Lo Spagnolo

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Fui sbalzato via con un solo gesto della mano e senza nemmeno essere toccato. Dopo quasi un mese, con la mia famiglia, avevamo trovato colui che chiamavano Lo Spagnolo: questi aveva uno strano potere sull'aria. 

La mia schiena colpì con violenza un tronco alle mie spalle, sentii un paio di costole incrinarsi.

Vasilii accanto a me cercava di farlo ragionare, di fargli capire che non eravamo spie, che non eravamo andati lì per massacrarlo. Mostrò i suoi poteri al semiumano, ma questi continuava a non fidarsi. Lo Spagnolo mi conosceva, era al corrente della mia reputazione, era convinto che io avessi ingannato i membri della sua stessa razza per poterli usare come armi contro di lui.

"Vogliamo solo il tuo aiuto! Tu sai come farci lasciare la Terza Pangea!" Svetozar era in lacrime: il nostro fratellino era stato ucciso due giorni prima e noi altri ci eravamo salvati per miracolo: si era sacrificato per noi. Ci stavano alle costole ormai. Ne avevo uccisi sette, occultando bene i loro corpi, ma ne avrebbero mandati altri non vedendoli più tornare. Non avevamo più tempo.

"Ti prego!" lo supplicai rialzandomi in piedi e parandomi davanti ai miei fratelli. Dopo l'ultimo scontro, Vasilii non avrebbe resistito a lungo se avesse subito un altro trauma: il suo braccio destro era fuori uso e aveva battuto la testa così forte che aveva vomitato già una decina di volte da quando era successo.

"Voglio solo salvare la mia famiglia!" ammisi. "Stanno arrivando! Credi che ti avrei tenuto in vita così a lungo se stessi mentendo? Voglio solamente il tuo aiuto."

Lo Spagnolo stava per darci il colpo di grazia quando qualcosa lo bloccò: la voce della mia nipotina. Una vocina così innocente e implorante che solo un essere senza pietà - uno come me - poteva non prestarle ascolto.

"Va via!" le ordinai. "Va a nasconderti!"

"Una bambina?" mi guardò lo Spagnolo con fare interrogativo. "Dunque voi volete davvero scappare via? Tu!" e mi indicò con un cenno della testa, "tu, Aleksej lo Sterminatore, hai tradito i tuoi simili per la nostra razza?"

"Per la mia famiglia!" puntualizzai coprendo la mia nipotina alla sua vista.

Lo Spagnolo si calmò. Con un cenno silenzioso, ci invitò a seguirlo: ci guidò tra gli alberi, su per la montagna, verso la sua dimora nascosta nella roccia. Gli alberi erano secchi e senza foglie, l'aria era fresca. Il terreno era smosso per via di una frana recente, l'acqua del fiumiciattolo si rovesciava sporca e marrone allagando il sentiero di terra facendoci imbrattare gli stivali di fango.

Salimmo in alto, Svetozar portava sulle spalle nostra madre, quella povera donna non ce la faceva più neanche a camminare.

"Ho aiutato altri semiumani a lasciare questo posto, con dei mezzi chiamati navi, roba del vecchio mondo", ci spiegava lo Spagnolo mentre ci divincolavamo tra i tronchi decrepiti. "Non ho alcuna garanzia che siano arrivati a destinazione - o se esiste davvero quest'isola di cui si narra - ma nessuno è più tornato. Quindi o se la sono cavata e hanno trovato la terra promessa, oppure sono morti nell'impresa, dispersi in eterno nel vasto oceano."

"Vale la pena tentare!" dissi più tra me e me che in generale. Vasilii dava segni di cedimento. Non ce la faceva più, cercava di tenere il passo, di mostrarsi forte, ma stava crollando. Lo presi sulle spalle, con suo grande disappunto.

"Che bizzarria è mai questa?" chiese Svetozar dinanzi a una striscia nera che non sembrava fatta né di roccia e né di terra. Era abbastanza lineare e pareva una strada. La striscia si infilava tra gli alberi per poi perdersi dentro una grotta.

"Gli Antichi Superstiti lo chiamavano asfalto se non sbaglio", ci spiegò Lo Spagnolo grattandosi la testa pelata e carezzandosi la lunga barba. "Le strade erano fatte di questo materiale prima!"

Era proprio per questo che l'Imperatore non voleva far insediare le zone marittime: erano piene di ricchezze di un tempo passato, ricchezze che avrebbero fatto gola alla popolazione che avrebbero bramato sempre di più, facendo sì che il controllo su di loro venisse meno.

"Dovreste vedere cosa c'è sulla spiaggia!" sorrise lo Spagnolo estasiato. "Dovreste ammirare le abitazioni antiche! Colui che cercate è un uomo che vive in una Chiesa."

Il semiumano dovette spiegarci cosa fosse una chiesa e come riconoscerla, dato che nessuno di noi ne aveva mai sentito parlare.

"Partirete con lui, il curatore", continuò a parlare lo Spagnolo, "con l'ultima delle navi. Io non me ne andrò mai da qui! Per quanto detesti questo luogo, è pur sempre la mia terra. Morirò qui! Siete pronti?" ci chiese infine. 

Ci spiegò meglio cosa stava per succedere: ci avrebbe fatto percorrere la strada di asfalto in pochi minuti coi suoi poteri, invece dei giorni che ci avremmo messo a piedi.

Ci sedemmo in uno dei suoi carrozzoni: era molto piccolo, ma sufficiente per noi. Con un gesto della mano iniziammo a scivolare sempre più velocemente su quella striscia nera. Passammo attraverso alberi, in una galleria dentro una montagna. Scendevamo sempre più giù e con una velocità tale da farci sentire male allo stomaco. Ed ecco che arrivammo sulla spiaggia. Mai avevo visto uno spettacolo simile: tanta acqua che si perdeva nell'orizzonte. Le antiche dimore erano tutte ammassate l'una accanto all'altra. Un'aria calda ci rinvigorì le membra. Stavamo assistendo a uno spettacolo unico e indimenticabile.

Ma non c'era tempo da perdere: dovevamo cercare la Chiesa e l'uomo che sapeva maneggiare il mezzo che era chiamato "nave".

Ma non c'era tempo da perdere: dovevamo cercare la Chiesa e l'uomo che sapeva maneggiare il mezzo che era chiamato "nave"

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Nota dell'autrice: stiamo quasi giungendo alla fine. Riusciranno a prendere la nave o avranno dei problemi?

Una stellina e un commento carino mi farebbero contenta. Un bacione!

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