|7| Cosa ti ho fatto?

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CHANEL
Gli attacchi di panico sono il frutto di un sistema di allarme che la parte emotiva di noi attiva quando è stanca di sopportare.
Quando colpivano me, non sapevo come controllarmi. La paura di ciò che avrebbe potuto accadermi dominava ogni singola parte del mio tremante corpo. Il cuore batteva martellante nel petto, talmente forte da provocarmi dolore. Il respiro, accelerato e spezzato, non era altro che la traduzione in sensazioni fisiche di un potente timore. Le gambe diventavano un insieme di brividi ed era come se tanti piccoli animaletti camminassero sulla mia pelle provocandomi un grande ed insopportabile formicolio. I miei occhi lucidi, imploravano aiuto a quelli di Carter che con la sua delicatezza ed il suo grande amore mi facevano sentire al sicuro, donandomi le sue mani come ancora di salvezza in mezzo ad un oceano in tempesta che sballottava la nave della mia vita da una parte all'altra.
Mi tratteneva accanto a lui e mi cullava raccontandomi di qualcosa che dopo non avrei ricordato, ma che mi avrebbe aiutato a calmarmi in quel momento.

In quei momenti, lui mi sembrava indistruttibile. Un porto sicuro in cui la mia nave avrebbe potuto attraccare, e lo avrebbe fatto. Perché lui era sempre un buon posto in cui rifugiarmi.
In quei momenti, mi pareva che niente avrebbe mai potuto scalfirlo. Ed invece, ora, inaspettatamente, contro ogni previsione, mi trovo qui, a guardarlo tremare.
"Carter, ti prego guardami." È un insieme di respiri profondi e spezzati, che muoiono nella parte più profonda della sua gola.
"No, Chanel. Chiama un'ambulanza. Ti prego."
Siamo seduti sul divano, uno di fronte all'altra, che tentiamo di non cadere nel tunnel del timore.
"Misurami le pulsazioni." Mi alzo contrariata perché so quanto possa renderlo più agitato sapere a quanto sono arrivate, ma so che non mi ascolterebbe.
"So già a cosa stai pensando... Io devo saperlo. Lo faccio sempre."
Sempre.
Torno in un attimo con ciò che ci serve. Allaccio il piccolo strumento al suo pollo e glielo poso sullo sterno, accanto al cuore.
"Appoggiati qui." Dico accompagnandolo la sua schiena verso il divano.
Guardo con terribile concentrazione quei numeri sullo schermo del macchinario.
100... 112... 125...
"147." Lo informo, tentando in tutti i modi di restare calma. Lui chiude gli occhi arreso e si porta una mano al petto. Una lacrima scivola sul suo viso, prima di scatenare un pianto ben più travagliato.
"Chiamami un'ambulanza. Ti prego."
"No. Adesso mi ascolti."
"No! Tu ascolti me. Senti!" Prende la mia mano e se la porta sul suo petto scolpito senza esitare neanche per un secondo, come se ci trovassimo in un giorno di sei anni fa. Ed io mi sento così... bene.
Il suo cuore rimbomba con insistenza contro la mia mano delicata appoggiata a qualche millimetro di esso. Va talmente veloce che temo si fermi, ma non posso prendere il controllo. Continuiamo a guardarci senza slegare i nostri occhi perché sono fonte di serenità. Prendo la sua mano e la porto verso il mio petto, appoggiandola su di esso.
"Senti il mio cuore. Ricordi quanto hai fatto per placare la sua frenesia? Te lo ricordi?"
"Sì." Un nodo mi si stringe in gola, impedendomi di parlare senza che la mia voce si spezzi.
"Respira, Chanel. Ci sono io con te. Me lo dicevi sempre."
Piango le mie delicate ed insistenti lacrime ricordando quei bellissimi momenti, tanto tormentati che ora hanno una parte di me che vorrei riavere per sempre.
"Respira con me, Carter. Inspira. Espira. Non può succederti niente."
Con le mani sui nostri cuori respiriamo insieme, lentamente e con sicurezza.
Sento il suo battito regolarizzarsi piano piano man mano che passano questi minuti eterni e decisivi.
"Perché mi fai questo, Chanel?"
Una sensazione di vuoto mi si apre nello stomaco e nel petto.
"Perché non lotti per me?"
Mi abbandono tra le sue braccia, percependo nuovamente e dopo tanto tempo quell'assenza di tempo che rincorre le nostre figure, perché fin quando sono qui con lui niente può intimorirmi. Neanche il tempo. Piango sul suo petto, con la mano ancora appoggiata sul suo cuore.
"Non te lo ricordi? Io sono la ragazza della testa."
"Non te lo ricordi? Io quello del cuore."

