37.

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«Leo?!» mi chiudo la porta alle spalle.

Sono entrata pochissime volte in questa stanza.
Sapevo che quando era più piccolo dormiva al piano di sotto e poi, per dargli maggiore privacy, Hannah ha deciso di far ristrutturare la mansarda, così che lui abbia un piccolo appartamento sopra alla sua stessa casa e che quella stanzetta in cui è cresciuto, è divenuta una stireria che utilizza Hannah.

Mi guardo attorno, la mansarda è confortevole.

Munita di un piccolo salottino dove è presente un divano di pelle rosso, due poltrone e un mega schermo dove immagino lui e i membri della squadra di basket, compreso mio fratello, giocano con la Playstation.
In fondo c'è una porta, immagino sia il servizio.

In fondo, il tetto è stato modificato, hanno inserito dei pannelli di vetro, sotto di esso, un letto matrimoniale.

Wow...
Mi avvicino alla scrivania dove penso studiasse prima di farla diventare il suo ripostiglio per i vestiti.
Tra il portatile e la pila di abiti piegati da Hannah, ci sono tutte le lettere.

Ne afferro un paio.

Wharton, Harvard, Columbia, Berkeley quest'ultimo qui in California.

Le sfoglio, le osservo.
«Sono una perdita di tempo.» scatto sentita la sua voce, per poco non faccio cadere tutto in terra, rovinando l'ordine in cui l'ha messe.

Scuoto il capo guardandole; «Non capisco... perché non stai rispondendo a nessuno?
Stanno facendo la fila per averti con loro.. anno dopo anno... non dovrebbero nemmeno più cercarti... invece pretendono che tu vada da loro...» si porta la sigaretta alle labbra esalando il fumo dalla narici, «Ary... è mio padre che continua a chiamare loro mandandogli mie domande, loro rispondono semplicemente.» «Scusami Leonardo... ma in questo caso tuo padre ha ragione.. insomma... hai un talento sprecato per restare chiuso in un'officina a ripiegare su qualcosa che nemmeno ti piace!» scuote il capo, «Non voglio allontanarmi da qui... sarebbero cinque anni duri.» «Capisco... non vuoi lasciare tua madre...» l'altra volta me l'ha menata sotto il punto di vista di un'ipotetica ragazza che invece non esiste, poteva essere sincero fin da subito piuttosto che dirmi una bugia.

«La Berkeley è qui in California, magari potresti studiare durante la settimana al college e nel weekend tornare...» afferro la lettera dal plico, in automatico, mi sento motivata per lui, voglio lanciarlo verso al suo futuro che non è questo.

«Cosa stai facendo?» sposto il plico di panni puliti appoggiandomi alla scrivania, «Voglio che completi la tua domanda, così a settembre potrai cominciare, un nuovo inizio, per entrambi.» spegne la sigaretta nel posacenere, «Lascia stare Ary.» sono piena di me, la sola idea di renderlo felice, mi farebbe felice.

«Okay... dai te a scrivo io.» «No, Ary lascia stare.» mi volto, «Cosa ci va... sto mandando anche le mie di domande... ci vorranno solo cinque minuti.» appoggio la penna al foglio vedendolo balzare verso di me; «No porca puttana! Smettila!» con un colpo mi strappa quella lettera dalle mani e la stropiccia.

Questa scena mi strazia il cuore, al punto da accorgersene, sgrana gli occhi, guarda il foglio che ha tra le mani e se lo porta al letto, prendendo posto con il capo tra le mani, il foglio stropicciato svolazza mosso dal vento che entra dalla finestra.

Ammetto che mi ha ferita il suo modo di fare ma vado comunque a prendere posto al suo fianco sul letto.
«Scusami Ariadne... questo discorso mi manda fuori di testa.» annuisco, «Si vede... ma c'è una causa specifica?
Insomma... che ti prende Leo?» sospira, mi mostra i suoi occhi arrossati dal pianto, non si vergogna a mostrarsi senza veli di fronte a me.
«Al liceo la mia media era impeccabile... avevo così paura di poter perdere la mia squadra, da studiare, rendermi il primo della classe per quel gioco... quando sono cominciate ad arrivare le domande per il college... credimi Ary... volevo compilarne qualcuna, anche secondo le mie necessità... ma poi... quel parassita è rientrato nella mia vita, cercando di recuperare le sue redini da genitore, le stesse che aveva lasciato quindici anni prima, fregandosene... non sapeva e non sa niente di me, pretendeva di poter scegliere al posto mio una carriera, quella più burrascosa, quella più formale... senza chiedermi nemmeno se potesse andarmi bene... ho deciso di fargli la guerra.» lo ascolto con attenzione, «Una guerra che però sta mandando te al macello... gli anni trascorrono e poi sarà troppo tardi per intraprendere qualunque cosa.» potrebbe sempre andare al college ma sarà difficile che riesca a fare qualcosa dopo.

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