Capitolo 13

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"Il tempo
è spesso puntuale
nel farci capire
molte cose
in ritardo"
GUIDO ROJETTI

Oggi è il fatidico giorno.
Sto per fare una cosa che è sempre stata contro tutti i miei principi. Sono sveglio da circa tre ore pensando e ripensando ad un modo per svolgere il mio compito senza intoppi, per portare a termine ciò che mi è stato obbligato di fare.
E, possibilmente, riuscirci senza correre alcun rischio.

Osservo Jennifer, ancora immersa in un sonno profondo; mi soffermo a guardare il suo petto che con movimenti lenti si alza e si abbassa.
Il suo viso sembra sereno.
Da quel poco che ho visto di lei sembra davvero una brava persona.

Sbuffo una nuvoletta di fumo dal naso mentre, dopo aver rigirato il telefono tra le mani per svariati minuti, prendo coraggio e avvio la chiamata.
Gianluigi risponde al secondo squillo e, nell'esatto istante in cui sento la sua voce, le parole mi si bloccano in gola.

«Cosa c'è Axel?» riesco a sentirlo sbuffare da qui.
«Tornerà oggi a Montalto, vero?» ho bisogno che in questa giornata tutto fili liscio, altrimenti Edoardo non impiegherebbe molto tempo ad arrivare a Miriam, soprattutto considerando il fatto che tra qualche ora lei farà ritorno a casa di sua madre.
«Sì, partirà tra circa un'ora»

«Ho bisogno che tu faccia una cosa per me.
Devi accompagnarla tu a Montalto e soprattutto devi restare con lei fino a quando non arriverò io.
È importante» torturo le dita tra loro nella speranza che accetti senza far troppe domande.
«Va bene. L'accompagnerò e resterò con lei fino al tuo arrivo, ma stasera mi spiegherai cosa cazzo sta succedendo.
Sappi che non accetto un no come risposta»

Cazzo, lo sapevo.
Riflettendoci, però, la cosa può tornare a mio vantaggio.
Se gli dicessi tutta la verità potremmo proteggere Miriam insieme.
Insomma, due persone sono meglio di una.

«Ok, a stasera allora»
«A dopo Axel.
Ti avviso appena arriviamo da sua madre»
Chiudo la chiamata respirando a pieni polmoni questo piccolo senso di leggerezza.
So che Gianluigi, come me, proteggerebbe Miriam a costo della sua vita e questo mi rende un po' più tranquillo.

«Buongiorno» la voce impastata di Jennifer risuona nella stanza mentre, molto lentamente, si siede sul bordo del letto stiracchiando le gambe.
«Buongiorno a te» accendo una Philip Morris per poi lanciarle addosso il pacchetto.
È da ieri che continua a rubarmi le sigarette e, in genere, è una cosa che non sopporto; ma credo di doverle molto di più che qualche misero grammo di tabacco.

«Devo chiederti una cosa» prendo posto accanto a lei sul lettone disfatto.
«Vai, spara» aspira il fumo dalla bocca per poi sbuffarlo dal naso.
«Ho bisogno di un ultimo favore dopodiché non ti disturberò più, promesso.
Conosci qualcuno che guida un furgone?»
«Mio zio ne ha uno, dove vuoi essere accompagnato?»
«Da nessuna parte.
Ho bisogno che me lo presti, domani sera glielo restituirò.
Ovviamente sarà ricompensato per il disturbo» tamburello nervosamente le dita sui pantaloni felpati della mia amata tuta sperando che tutto vada nel verso giusto.
«Ora lo chiamo.
Mi spieghi a cosa cazzo ti serve un furgone?» ride di gusto, posando i suoi occhioni verdi su di me e squadrandomi incuriosita.
«Cazzo, sei una grande» poso un sonoro bacio sulla sua guancia sotto il suo sguardo divertito.

«Comunque non posso dirti a cosa mi serve, è un segreto» strizzo l'occhio, cercando di nascondere il lieve tremolio alla gamba destra.
Ascolto attentamente ogni singola parola della telefonata tra Jennifer e suo zio.
«È fatta! Tra mezz'ora sarà qui.
Ora ti prego, dimmi a cosa ti serve.
Non sarai mica un fruttivendolo o robe del genere»
L'ingenuità di questa ragazza mi costringe a ridere anche in momenti, per me delicati, come questo.

L'inferno in noi 2 {CAOS}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora