippo la lasciò sfogare in perfetto silenzio, paralizzato da quell'improvviso flusso di coscienza che aveva scatenato nella ragazza, ma di cui si rese subito conto che lei avesse veramente bisogno. Ma, non sapendone un cazzo né di rom, né di albanesi, e volendo ampiamente sorvolare sul discorso "spaccio", che lo toccava troppo da vicino, decise di lasciarla parlare senza fare commenti.

La ragazza, finalmente, dopo quel fiume di parole, trovò il coraggio per togliergli il cappuccio del bomber per vedere come fossero i suoi capelli. Sorrise nello scoprire che erano esattamente come li aveva immaginati dall'inizio: bruni, un po' mossi, con un bel ciuffo che libero, ricadde morbido sul bel viso spigoloso di Filippo. E lei non riuscì dal trattenersi dal rimetterglielo a posto, passandoci dentro le sue dita incerte.

Se ne pentì subito dopo. "Penserà che sono una sfacciata!".

Ritirò rapidamente la mano, ma ormai la cazzata l'aveva fatta. Pazienza!

«Scusami» sussurrò quasi tra sé e sé «Di solito parlo poco di me e invece, sarà stato l'effetto dell'erba, ma ti ho riempito la testa di un sacco di chiacchiere. Scusami anche per il cappuccio, ero troppo curiosa di vedere i tuoi capelli.» Fece spallucce e si strinse addosso l'eskimo verde sbiadito che faceva parte del suo travestimento preferito. 

@Emmeffelove

Una notte (di Natale), a NapoliTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang