Capitolo 17

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"Rinuncia
al tuo potere
di attrarmi
ed io rinuncerò
alla mia volontà
di seguirti"
WILLIAM SHAKESPEARE

Strattono violentemente Carlos per un braccio, allontanandolo di poco da Miriam.
Osservo per qualche istante gli occhi vuoti e arrossati della mia donna che, arricciando le labbra rosee, incrocia le braccia al petto.

«Che cazzo fai, hermano?» grido, spostando lo sguardo su quello che un tempo era il mio migliore amico.
«Ehi, hermanito. Non vedi?
Mi sto divertendo con questa bellissima ragazza» strizza l'occhio, poggiando una mano sulla mia spalla.
«Lei è la mia donna, Carlos.
Trovatene un'altra con cui spassartela stasera» lo rimbecco, sottraendomi al suo tocco.
«Non mi sembra che tra me e te sia mai stato un problema dividersi le donne»

«Lei non è come le altre, Carlos.
Lei non si tocca» rispondo, avvicinandomi di qualche metro a Miriam.
«Tu sei malato, Axel.
Dico sul serio, cazzo.
Io non sono la tua donna, sono solo il tuo giocattolino ricordi?
Decido io chi può toccarmi, chi può scoparmi.
E credo proprio che stasera sarà Carlos a farmi urlare di piacere» grida Miriam, a pochi centimetri dal mio naso, sotto lo sguardo divertito di Carlos.

«Smettila di dire stronzate, Miriam» poggio la mia fronte sulla sua, avvertendo un lieve mancamento appena le mie narici si scontrano con il suo profumo.
Mi spintona energicamente con le sue piccole mani per poi avvicinarsi a Carlos e schiantargli la sua lingua in bocca.

«Ora siamo pari, occhi blu» biascica, in preda ai fumi dell'alcool.
«Hermano, lei non ti vuole qui.
Mi sembra chiaro.
Vattene e lasciaci divertire» afferma Carlos, posando le sue luride mani sul corpo marmoreo della mia donna.

«Sta' zitto, coglione» urlo, spintonandolo violentemente.
Con un rapido scatto raggiungo Miriam e la carico in spalla senza il minimo sforzo.
Tira pugni contro la mia schiena nel vano tentativo di liberarsi dalla mia presa.
«Lasciami, stronzo» grida, scalciando con i piedi.

Mi avvio rapidamente verso il bagno della discoteca; notando con la coda dell'occhio la toilet dello staff così, sorpassando la lunga fila di ubriaconi in attesa per poter entrare, mi fiondo all'interno del bagno privato richiudendo la porta a chiave alle mie spalle.
Poso delicatamente Miriam, lasciando la presa solo quando i suoi piedi barcollanti sono ben saldi al suolo.

Un violento schiaffone fa bruciare le mie gote, poi un altro e un altro ancora.
Afferro i polsi di Miriam, bloccandoli sopra la sua testa.
Sbuffa dal naso cercando di liberarsi ma glielo impedisco.
Lascio che il mio sguardo scivoli lungo tutto il suo corpo, prendendomi qualche istante per osservarne la perfezione.

Le gambe nude sono strette tra loro nel vano tentativo di coprire le mutandine nere visibili a causa del vestito stropicciato che si è alzato un poco in questa sorta di lotta.
Il seno prosperoso preme per fuoriuscire da quella scollatura vertiginosa; ingoio il groppo che mi serra la gola cercando di far prevalere il mio autocontrollo per non strapparle di dosso quel tessuto superfluo.

«Lasciami andare, Axel» grida, scuotendo i polsi sigillati tra le mie mani.
«Devi ascoltarmi, Miriam.
Non devi avvicinarti a Carlos, nè a Edoardo.
A nessuno dei due e a nessuno dei loro amici» sussurro, avvicinandomi al suo viso.

«Tu non sei nessuno per darmi ordini, Miller.
Io faccio quello che cazzo mi pare» urla, ormai quasi a corto di voce.
«Sei in pericolo, porca puttana» grido, facendola sobbalzare dallo spavento.
«Sei in pericolo» ripeto, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
«Cosa intendi dire?» balbetta, incastrando i suoi occhi verdi nei miei.

L'inferno in noi 2 {CAOS}Where stories live. Discover now