𝟓- 𝐀𝐦𝐞𝐫𝐢𝐜𝐚𝐧 𝐈𝐝𝐢𝐨𝐭 è 𝐥'𝐚𝐥𝐛𝐮𝐦 𝐩𝐢ù 𝐟𝐚𝐦𝐨𝐬𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐆𝐫𝐞𝐞𝐧 𝐃𝐚𝐲

435 45 140
                                    

Karaoke a Tokyo

Undici anni prima

Maia doveva iniziare da qualche parte, ma non aveva idea da dove partire. Fissava con aria spaesata la superficie silenziosa e ruvida del cartone.

Cosa diavolo avrebbe dovuto scriverci sopra?

Tutto ciò che sapeva riguardo al pianeta Terra si riassumeva in poche informazioni: era grande e c'era un sacco di acqua tra un continente e l'altro.

Non desiderava esplorarlo: lì fuori non esisteva alcunché in grado di dissuaderla dalla sua scelta.

Eppure la sua indolenza non cancellava la sua promessa. Forse, sarebbe stato più opportuno considerarla una sfida, a cui non aveva potuto sottrarsi, o un'inevitabile odissea, che doveva portare a termine se sperava di tornare a casa, dove ad attenderla non avrebbe trovato Penelope; ma Ade e la sua gelida accoglienza.

Aveva giurato di girare il mondo e di fare tutto ciò che aveva sempre desiderato; anche se, in cuor suo, sapeva di non aver mai desiderato niente davvero. Ma aveva amato davvero la persona a cui lo aveva promesso; dunque, deludere le sue aspettative, e venire meno alla parola data, era fuori questione.

Si decise ad afferrare la sua penna glitterata preferita; poi andò a sedere accanto al vecchio e consumato mappamondo di plastica che le aveva regalato il nonno.

Ora sapeva da dove cominciare: doveva associare delle esperienze mai fatte prima alla natura di un luogo o alla cultura del suo popolo.

Non sarebbe stato facile trovare qualcosa da fare che le piacesse davvero; a primo impatto, tutto le sembrava inutile e vuoto di senso.

E ancora più arduo sarebbe stato abbinare delle tappe da visitare alle attività che la sua mente doveva sforzarsi di partorire: d'altronde, lei aveva lasciato la scuola prematuramente e le sue conoscenze geografiche scarseggiavano senza alcun pudore.

Tuttavia, prima che lei potesse rendersene conto, la sua mano si stava muovendo sul cartone: fu così che nacque il primo punto della lista; senza annunciazioni grandiose e sgattaiolando di soppiatto da una angusta apertura della sua mente fino a inciampare in un momento privo di gloria e di solennità. Maia immaginava che, un giorno, la morte sarebbe venuta a prenderla proprio nello stesso modo; o piuttosto, sarebbe stata lei ad andarle incontro in quella maniera.

Abbassò lo sguardo sulla sua tela modesta e lesse la parola "karaoke".

Ricordò, in un guizzo di memoria e di luce, il Natale in cui i nonni le avevano regalato il suo primo microfono bluetooth: era diventata all'istante un'ossessione. Dopo aver ricevuto l'affezionato presente, era diventata un'abitudine passare tutti i pomeriggi dopo scuola a cantare: si piazzava in camera sua, cercava i testi su Google e usava uno stereo, vecchio e decrepito, per far risuonare le basi musicali.

In verità, non era mai stata particolarmente portata per il canto; anzi, si era rivelata fin da subito piuttosto stonata.

Ma le canzoni erano in grado di comunicare ciò che portava dentro e che nessuno sarebbe riuscito a tirarle fuori altrimenti. Mentre il karaoke le permetteva di poterlo fare con la sua stessa voce, liberandola finalmente da quelle matasse di pensieri ed emozioni represse.

La musica l'aveva sempre resa meno sola.

Ma gli anni erano passati in fretta; il microfono era sparito sotto scatoloni macigni, dentro un garage lontano, e lei aveva smesso di cantare.

Aveva soltanto quattordici anni; ma la sua vita era già adulta e disincantata, come una stanza insonorizzata dove il suono non riusciva a trapelare né dall'esterno né dall'interno.

Ciò che la morte non ti regala Where stories live. Discover now