Capitolo 2.

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Erano ormai le tre del pomeriggio e Frank stava tornando a casa, cercando di essere il più veloce possibile nonostante abitasse vicino la scuola.

Tutto sembrava filare liscio, poi arrivò Thomas.

Ora erano cazzi.

-Guarda un po' chi abbiamo qui, la femminuccia.- sbottò con un sorriso sadico il ragazzo, guardando maliziosamente Frank, che iniziò impercettibilmente a tremare dalla paura.

Thomas era un ragazzo... carino, forse. Aveva due grandi occhi verdi, capelli neri, fisico asciutto e labbra carnose; non ti aspetteresti mai da un ragazzo del genere certe cose, anzi.

-T-Thomas... ciao.- rispose intimorito Frank, stringendo i pugni.

-Vuoi andare via davvero così presto quest'oggi? Non penso sia il caso.- gli disse il moro, avvicinandoglisi pericolosamente.- Sai, oggi durante l'ora del professor Way dovevi starti zitto, odio chi si sente superiore a me solo perché sa come risolvere quella merda.- continuò, dopo aver afferrato saldamente la cravatta rossa che sia lui che tutti gli studenti portavano.

-T-Thomas, io ho solo fatto quello che mi ha detto il professore, ti prego, lasciami stare.- lo pregò il più basso, cercando di togliere la mano dell'altro ragazzo dalla sua cravatta.

Tutto inutile.

Un pugno;

Due pugni;

Tre pugni;

Un calcio;

Due calci;

Tre calci;

Una voce che urlava il nome di Frank. Chi diavolo poteva essere? Nessuno di solito usciva da scuola durante quell'orario, specialmente i professori. L'unica cosa che Frank vide prima di cadere in un lungo sonno, fù un viso pallido, dei lunghi capelli neri che ricadevano sulle spalle e due occhi grandi e verdi, ma non come quelli di Thomas, no... i suoi erano più... più amichevoli, quasi come un caldo abbraccio, mentre quelli di Thomas erano carichi d'odio, ribrezzo ed egocentrismo.

Frank si risvegliò in un posto forse a lui troppo conoscente: l'infermeria.

Quella stanza era la più deprimente di tutto l'intero istituto: pareti e pavimento bianco, due lettini altrettanto bianchi, una specie di credenza totalemente bianca piena di medicine, cerotti, fasce e robe varie.

-Cosa diavolo ci faccio qui?- mormorò, tentando i alzarsi dal lettino, ma senza riuscirci.

-Frankie, tesoro caro, sei in infermeria. Thomas ti ha picchiato... per l'ennesima volta.- rispose la signora Han, ormai rassegnata al fatto che Frank non avrebbe mai più reagito o detto a qualcuno quello che gli succedeva ogni giorno dentro quell'inferno.

La signora Han, che adorabile donna! Era di origini orientali, forse giapponese , ma venne ad abitare in America alla tenera età di sette anni. Aveva una corporatura minuta, nonostante avesse più o meno i suoi cinquant'anni; lunghi capelli corvini sempre raccolti in uno chignon e smalto rigorosamente rosso.

-Oh.. e chi mi ha portato qui?- chiese il ragazzo, sfiorandosi la testa, che scoprì essere fasciata da più strati di garza.

-Il professor Way. Oh, a proposito, mi aveva chiesto di lasciarvi un momento soli quando ti saresti svegliato, quindi aspetta qui che lo faccio entrare.- disse velocemente la signora Han, uscendo dalla porta che all'esterno era adornata da una grande scritta verde che recitava la parola 'Infermeria'.

-Frank.. vedo che ti sei svegliato, mi fa molto piacere.- sorrise Gerard, sedendosi sopra uno di quei pochi sgabelli che c'erano dentro quella piccola stanza.

-La.. ringrazio di avermi portato qui. E' stato un gesto gentile.- si limitò a ringraziare il suo professore con lo sguardo basso.

-Frankie, potresti dirmi perché il signor Henderson ti stava picchiando? Non vorrei essere invasivo, ma la tua situazione mi preoccupa e non poco.- ribatté preoccupato Gerard, cercando di guardarlo negli occhi.

-E' stato solo un battibecco tra di noi, a volte capita tra studenti.- si limitò a rispondere Frank, guardandosi le mani tatuate.

-Frank, per l'amor del cielo! Ti ha mandato in infermeria, non penso che questo sia solo un battibecco tra studenti, che comunque neanche quello dovrebbe esserci dentro queste mura.- continuò a ribattere il professore, alzandogli il viso e girandolo verso il proprio.

-Professore, perché non pensa un po' alla sua vita? Tanto la mia finita e non c'è bisogno di preoccuparsi più di tanto. E ora mi scusi, ma devo tornare a casa.- e così Frank, anche se l'infermiera voleva fare gli ultimi controlli, andò via, diretto verso casa sua.

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Mama, We All Go To Hell ~ FrerardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora