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2 settembre

Griffin

Quel giorno sarei dovuto andare doposcuola a lavoro con mamma. Doveva venire anche Andie, ma ha preferito andare a casa di quel suo amico che mi aveva parlato ieri.

A scuola feci molta attenzione nel cercare la Venere, ma non la trovai.
L'unico corso che avevamo in comune era quello di biologia.

Avevo pensato di parlarle ma, non so, non mi sentivo all'altezza.

Finite le lezioni uscii da scuola e vidi mamma che mi stava aspettando davanti al cancello. Non mi vergognavo di lei. Tanti miei coetanei si infuriano quando vedono la mamma mentre sono con i loro amici, ma per me non è così, tralasciando il fatto che non ho amici. Mi piace stare con lei, è mia mamma dopotutto.

<<Ehi, tesoro. Com'è andata?>> Chiese
<<Normale, mamma>> risposi
Mi infilai in macchina e partimmo.
<<Sei entusiasta di vedere il bar?>> Ruppe il silenzio mia madre.
<<Sì, assolutamente>> dissi in risposta.

Dopo vari minuti passati nel silenzio, la macchina si fermò davanti ad un locale, il locale dove lavorava mamma.
<<Mark's>> lessi il nome del bar sull'insegna in legno.
<<Il nome è ispirato al proprietario?>> Chiesi.
<<Sì, tesoro. Il proprietario si chiama Mark. Vieni, entra>>

Entrai e rimasi affascinato. Era un locale vintage con i tavolini in legno circolari, la parete era tappezzata di poster di vecchie band degli anni '60 e dietro il bancone spuntò un tizio abbastanza curioso.

<<Ehi, Hazel!>> L'uomo si rivolse a mia madre.
<<Ciao, Mark. Ho portato mio figlio Griffin, starà con noi questo pomeriggio, d'accordo?>>
<<Molto piacere>> porsi la mia mano davanti a lui e lui la strinse.
<<Ciao, caro>> mi sorrise.
<<Hazel mettiti il grembiule e iniziamo a lavorare>> ordinò Mark a mamma.

<<Sì, arrivo>> mamma si girò verso la mia direzione mentre io studiavo il bar.

<<Tesoro, questo è il retro del locale>> mi mostrò un ampio cortile arricchito da varie casette e un tavolino in plastica posto in fondo ad esso sotto ad un ombrellone verde.

<<Puoi studiare qui, a quel tavolino. Se vuoi qualcosa da mangiare entra che ti preparo qualcosa, okay?>> Mi accarezzò il viso e mi spettinò i capelli.
Io li rimisi al loro posto e gli risposi che andava bene.

Rientrò nel locale e io sistemai i libri per studiare.

Passarono i minuti, le ore.

Alzai lo sguardo per ammirare il verde del cortile ma ammirai qualcos'altro.

Lei. Venere. I capelli ondulati lunghi e castani mi rapirono lo sguardo e gli occhi d'ambra a mandorla mi fecero sciogliere il cuore completamente. Non avevo mai avuto una cotta fin'ora, strano per un adolescente,vero?

Cercai di non osservare il suo dolce viso e di studiare ma invano. La vidi avvicinarsi verso la mia direzione e il mio cuore balzò fuori dal petto.

Guardai il quaderno e mordicchiai il tappino della mia penna blu fino a quando Venere era totalmente in piedi di fronte a me.

Alzai lo sguardo e la studiai. Si accomodò accanto a me e il mio cuore cercò di uscire dalla cassa toracica.

<<Tu sei quello nuovo, o sbaglio?>> disse e io, deglutendo, annuii.
<<Piacere,Monica. Monica Sullivan>> si presentò e allungò la sua mano contro di me e io la strinsi, impa

<<Griffin. Griffin Pruitt>> risposi sorridendo.
<<Sei nuovo anche qui a Saint Paul?>> Chiese Monica.
<<Sì. Mio padre e mia madre hanno divorziato due mesi fa e mamma voleva rifarsi una vita, quindi abbiamo preso il primo volo per il Minnesota e siamo partiti solo io e lei>> spiegai.
<<Perché proprio in Minnesota?>> .
Fece un sorrisetto confuso. <<Insomma, chi se lo caga il Minnesota?>> Affermò prima di scoppiare in una flebile risata.
<<Mia mamma ha sempre avuto una sorta di amore verso il Minnesota, è sempre stato il suo sogno vivere qui>> sembrò interessata.

<<Monica! Vieni immediatamente qui>> udimmo una voce spaventata e in preda alle lacrime. Appena la sentimmo, Monica sgranò gli occhi e si girò di scatto verso una graziosa casettina bianca, probabilmente la sua.

<<Oddio mia mamma, sicuro avrà visto un ragno, qui ce ne sono parecchi>> mi fece l'occhiolino sorridendo.
<<Ci vediamo in giro, Griffin>> pronunciò il mio nome come se lo stesse assaporando e ciò mi provocò una stretta allo stomaco.

La vidi correre verso la sua casetta e lasciarsi alle spalle la porta in legno e io continuai a svolgere i miei compiti con il cuore felice come un bambino la mattina di Natale.

La scia di un improvviso Where stories live. Discover now