CAPITOLO 7

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Lo zaino era troppo pesante per la mia corporatura esile. Quando ero un'adolescente volevo a tutti i costi andare in palestra, ma mia madre trovava sempre un pretesto per disinteressarmene. Fu un periodo nero, quello. Come tutte le ragazze arrivò il momento in cui tutto cambiò. Capivi il mondo intorno a te, ti rendevi conto di quello che stavi diventando e iniziava la paura, l'ansia e la continua riluttanza del proprio essere. Mi guardavo allo specchio con disgusto ogni santissima volta. Con quell'espressione di disappunto toccavo il grasso in eccesso e cercavo il modo migliore per coprirlo. Ero così frustrata di non riuscire ad apprezzarmi come le altre coetanee. Con quel sorriso soddisfatto del loro fisico snello e sodo ed io, senza mai toccare palestra, con un pacchetto di patatine in mano, guardavo la scena con invidia. Buffo, ora che ci penso. Volevo dimagrire a tutti i costi e continuavo a rimpinzarmi di schifezze.

Scostai una ciocca di capelli sbuffando. Faceva troppo caldo e quel peso sulle spalle peggiorava la situazione. Continuavo a sentire dolori allo stomaco: erano le sei di mattina e non avevo ancora fatto colazione. Con la povera cena di ieri il mio stomaco chiedeva pietà. Riposai il borsone per terra e raggiunsi la cucina, riempiendo una ciotola di cereali.

Chris non era ancora arrivato. Guardai l'orologio ingoiando un cucchiaio pieno e lo mandai giù con un sorso di latte direttamente dal cartone. Riflettendo su cosa mi stava per attendere mi venne il panico. Chris mi aveva obbligata a fare un'escursione sulle montagne. Cosa potevo guadagnarne con quello non ne ero sicura. Di sicuro mi sarei mossa un pochino e non era affatto male. Fu così serio che non ebbi il coraggio di ribadire oltre. Quando voleva fare qualcosa era meglio lasciargliela fare o avrebbe fatto fuoco e fiamme per riuscirci. Lo disse anche lui che mi avrebbe portata di peso se avessi pronunciato un altro "no".

Ero abituata a delle persone che si stancavano facilmente, che dopo i primi cinque no mi lasciavano perdere, rinunciando. Eppure con lui era diverso. Non riuscivo ad impedirglielo. Era più cocciuto di me.

Proprio mentre sorridevo al pensiero il campanello spezzò il silenzio e i miei pensieri. La sua figura alta era appoggiata allo stipite con le labbra tirate leggermente.

"Buongiorno Jane"

"Buongiorno anche a te".

Si avvicinò, cingendomi i fianchi con tutte e due le mani, lasciandomi un morbido bacio sulle labbra. Storse i lineamenti, chiudendo gli occhi.

"Sai di latte".

Scoppiai a ridere vedendo la sua faccia contratta verso il sapore della mia colazione ancora presente.

"Stavo giusto mangiando. Vuoi qualcosa?"

"Un caffé nero".

"Sei pronta per l'avventura?"

"Non scherziamo. Lo zaino è troppo pesante"

"Oh, è questo il bello. Ci divertiremo. O meglio, l'unico sarò io".

Lo guardai di sbiego, posando le tazze pulite dentro gli armadietti. Il suo obbiettivo era farmi sudare il fatto che l'avevo quasi lasciato. Lo vedevo nei suoi occhi che si stava vendicando.

"Vado in camera a prendere la borsa"

"Ti aspetto in macchina".

Raggiunsi quel mattone e lo trascinai fuori, buttandolo dentro il portabagagli.

"Stai attenta con l'auto"

"Oh, mi scusi, mister chisenefregaselasuaragazzamorirà". Sbottai entrando e sbattendo la portiera con forza. Strinse i pugni al contatto brusco e mi guardò con furia.

Gli sorrisi e quasi nello stesso istante mi ritrovai a due centimetri di distanza dalle sue labbra. Mi mancò il respiro mentre i suoi occhi mi scrutavano. Scivolò fino alla spaccatura della canotta.

Sixth Month ~Chris Hemsworth~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora