Parte VII - La sfogliatella

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Eleonora storse le labbra in una smorfia di disappunto. No, non aveva nessuna voglia di ritornare a Livorno. Che la cercassero pure. Non gliene fregava un cazzo se i suoi momentanei genitori fossero in ansia o meno, se gli avesse rovinato il Natale, se li avesse delusi ancora una volta.

Lei era una delusione per tutti, lei era quella sbagliata. Anche ora si sentiva così.

«Ho capito, ti vuoi liberare di me. Beh infondo hai ragione, sono piombata qui a romperti i coglioni mentre tu volevi fumare da solo e soffrire pensando alla tua tipa che non ti fila manco per niente!»

Lui tacque e lei iniziando a sentirsi di troppo, si alzò lentamente. Chissà come doveva essere carina la ragazza che riempiva i pensieri di Filippo. Bionda, la immaginava bionda e con gli occhi chiari. L'esatto opposto di quello che invece era lei. L'immaginava anche elegante e sicura di sé. Invece lei era lì, infagottata nel suo eskimo, nella sua salopette di jeans e nella sua felpa gigantesca. Come poteva aver pensato di piacere a un ragazzo come Filippo? Che stupida che era stata.

Forse era meglio tornare a Livorno e chiuderla lì la parentesi partenopea. Ingoiò un po' di risentimento e si ricordò di una cosa che si era ripromessa di fare prima, quando era in treno e cercava notizie su Napoli. Voleva mangiare una sfogliata riccia!

«Va bene dai, riaccompagnami alla stazione. Ma prima mi devi fare un favore, ti va? Ci sarà una pasticceria aperta a quest'ora? Ho voglia di mangiare una riccia!». E rise, tornando improvvisamente allegra e su di giri. Gli afferrò con entrambe le mani la manica del bomber, e iniziò a strattonarlo per mettergli fretta.

Filippo era confuso. Così confuso da irrompere in una fragorosa risata, nonostante la brutta botta della battuta di Eleonora sul fatto che soffrisse per una ragazza che non se lo inculava. Anzi, forse rise fino alle lacrime in parte anche per quello, una liberatoria risata amara e disperata.

«Piccerè, sì proprio 'nu terremoto!» esclamò. Eppure, c'era qualcosa in quegli sbalzi d'umore, voglie improvvise e decisioni ferree, che gli ricordò Elena «Forse non è un caso che abbiate anche un nome simile» disse, ma si pentì di averlo detto ad alta voce, perché la sua intenzione era che rimanesse solo un pensiero fulmineo.

Le mise il braccio da cui lei lo stava tirando attorno alle spalle, e la strinse con calore «Jamm' bell', mo ti offro la sfogliatella più sporca e golosa di tutta Napoli!» e cominciò a fare strada verso il molo Beverello e Via Marina, «Però non lo dire più che sono uno sfigato ja', che già mi basto io a dirmelo da solo finché non finisco a fare l'eremita, pure la notte di Natale» e stavolta era serio, piantò lo sguardo per terra e si morse il labbro con disappunto.

«Filippo, se sei sfigato tu io allora cosa sono?» Eleonora rise nel dirlo e si sistemò meglio sotto il braccio del ragazzo strusciandosi come un gatto in cerca di tepore. «Ma scusa l'ignoranza... ho capito golosa, ma perché la sfogliatella deve essere sporca?»

«Sporca è il nostro modo per dire golosa, ricca, eccessiva!» continuò Filippo, facendo ampi gesti col braccio libero per enfatizzare la "sporcizia" delle celebri leccornie de "Il Ciottolo", uno dei bar più famosi di Napoli. «Ma se ne vuoi una "pulita" ti porto da un'altra parte» aggiunse, ridendo.

«Macchè! Se è quello il significato, io la voglio sporchissima!» Ele incastrò le sue dita in quelle della mano che Filippo le poggiava sulla spalla. Le faceva bene quel contatto cercato da lui. Riusciva a sentire meno l'ansia che stava iniziando a divorarle lo stomaco al solo pensiero di riprendere il treno per Livorno.

E quando Filippo le porse la sfogliatella calda appena sfornata, lei lo capì perfettamente cosa significava 'sporca'. Al primo morso si perse nello scrocchio della pasta sfoglia, nel sapore di vaniglia della ricotta tiepida, nella dolcezza dei canditi. 

Dio che cosa sublime era quel dolce. 

«Cazzo Filì! È meglio di un orgasmo!»

Forse avrebbe potuto usare un termine più elegante, da signorina per bene. Ma lei voleva rendere l'idea di quello che stava provando e cercò negli occhi del ragazzo, l'approvazione a quella sua uscita estemporanea.

Filippo annuì soddisfatto, sia dell'apprezzamento oltremodo euforico della ragazza, che del suo cornetto caldo e grondante di Nutella, «Finalmente qualcuno che apprezza se gli offro una sfogliatella!» appurò sorridendo, ma con una punta agrodolce nel tono.

Quante riflessioni gli stavano sorgendo in testa, grazie alla strana nottata spesa con quella ragazzina. Sentiva tanti sentimenti contrastanti battergli in petto. Da un lato, quando lei si era avvicinata spezzando di botto il suo momento di nostalgia e solitudine, avrebbe voluto sbottare, come Troisi, un esasperato "Voglio solo soffrire, non mi distraete!". Poi, invece, era stato travolto come un'onda anomala dal carattere di Eleonora, così intenso e passionale, nonostante la giovane età e la vita incasinata come poche. Si sentì un cretino, ma anche più leggero.

Fissandola addentare la sfoglia croccante le chiese, d'impeto «Hai un altro desiderio che posso aiutarti a esaudire, prima di tornare a Livorno?».

Eleonora lo guardò, presa in contropiede da quella domanda. "Eh ne avrei di desideri che potresti esaudire, mio bel Filippo! Peccato, però, che non mi sembra proprio il caso di confessarteli" pensò tra sé e sé, allusiva.

Scosse la testa per dirgli che no, non ne aveva, e intanto, senza accorgersene, si leccò le labbra per pulirle dalle ultime goduriose briciole della sfogliatella. Lo fece ingenuamente, senza doppio fine. Poteva restare solo il gesto da ragazzina golosa, ma si accorse che, finalmente, aveva attirato lo sguardo di Filippo nel modo in cui aveva sperato per tutta la serata. I suoi begli occhi bruni avevano seguito, con molta attenzione, il tragitto della sua lingua attorno alla bocca.

«Quanto manca alla stazione?» Chiese, per stemperare la strana tensione che si era venuta a creare. Interruppe così anche il flashback del capodanno dell'anno precedente che ebbe Filippo, quando si era trascinato Elena in camera dello zio di Carmine dopo che si era leccata le labbra dalla cioccolata in quello stesso modo.

«Dieci minuti, è proprio qui dietro» rispose lui, fingendo noncuranza. Tuttavia si sorprese della risposta negativa della ragazza, alla sua offerta di fargli da genio della lampada. Quasi si aspettava qualcosa di più, anche se non sapeva dire cosa. Aveva creduto di piacerle, almeno così gli era sembrato di intendere da come lei si era comportata sugli scogli, invece probabilmente aveva preso un abbaglio.

"Mi sa che non ci so più tanto fare, con le ragazze" sospirò nella sua testa, ma con spirito ironico.

Si cacciò entrambe le mani sul fondo delle tasche del bomber e fece cenno con la testa verso i vicoletti del quartiere mercato, che aveva già iniziato a brulicare di bottegai e ambulanti della prima ora, «Di qua».

Eleonora lo seguì in silenzio, ma l'improvviso distacco e la freddezza di Filippo la delusero.

Che cosa voleva sentirsi rispondere a quella strana domanda che le aveva fatto?

Lei un desiderio lo aveva, e anche abbastanza prepotente. Perché era fatta così, se un ragazzo le piaceva sul serio, non ci pensava due volte. Da quando aveva iniziato ad approcciarsi a Filippo, avrebbe voluto che lui le manifestasse il suo interesse da quel punto di vista. Ma lui era rimasto sulle sue, sempre sulle sue, nonostante i suoi tentativi di coinvolgerlo. Alla fine si era arresa all'evidenza che quel bel ragazzo fosse troppo preso a piangersi addosso dietro alla sua ex e che, forse, la considerasse anche un tantino brutta e insignificante.

Se solo lui avesse provato a guardarla con occhi diversi, se avesse fatto qualche gesto in più, le cose sarebbero potute andare diversamente.

Ora però era troppo tardi per ripensarci.

Una notte (di Natale), a NapoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora