𝟖𝟒- 𝐍𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐬𝐜𝐞𝐧𝐝𝐞 𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐨𝐦𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐢𝐫𝐞𝐧𝐚

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Vedi Napoli e poi muori

«Maia?»

Sentendosi chiamare, la ragazza si sollevò sui gomiti: vide l'infermiere Luciano sulla soglia della sua stanza d'ospedale. Indossava la solita divisa, colorata di blu scuro, proprio come i suoi occhi vispi, e si teneva appoggiato con una mano al carrello ospedaliero che trasportava.

La barba e i lunghi capelli canuti brillavano come fiocchi di neve nella luce fredda del corridoio. Il suo viso, invece, era bello e dorato: portava incastonato nella pelle il bacio di un sole lontano; quello della sua terra, l'Italia.

Non appena incontrò il suo sguardo, furbo e mansueto al contempo, lo vide portare la parte interna del gomito alla bocca; e di colpo, nel corridoio desolato a causa dell'ora, rimbombò l'eco di una pernacchia.

Maia scoppiò a ridere: le faceva sempre lo stesso scherzo, ma lei ci cascava ogni volta.

Anche se si conoscevano da pochi giorni, ormai sarebbe stata capace di riconoscerlo ovunque: il suo accento carismatico, il modo di gesticolare e di muovere la testa quando parlava e la sua inesauribile allegria; tutti questi piccoli elementi uniti causavano dipendenza. Era un po' come concedersi un sorso d'espresso e ritrovarsi subito dopo a desiderarne altri tre: parlando con lui una volta soltanto, aveva sentito il bisogno di continuare a farlo. E da allora non avevano più smesso.

Luciano era l'unica persona in quell'ospedale incapace di deprimerla. Per il resto, ogni cosa era una tortura: l'odore pungente del disinfettante, i suoni dei macchinari lontani, il bagliore della luce nella sua stanza; era gelida e accecante. Guardando la plafoniera più a lungo del dovuto, si percepiva negli occhi una bufera di neve.

Luciano si decise a entrare: varcò la soglia, seguito dal carrello. Fatta eccezione per quello di Maia, gli altri due lettini della camera erano vuoti. Prese posto sulla sedia che le aveva lasciato accanto la notte scorsa. Era da diversi giorni che, durante il turno, si ritagliava dei momenti per farle visita e aiutarla a dormire: il costante dolore fisico le rendeva difficile rilassarsi . Nessun altro si era presentato per quella giovane ragazza.

«Ho una bella notizia per te: non verrai più dimessa domani»

Il terrore si manifestò sul viso di Maia non appena comprese le sue parole; scosse la testa e le mani con fare compulsivo. «Deve esserci un errore: io non posso permettermi altri giorni di ricovero, non sono assicurata. Con i miei risparmi posso pagare soltanto l'operazione e questa settimana di ricovero, nient'altro»

«Ho parlato con un avvocato, un amico mio, e abbiamo trovato il modo di farti rientrare in un programma statale», la rincuorò con un sorriso.

La ragazza si ammutolì di colpo. Lo guardò a lungo prima di chiedere con voce spezzata dalla commozione: «Davvero?»

Per tutta risposta, l'infermiere si alzò, si piegò su di lei e le accarezzò il viso in quel modo che apparteneva soltanto a lui: accoglieva tra l'indice e il medio il suo mento e faceva scivolare le dita; poi le allontanava per scoccare un bacio rapido sulle nocche.

No, non era vero: Luciano si era proposto di pagare le spese anonimamente.

Aveva curiosato tra i suoi dati personali: sapeva che non aveva un lavoro né una casa. Era quasi come se non esistesse davvero: tra le pagine di quelle scartoffie, risultava come un miraggio con un nome, un cognome e una data di nascita; ma niente di più.

Quando aveva saputo della sua dimissione, si era rifiutato di accettarlo: l'aveva seguita personalmente ed era a conoscenza delle sue condizioni precarie.

Ciò che la morte non ti regala Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora