Prologo.

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Ruzzolo giù dalla scala per avviarmi in cucina, ancora assonnata.

-Buongiorno piccola- mi bacia la mamma.

-Buongiorno...- borbotto, lisciandole i boccoli color castani.

-Vuoi che ti prepari qualcosa? - Chiede puntandomi i suoi occhi verdi addosso.

-No, tranquilla... prendo una brioches e scappo. Brian mi sta aspettando- dico afferrando la pasta e andando ad abbracciare mio padre, che era intento a leggere il giornale locale tra un sorso e l'altro di caffè.

-È in moto?- Chiede quest'ultimo.

-Sì, tranquilli, non mi accadrà nulla e se dovesse accadere, ricordatevi la preghiera che recita sempre la mamma.- Guardo quest'ultima e noto che sta ridendo. A differenza sua, papà è rimasto perplesso.

-Max, quella del destino che ripeto sempre- gli dà un indizio.

-Ahn, sì!- Mi abbraccia. -Ma non potremmo mai vivere senza te anche se il destino lo facesse accadere- mormora sciogliendo l'abbraccio.

-Capisco- ammicco non dando troppa importanza alle sue parole, repuntandole ovvie e poco necessarie, come se queste brutte cose accadessero sempre agli altri, era impensabile per me vivere senza loro. Cose come queste non sarebbero accadute proprio a noi.

-Sono in super ritardo!- Li saluto e prima che possano dire qualcosa esco di casa.

Vedo immediatamente Brian seduto sulla sua moto. -Ciao!- Lo saluto circondandogli il collo fra le mie braccia, per poi baciarlo.

-Pronta? - Chiede allungandomi il casco.

***

Sono le quattro di lunedì pomeriggio. Mi sono dovuta fermare a scuola per una ricerca di storia.

Noiosa, aggiungerei.

Manuela mi passa gli appunti. Li prendo e ci guardo.

-Ehm... sì, così dovrebbe andare- affermo sorridendole. -Magari modifichiamo questo pezzo...- rifletto ad alta voce.

-Fa pure- prende il libro cominciando a sfogliarlo.

-Okay...- sussurro digitando velocemente sul computer.

-Scusatemi,-mi giro verso una voce autorevole e abbastanza familiare. Appena focalizzo il volto capisco che è la preside. -Ci dica.-

-Chi è Amber Robinson delle due?- Chiede.

-Io...- rispondo titubante. Si schiarisce la gola e comincia a guardarsi attorno notando Brian e Manu scrutarci curiosi.

-Ti va se usciamo?- Chiede spaventandomi. Mi alzo seguendola fuori. Si tortura le mani non riuscendo a guardarmi.

-È successo qualcosa?- Chiedo avvertendo un brutto presentimento. A quel punto sospira e butta fuori il rospo alzando gli occhi verso di me -Amber... non so come dirtelo. Io...- si blocca -mi dispiace. -
Un tuffo al cuore.

-Cosa? - Deglutisco iniziando a tremare sotto il suo sguardo.

Dimmi che non è ciò che credo. Ti prego.

-I tuoi genitori erano in auto e... ecco... mi dispiace Amber non ce l'hanno fatta- a quelle parole ogni cosa crolla. Per un momento penso sia uno scherzo e che da lì a poco sarebbero sbucati dicendo "scherzetto!", ma ciò non avviene.

Come un fulmine a ciel sereno.

Mille pugni allo stomaco mi avrebbero fatto meno male.
Non so precisamente il motivo, ma sento rabbia nascere dentro di me, da istigarmi a distruggere tutto, come sfogo o come speranza che risolva tutto.

-No! Non è vero...- strillo, ma appena vedo il viso della signora davanti a me, tutto mi appare reale. Così, la rabbia e l'incredulità viene spazzata via da un dolore lancinante mai provato prima. Senza rendermene conto sto singhiozzando senza controllo.

Non ci sono più.

Questo pensiero mi fa venire una morsa al petto, sento fiumi di lacrime e tra loro annaspo per cercare di respirare, ma sento di non riuscire. Il dolore è troppo forte che temo di morire schiacciata ad esso.
Le gambe tremano e i singhiozzi aumentano incontrollabili. Sento male fisico al cuore, lì dove mi si è appena spezzato.

Una notizia troppo grande da assimilare in così poco tempo.
Crollo cercando in tutti i modi di trovare un filo di ossigeno tra un singhiozzo e l'altro, inutilmente. Mi sento in apnea.
Capisco che misto al dolore è anche un forte attacco di panico.

Le gambe mi cedono.

Sento qualcuno afferrarmi prima della caduta. Brian prova a calmarmi, credo. Sento il mio nome ripetuto più volte, ma non ne sono certa, mi sento come in una bolla, lontana da tutto e da tutti.
Perché a me?
Cosa sono senza loro?
Hanno sofferto?
Non li rivedrò più.
Non rideremo e parleremo mai più.
Ho bisogno della mia mamma.
Del mio papà.
Cosa sono senza loro?
Crescerò senza loro.
Perché? È ingiusto!

Mi sento così impotente e vuota.

Mamma, papà.

Sento Brian stringermi più forte a sé.

Deve essere un incubo per forza.

-Amber... - cercano di calmarmi.

Non riesco a controllarmi.
Non riesco a respirare.
Come posso sopravvivere senza loro? Loro sono la mia vita.
Ma adesso... loro non ci sono più.

Ora, cosa ne sarà di me?

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Libro liberamente ispirato ad uno orfanotrofio di Miami.

[Pubblicazione ufficiale:
Prologo: 8 giugno 2015
Epilogo: 21 agosto 2016]

Sto revisionando i capitoli lentamente, perché sono scritti male in alcune situazioni, (tutti errori ortografici a causa della poca attenzione nel rileggere il capitolo prima di pubblicare) comunque non preoccupatevi riuscirete a leggere tranquillamente.

Nel caso vi troviate difronte ad errori da spavento potete denunciarmi per infarto causato dalla mia limitata attenzione ahaha!

E se vi va, potreste aiutarmi ad individuare gli errori...

Grazie mille a tutte/i💕

AmberWhere stories live. Discover now