Capitolo XVI

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Sono seduta al bar, ho lo sguardo puntato sul calice di vino che sto sorseggiando, intorno a me l'atmosfera è tranquilla e in questo momento ci sono poche persone sedute ai tavoli.

Ogni tanto i miei occhi cadono sul ragazzo dietro al bancone, ha un'espressione davvero troppo seria, mi verrebbe quasi da chiedergli cosa gli stia passando per la testa, ma rinuncio ancora prima di provarci, ha tutta l'aria di voler essere lasciato in pace.

Probabilmente è solo un po' pensieroso, il suo lavoro deve costringerlo fuori casa più spesso di quanto voglia e a lungo andare la cosa deve essere impegnativa da gestire.

Una ragazza si avvicina a chiedergli qualcosa da bere, lui si limita ad annuire mantenendo la sua espressione scocciata e lei, arrivata sorridente, torna immediatamente seria e va ad accomodarsi in un tavolino più distante dal bancone.

Io invece sono l'unica ad aver preso posto su uno degli sgabelli posizionati proprio davanti alla postazione del barman, un attimo dopo aver osservato questa scena quasi valuto la possibilità di andare anche io a sedermi più distante, improvvisamente preoccupata dall'eventualità che il suo cattivo umore contagi anche il mio.

«Hai iniziato senza di me?»
«Non ti ho più visto.»
Sorrido rincuorata. Da come era sparito mi stavo quasi convincendo di aver avuto un'allucinazione. E invece eccolo qui, in piedi di fronte a me con uno sguardo sereno, ma carico di intensità, e indossa il suo sorriso perfetto e bianchissimo, tutto quello che basta per far accelerare il mio cuore di un battito.

Si siede sullo sgabello accanto al mio, non sembra intenzionato a spiegarmi che fine abbia fatto prima e io evito di domandarlo, adesso mi interessa solo che sia di nuovo vicino a me.

«Eri preoccupata?» Domanda allora mentre scorgo un sorriso compiaciuto nascergli all'angolo delle labbra, «ti avrei trovata io» aggiunge con aria serena guardandomi con maggiore intensità.

Non capisco bene il senso di questa affermazione... Siamo su un aereo, nessuno dei due avrebbe potuto andare molto lontano, anche se poco fa sembrava fosse stato risucchiato da un buco nero. Non gli rispondo e lui si affretta ad ordinare qualcosa.

«Non sembra anche a te il ragazzo più triste del mondo?» Domando abbassando il tono della voce non appena il barman si volta per pescare qualche bottiglia.
«Dici che ha avuto una brutta giornata?»
«Forse vuoi dire una brutta settimana» rispondo e ci mettiamo entrambi a ridere.

«In effetti non sembra proprio felice,» dice poi il ragazzo dopo aver studiato più attentamente il barman, cosa che mi rimetto a fare anche io cercando di non dare troppo nell'occhio.
«A volte la nostra felicità sembra dipendere dagli altri, ma, se analizziamo bene la situazione, ci rendiamo conto che gli unici artefici del nostro destino siamo noi stessi.»

Mi volto a fissarlo con aria meravigliata, non è la prima volta che mi parla di destino.

«Non so se ci credo, te l'ho detto.»
«A cosa?»
«Al destino.»
«Pensi che tutto accada per una serie di scelte casuali?»
Muovo piano la testa e gli occhi prima da un lato e poi dall'altro, «in realtà non ho un'idea ben precisa della cosa» ammetto.
«E come spieghi tutto questo?» Dice allora lui allargando le braccia ad indicare il fatto che siamo qui seduti insieme.
L'allusione al fatto che il nostro incontro era scritto da qualche parte, come una data importante sul calendario del destino, mi fa arrossire.

Lui probabilmente deve notare il nuovo colorito che sta prendendo forma sulle mie guance, così come il sorriso che sta nascendo all'angolo della mia bocca, si avvicina allora di più col busto e mi guarda ancora più intensamente di prima.

Inizio a sorridere in modo più eloquente, non mi aspettavo che anche per lui fosse piacevole continuare a trascorrere del tempo insieme a me.

«Nessuno più di noi stessi è in grado di sapere cosa ci rende davvero felici.»
Annuisco persa nel suo sguardo.
«A volte, però, sembra che la felicità degli altri abbia più valore della nostra.»
«Io tendo a mettere la felicità degli altri prima della mia, infatti,» ammetto sentendomi chiamata in causa, anche se in effetti lui non ha alluso in alcun modo a me.
«I tuoi desideri non sono meno importanti di quelli delle altre persone.»

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