Camuffamento e depistaggio

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"Prendetele, presto!" dissi a voce bassa porgendo delle uniformi da soldato a ognuno dei miei fratelli. 

La guardia del deposito non era stata messa al corrente della mia missione - era difficile che le notizie si diffondessero nello stato se non venivano mandati un paio di uomini a prendere contatto con le varie milizie sparse sul territorio - l'uomo credeva infatti che mi trovassi lì solo nel ruolo di accompagnatore delle nuove reclute per la loro prima ronda. 

Mia madre e la piccola Zora ci aspettavano nascoste in un luogo sicuro.

"Travestirci da soldati... Potevamo cadere più in basso?" Vasilii era stizzito, potevo immaginare cosa gli passasse per la mente: indossare gli indumenti di uomini che avevano come scopo primario quello di eliminare proprio coloro che appartenevano alla sua razza. Ma non c'era scelta. Nessuno avrebbe sospettato niente vedendoli abbigliati a quella maniera.

"E ora come ci spostiamo?" Svetozar era agitato, lo avevo notato dal tremore dei suoi arti e dalla fronte sudata, cercava di restare saldo, ma non era convincente. Avgust sembrava persino sul punto di vomitare. I miei fratelli dovevano mantenere i nervi saldi o l'operazione sarebbe saltata. Ordinai loro di darsi un immediato contegno.

"Aleksej ha ragione!" Vasilii si avviò verso l'armadio delle scorte ed estrasse diverse armi che diede a ciascuno di noi. "Più credibili siamo, più a lungo rimarremmo vivi!"

"Buona prima giornata di lavoro ragazzi!" augurò la guardia del deposito alle mie nuove reclute da addestrare. I miei fratelli risposero solo con dei cenni del capo.

Dissi all'uomo che avevamo bisogno di un carrozzone: "Voglio portarli nelle lontane terre del sud est. Il nostro signore Imperatore è stato informato che una brutta influenza ha fatto molti morti laggiù e che ora c'è carenza di soldati", illustrai le mie false intenzioni alla guardia, "ed è un così lungo cammino che non possiamo andarci a piedi!"

"Certo che no, mio signore Aleksej. Venite presto! Ne ho uno proprio adatto al caso vostro!" mi rispose la guardia.

Seguimmo quell'uomo oltre il deposito scavato nella roccia, avviandoci verso un capannone di legno che faceva da contenitore a diversi carrozzoni.

Analizzai le ruote in legno: alcune erano consumate, altre troppo sottili. Alcuni carrozzoni erano scoperchiati e in cattivo stato. L'uomo si scusò affermando che ci stava lavorando su per restaurarle. Ne scelsi uno con cui non avrei avuto problemi a viaggiare sulle strade lastricate in pietra, uno che non dava troppo nell'occhio. Avevo già spiegato alla mia famiglia che tutte le vie lastricate - che erano praticate solo ed esclusivamente da noi soldati per spostarci da una regione all'altra - a tutti gli altri abitanti non era permesso usarle in quanto era loro vietato di lasciare la propria terra o dimora. 

Caricammo il mezzo di trasporto con le armi. Ringraziai la guardia di cuore, mentre questo in risposta ci augurò un buon viaggio. Tornò al suo deposito con passo sereno. Non aveva capito niente.

Presi posto sul sedile davanti, al centro del mezzo, dove potevo manovrare il meccanismo che avrebbe fatto spostare le ruote a seconda della direzione che volevo prendere. Dall'esterno l'unico esposto alla vista ero io, ma nessuno avrebbe detto niente ad Aleksej. I miei quattro fratelli presero posto invece all'interno, due sul lato destro e due sul sinistro - ognuno occupava un'estremità - iniziarono a ruotare le manovelle per far muovere le ruote.

Partimmo. Richiedeva uno sforzo fisico immenso far muovere quel mezzo di trasporto, ma era sempre meglio che viaggiare a piedi per chissà quante leghe. 

Mia madre e Zora, una volta recuperate, furono messe a sedere sulle panchine per i civili, quelle che dentro si trovavano ai fianchi del carrozzone, tra i posti degli addetti alle manovelle.

La missioneWhere stories live. Discover now