***
"Quando avevi intenzione di dirmi che Carter ha cominciato a soffrire di attacchi di panico?"
Sono davanti a mio fratello, nella mia stanza. Gli altri sono al piano di sotto a preparare la cena.
"Non ho mai saputo se fosse la cosa giusta da fare." Risponde in difficoltà. Vorrei sapere se ne soffre da molto o da poco, se è colpa mia o meno, cosa gli provoca tutto questo.
"Perché? È colpa mia?"
"Chanel, ha cominciato a soffrirne dopo due anni che te ne sei andata, quando ha capito che non saresti tornata. Piano piano ha imparato a gestirli, ma ci sono momenti in cui non ci riesce."
Quanto ho potuto farlo soffrire? Quanto male gli ho causato? Quanto dolore la mia famiglia ha inflitto a me e a lui senza pensarci neanche una volta?
"E tu non me lo hai detto?!"
"Chanel, cosa avrei dovuto dirti? Sarebbe stato inutile. I nostri genitori ti avevano spedita a New York. Non ti avrebbero mai fatta tornare e lo sai. Sarebbe stata solo una sofferenza in più."
"Non me ne sarebbe importato niente! Io sarei corsa da lui in un istante. Avrei prenotato il primo volo e sarei tornata a Los Angeles!"
Alzo la voce, per la prima volta con Dylan. È come se mi sentissi tradita da lui perché non mi ha raccontato niente di tutto ciò che Carter stava vivendo. Ed ora io non sono altro che un insieme di senso di colpa per non esserci stata nel momento in cui lui aveva più bisogno di me, come quando lui mi teneva tra le sue braccia quando ero io a necessitare della sua presenza.
"E a cosa sarebbe servito? Mamma e papà vi avrebbero dato filo da torcere e tutto questo non avrebbe fatto altro che aumentare la tensione e Carter sarebbe stato ancora peggio!"
Respira per qualche istante intento a calmarsi.
A nessuno dei due piace questa situazione, ma purtroppo sapere che mi ha tenuto nascosto tutto questo mi rende triste.
"Io temevo che tu risentissi di tutto e tornassi ad avere i tuoi attacchi di panico." Si ferma un secondo e respira in un modo che mi pare lento, come a trattenere le lacrime.
"Io non volevo vedere soffrire anche te. Eri finalmente libera dalla tua tremenda ansia. Non volevo vederti soffrire ancora una volta."
Corro verso di lui e lo stringo forte a me, dispiaciuta di averlo accusato senza sentire le sue ragioni.
"Scusami. È che questa situazione mi fa male."
"Fa male anche a me." Risponde lui, accarezzandomi i capelli.
Quando imparerò che la vita è solo una?

SPAZIO AUTRICE❤️:
Ciao stelle! Come state? Io sono raffreddatissima e letteralmente INDIGNATAH con Chanel perché dopo tanti anni non ha ancora capito come in realtà dovrebbe comportarsi!
Che consiglio le dareste? 😕 Che vi piacerebbe leggere nel prossimo capitolo?
Scrivetelo nei commenti!
❤️

XOXO
A

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