Capitolo 8

37 6 6
                                    

Thalion è cupo e devo ammettere che questa improvvisa richiesta un po’ mi spaventa. Non ha la solita espressione divertita o schernitrice che si porta dietro, perciò, la mia preoccupazione aumenta a un livello ancora maggiore.

Attendo che riprenda a parlare.
«Vorrei proporti una cosa» si ferma di nuovo. Sta scegliendo con cura le parole, sta notando l’effetto che hanno in me, nonostante io cerchi di evitarlo con tutte le forze.

Le dita picchettano sul mento, sinonimo dell’agitazione che provo. Il mio corpo è sempre un traditore, non risponde ai comandi del cervello, spesso agisce per conto proprio.

«Ho constatato che sei pazza davvero»

«Oh, beh, grazie tante, mi pareva di avertelo già detto» lo interrompo. Mi ammonisce con gli occhi e rimango immobile, aspettando che proceda una seconda volta.

«Dicevo, ho constatato la tua pazzia e io ho una vita particolarmente noiosa ora come ora, pertanto vorrei proporti un affare, o un gioco, non so ancora come chiamarlo» mormora appoggiando la schiena, totalmente dritta, sullo schienale. Assume un’aria mascolina, virile.

È pressoché impossibile staccargli gli occhi di dosso.
«Okay, dimmi» mormoro, continuando a fissarlo.

«30 sfide per te» dice solo, sollecitando la mia curiosità. Fa delle pause enormi tra una frase e l’altra, rimane cauto a godersi – o studiarsi – ogni mia reazione.

Tenta di parlare di nuovo, ma mi intrometto. «Accetto» affermo con convinzione.

«Non sai neanche in cosa consistono!» brontola alzando di poco il tono, poi è costretto a sussurrare dato che la signora della biblioteca ci impone di fare silenzio.

«Non importa. La mia vita è più noiosa della tua, sicuro mi divertirò. Ah, però ho delle condizioni»

«Certo, allora quello che ti posso dire intanto io è che alternerei sfide semplici a quelle più extreme e inoltre, puoi decidere se…»

«Aspetta» lo interrompo. «Rendi le cose più interessanti, iniziamo subito. Per fare una cosa divertente e fatta bene, discutiamone in un luogo come un vero affare. Che sia a cena fuori o in una sala dell’università, qualcosa di più specifico. Vestiamoci anche di tutto punto, prepara una cartellina» inizio a parlare a raffica, sembro averlo confuso, ma vedo anche che scarabocchia qualcosa su un foglio che portava con sé. Intuisco che sta valutando la mia proposta.

Dopo svariati minuti di totale silenzio, acconsente. «Ti mando l’indirizzo stasera» aggiunge dileguandosi. Prima di sparire dietro l’angolo però, mi regala un sorriso.

Un gesto così inaspettato che non so come reagire, rimango imbambolata a guardare di fronte a me.

«Che hai da sorridere tanto?» la voce di Ian mi giunge alle orecchie così vicina da provocarmi un brivido.

Sto per rispondere, ma rifletto un attimo su ciò che ha appena detto il biondino. Stavo sorridendo?

«Niente di che, che fai qui?» dico invece, sviando il discorso. Prende posto di fronte a me, iniziando a fare domande su quanto accaduto poco prima a lezione. Conversiamo animatamente per circa mezz’oretta e in questo piccolo lasso di tempo, veniamo sgridati almeno dieci volte della signora.

Soffoco una risata in più, quando Ian attacca a parlare di quella volta che con suo fratello ha quasi bruciato il divano di casa.

«Sei proprio bella quando sorridi sai?» commenta a un tratto. Lo fa con una naturalezza disarmante che porta anche me a deporre le armi di guerra. Non credo ai complimenti che mi vengono fatti da esterni, sono molto diffidente. Eppure, il suo tono affettuoso, mi fa quasi credere che io sia davvero bella quando sorrido.
«Non sono stupenda sempre?» lo prendo in giro.
«No, certo che no. La scorsa volta, mentre vomitavi non eri di certo bella» replica con ilarità. E proprio come la scorsa frase, anche questa verità viene espressa con naturalezza. Per questo viene facile credere a Ian: è sincero. Non ti dice le frasi per conquistarti, non ti dice le cose perché te le vuoi sentir dire. No, lui espone ciò che prova.

30 Challenges for youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora