Capitolo 4.0

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Sometimes the right hug from the right person at the right time makes everything bad in the world go away.

Era ormai l'alba e la prima a svegliarsi fu Usagi. Decise che quella mattina avrebbe fatto una corsa, ma mentre si dirigeva verso l’uscita, per sbaglio urtò il tavolino con sopra i piatti. Hikaru, avendo il sonno leggero, si svegliò e si mise seduta notando la ragazza che si era girata verso di loro per controllare se li avesse svegliati. Notando l’albina sveglia si sentì in obbligo di spiegarle cosa stesse facendo.
«Vado a fare una corsa, vuoi venire?» Chiese mentre faceva stretching.
«Dammi due minuti e ci sono» Disse con voce roca e si apprestò a schiariserla. Si alzò in piedi e prese una spazzola che aveva trovato sul tavolino vicino a lei, si fece una semplice coda alta lasciando i ciuffi davanti cadere al lato del viso. Si mise le scarpe e uscirono.

Dopo una mezz'ora si svegliò anche Sasha, non trovando ne Hikaru ne Usagi decise che si sarebbe fatta un giro. In quella mezz'ora il sole si era fatto alto e illuminò la stanza permettendo alla corvina di vedere chiaramente in che stato fosse il ragazzo.
Stava ancora dormendo, ma pensò al giorno prima quando l’aveva incontrato steso per terra. Era così triste e pallido, come se la vita avesse abbandonato il suo corpo. Aveva gli occhi castani e profondi. I capelli neri scompigliati, ogni ciuffo sembrava avere vita propria perché erano tutti in una posizione differente. Sembrava che ogni respiro fosse una lotta, come se non avesse più energia. La sua espressione era vuota, come se avesse perso ogni speranza, come se stesse portando il peso del mondo.
Presa dalla compassione decise di rimanere lì, spostò il materasso a qualche metro da quello di lui e si sedette a gambe incrociate, non le importava se non la considerava, non sapeva cosa avesse passato, ma si notava che non fu niente di bello, d’altro canto non ci si poteva aspettare nulla di felice dal mondo in cui erano finiti. A lei avrebbe fatto piacere se qualcuno le fosse rimasto vicino in un momento difficile, senza fare nulla, ma la sola presenza le avrebbe fatto capire che c’era qualcuno vicino a lei.
Non avendo nulla da fare decise di prendere un libro da quelli che erano presenti, basandosi sulla copertina che attirava di più la sua attenzione e si mise a leggere.

Hikaru e Usagi erano appoggiate alla ringhiera di un ponte, sembravano due giovani statue. I capelli erano appiccicati alla fronte e la pelle era lucida per il sudore. Gli occhi chiusi, le labbra socchiuse, i respiri profondi e regolari. Le braccia a penzoloni, le gambe distese. Era come se il mondo intorno a loro si fosse fermato e loro potessero finalmente riposare.
Quando Hikaru sentì finalmente il fiato tornare ai polmoni schiuse gli occhi e guardò il fiume scorrere placido. Era una visione rilassante che alleggeriva il cuore e i pensieri. Guardava alcune foglie galleggiare sopra alla superficie come se stessero danzando. Le era sempre piaciuto contemplare in silenzio il panorama che la circondava, che fosse di città o di campagna. Lo trovava sempre affascinante. Si era sempre trovata bene nella solitudine e nella tranquillità, ma c'è una lampante differenza tra stare da soli per scelta e starci perché non si ha nessuno, Hikaru rappresentava il primo caso: era felice della compagnia di Sasha, ma ne era anche preoccupata. Si conoscevano fin dall'infanzia e anche da bambina fu sempre spericolata e imprevedibile, un fiume in piena che ti travolgeva con la sua energia. Fin da subito si poté notare un divario tra le due bambine, una più chiusa, che raramente si apriva con le persone, l’altra solare e amichevole con tutti. Hikaru riscontrò sempre problemi a relazionarsi con le persone che le stavano accanto e, se non fosse per Sasha, non avrebbe mai avuto un’amica, perché di fatto fu proprio la corvina a fare il primo passo.

La campanella che annunciava l’inizio delle lezioni suonò. Tutti gli studenti si recarono nella scuola per dirigersi in modo diligente verso le loro classi. Una bambina dai lunghi capelli bianchi come la seta, che le arrivavano fino al fondoschiena, camminava verso la sua classe, teneva le mani strette nelle cinghie della sua cartella mentre veniva urtata da diversi bambini che correvano divertiti mentre si dirigevano verso la loro classe. Uno di questi si girò di scatto, dispiaciuto di esserle andato addosso e pronto a chiederle scusa, ma non proferí parola quando incrociò lo sguardo dell'albina. Sembrava spaventato e confuso alla sua vista e, sentendosi in soggezione, chinò la testa e rivolse lo sguardo al pavimento; riprese a camminare verso la sua aula e aumentò il passo quando notò alcuni dei suoi compagni aspettarlo all'uscio della porta. Hikaru riprese a camminare e dovette inevitabilmente passare di fronte a quel gruppetto, con la coda dell'occhio li vide ridacchiare ma decise di ignorarli. Entrò finalmente in classe e quando si avvicinò al suo banco vide che c'erano scritte con un pennarello le solite frasi: "fantasma", "strega", "spilungona".
Delle parole del genere non erano dei grandi insulti, ma per una bambina delle elementari, che si sentiva perennemente sbagliata, sapere che gli altri pensavano questo di lei la faceva sentire diversa, come se essere nata così fosse stato un errore.

what the fuck is going on? // Alice in Borderland Where stories live. Discover now