Parte VII - L'Ammuina

159 11 22
                                    


«Filippo, ho capito che hai fretta di liberarti di me, ma che ne dici di rallentare il passo?» Eleonora lo afferrò per il braccio cercando di ristabilire quel contatto perso.

Filippo si rese conto di aver accelerato improvvisamente, senza che ne avesse coscienza. Sarà stato perché il bordello del mercato gli metteva sempre ansia, o cos'altro? Forse era la responsabilità di portare in giro una ragazzina straniera in un quartiere come quello, a quell'ora dell'alba, che iniziò a mettergli addosso una fretta immotivata. O, magari, era stato il suo calo di autostima a fargli desiderare di togliersi da mezzo a quella tarantella il prima possibile.

Si voltò a guardare Eleonora, quasi con sorpresa di vedersela ancora accanto, quando questa si impadronì di nuovo del suo braccio. Che begli occhi che aveva, lo notava finalmente solo ora che i fiochi raggi pastello del sole nascente avevano iniziato a illuminare meglio il viso della ragazza.

Sospirò interiormente "Oj Lenù, oj Lenù, quanta pelle aggia perso pe' te! Famme chiavà..." canticchiò una voce amara e ironica nel retro della sua testa. Ma si imbarazzò di pensare una cosa così volgare di una ragazza più piccola, per quanto il viso di Eleonora non lasciasse trasparire poi molto della sua giovanissima età. Erano occhi molto più profondi di una normale quindicenne, quelli, e lui li poteva riconoscere meglio di chiunque altro, perché li aveva avuti anche lui così a quell'età.

«Scusa» sussurrò, con un filo di voce. Si guardò intorno per cercare di tornare al presente, e smetterla una volta per tutte di cercare di rivivere l'anno precedente nella sua bacata fantasia. Indicò le bancarelle appena montate sotto Porta Nolana «Ti interessa vedere il mercato?».

Eleonora riportò il braccio di Filippo sulla sua spalla e intrecciò di nuovo le dita alle sue.

«Sì, Filippo, mi interessa il mercato, mi interessi tu, mi interessa qualsiasi cosa mi possa trattenere qui con te e non mi costringa a riprendere il treno per Livorno!»

Finalmente glielo aveva detto! Le era tremata un po' la voce, ma proprio non c'era riuscita a trattenersi.

"Che cazzo Eleonora, ma tacere no? Ora penserà che sei un accollo!" La sua coscienza le presentò subito il conto.

Volse timidamente lo sguardo verso di lui, aspettandosi di trovarlo già con gli occhi rivolti al cielo per la noia di quella sua rivelazione. Invece lui, con occhi sorpresi ma addolciti, le sorrise.

Mica male! In un nanosecondo gli aveva fatto tornare un po' dell'autostima perduta.

«Ah sì?» ghignò, malizioso, con lo sguardo fisso negli occhi di Eleonora «E sentiamo, cosa ti interessa tanto di me? Sono solo uno sfigatello napoletano che suona il pianoforte, te l'ho già detto».

«Filippo, tu per i miei gusti fai troppe domande!» Sbottò Eleonora.

Insomma aveva capito che se non avesse preso lei l'iniziativa, lui non avrebbe mai fatto il primo passo. Allora decise di agire a modo suo, pronta già a pagare le conseguenze di un suo rifiuto.

Si aggrappò al bavero del suo bomber e lo tirò verso di se, incollando le labbra a quelle di lui. Un morso lieve e la reazione di Filippo fu immediata. Dischiuse la bocca quel tanto che bastava per permettere alle loro lingue di incontrarsi, timidamente.

E no, non era questo che Ele voleva, non erano questi i baci che la facevano impazzire. Capì che ancora una volta, doveva essere lei a guidarlo in quello che le piaceva di più. Spostò le mani dal collo del bomber al viso spigoloso di Filippo, accarezzando la barba morbida e lo avvicinò ulteriormente, imprimendo nuova forza a quel bacio delicato. E finalmente la bocca di Filippo le aprì le porte del paradiso. Un bacio forte, profondo, da divorarsi la bocca e la lingua. Da respirarsi l'anima a graffi e a morsi.

Questo significava per Eleonora Viiperi baciare!

Filippo sapeva di limone, fumo e cioccolata ed Eleonora si pentì di aver perso tutto quel tempo a farsi un sacco di pare sul fatto che magari non gli piacesse.

Perchè invece, da quello che poteva finalmente sentire, a Filippo lei piaceva eccome.

Lui si lasciò andare con trasporto: era da tanto, troppo tempo, che non baciava più qualcuno a quel modo. Quello che non si aspettava, era che fosse una quindicenne ad averlo spronato.

Quando le loro labbra si staccarono, quasi di malavoglia, la squadrò di nuovo dalla testa ai piedi, con molta più attenzione di quanta ne avesse messa in tutta la notte «Sei sicura di avere davvero quindici anni?!» esclamò, incredulo.

Eleonora era una bella ragazza. Decisamente il suo tipo: bruna, bassina, occhi pazzeschi. Eppure si sentiva colpevole se immaginava di accontentarla, andando troppo oltre quel bacio. Ma chissà quanta passione ci metteva a letto, quella ragazzina, se in un bacio era già così prorompente...

Lo "salvò" il cellulare. Ovviamente era Carmine, l'unico che avrebbe mai potuto chiamarlo a orari così improbabili. Si aspettava che sarebbe venuta anche a lui l'appocundria, mo che stava per arrivare capodanno e non l'avrebbero più passato tutti insieme con Teresa.

Lanciò un'altra occhiata verso Eleonora, stavolta davvero dispiaciuto di doverla salutare. Ma non voleva più farlo nel modo brusco con cui l'aveva fatto prima. Non se lo meritava.

Le prese la mano e l'attrasse a sè, stringendola forte e baciandole i bei capelli bruni.

«Perdonami. Ti meritavi di trovare qualcuno di molto meglio di me su quegli scogli, stanotte» la baciò di nuovo, accarezzandole il viso e il collo con entrambe le mani «Spero che non ti resterà un brutto ricordo di Napoli per colpa mia. Ma devo proprio andare».

Con la coda dell'occhio, vide il tipo della bancarella dietro di lei che stava appendendo alla stampella appendiabiti una serie di grucce con felpone enormi come quella di Eleonora. Ognuna aveva una frase napoletana diversa stampata sul retro, ma a lui colpì particolarmente quella color petrolio con la scritta "Ammuina".

Si avvicinò, senza pensarci troppo, al vecchio e comprò proprio quella felpa extralarge. La piegò e la porse a Eleonora «Per farmi perdonare. Non ti scordar di me, buon Natale» disse.

Eleonora ancora sconvolta dall'impetuosità del bacio appena terminato prese la felpa e se la strinse al petto. Cazzo, sentiva le lacrime che le pizzicavano gli occhi. Si morse le labbra. No, non voleva piangere. Così facendo avrebbe dimostrato di essere quello che era davvero: solo una ragazzina di quindici anni che aveva sogni e desideri più grandi di lei.

«Io non mi scordo di te, Filì. Ma tu ogni tanto prometti di pensarci a questa notte!»

Senza aspettare una sua risposta si avviò verso l'ingresso della stazione impedendosi di voltarsi.

Allungò il passo, iniziando quasi a correre, per non darsi il tempo di pensare, per non permettere al suo cuore di costringerla a tornare indietro.

Si fermò lungo il binario in attesa dell'arrivo del treno per Livorno e si accese una sigaretta. La sua fuga partenopea finiva qui. Lasciava Napoli con il ricordo di una notte strana, di un incontro imprevisto, di una canna di lemon haze e di una passione morta prima ancora di nascere.

Un tiro di Camel e sentì l'altoparlante annunciare l'arrivo del treno. Schizzò la sigaretta e si apprestò a salire.

Si voltò, chissà forse con la speranza di vederlo lì a salutarla per l'ultima volta. Ma dietro non c'era nessuno.

Si sedette al primo posto libero, infilò gli auricolari nelle orecchie, alzò il volume della musica al massimo e aprì la felpa, poggiandola sul sedile vuoto di fronte a lei. Ne lisciò le grinze e lesse la scritta: Ammuina.

"Che scema che sei Eleonora! Neanche gli hai chiesto di spiegarti cosa significa!"

Una notte (di Natale), a NapoliWhere stories live. Discover now