1.17 - PATRICK 💋

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TW: contiene linguaggio volgare.

Cazzo, volevo stare con la mia lady. Invece, mio padre continua a starmi col fiato sul collo.
«Non ti piacerà davvero questo lavoro di manovalanza, vero?» taglia un pezzo di brioche col coltello e la forchetta.
«Questo lavoro di manovalanza mi servirà per gli studi, padre». Prendo del the.
«Potrai farlo all'università».
«Cosa c'è di male a farlo anche qui? Mi piace quello che sto facendo».

Alza la testa e per la prima volta, mi guarda proprio come ha sempre guardato loro, dall'alto al basso. «Dicono che stai tutto il giorno con quella ragazza sgarbata, e si vede. Stai diventando maleducato».

Mentre parla di lei, Bev passa vicino con la colazione in mano. Sono così seccato che mi capita di guardare male anche lei.

Lui la indica con la forchetta. «Eccola, guardala! Non sa nemmeno mangiare come una donna!».
«Ah, perché adesso ci sono anche regole per gli uomini e le donne per il cibo?» lo sfido e metto un gomito sul tavolo.
«Non intendo quello. Il fatto è che~»

Mi alzo dalla sedia «Il fatto è che lei è il mio capo: se sono al lavoro dopo di lei mi becco una nota. Che andrà ad incidere sul mio curriculum e quindi sul giudizio del signor Lambert e di conseguenza su quello di Ella. Ora, se mi scusate».

Mi dirigo verso il bus. Come sempre, mentre andiamo allo stadio, c'è lei che corre lungo la strada.

Prima che arrivi, inizio a mettere a posto le centraline elettriche.
Appare di nuovo mio padre. Mi porto le dita alla tempia. Credo che oggi mi verrà un forte mal di testa.
«Patrick, puoi alzarti da terra» mi dice.
«Scusa padre, ma sto finendo di mettere a posto questi interruttori se non lo faccio nella giusta sequenza poi~»
«Patrick, non è una richiesta, è un ordine. Puoi alzarti da terra e terminare di lavorare con questa gentaglia» si sistema la cravatta e si guarda intorno.

Mi distraggo un attimo dal contare la sequenza degli interruttori. «Cosa?».
«Possiamo andare, Ella ha detto che Lambert ti congeda. Hai l'ammissione al MIT. Piantala di umiliarti».

Mi alzo, anche se le gambe non mi reggono. Se Lambert ha detto che ho finito, vuol dire che ha domandato consulto a Bev.
Lei mi ha mandato via. Dopo aver fatto l'amore con me. Ma ieri sera non mi ha detto che mi ama.
No, io voglio rimanere. Devo parlare con Bev. Mi guardo attorno, salgo su e giù dal palco ma ancora non è arrivata.

Mio padre mi raggiunge, cerco di prendere tempo. Deglutisco a vuoto «Padre non è umiliazione questa! Io sto lavorando!».
«Al comando di una yankee del sud?».
Si allontana e lo inseguo «Non è una colonia, cazzo!».
Si volta «Io non ti ho insegnato a parlare così!».

Dietro di me arriva la voce di Bev «Chi cazzo ha lasciato il pannello in carica?» urla.
Lui alza il dito dietro la mia spalla «Eccola, quella che ti ha insegnato a parlare in maniera così irriverente».

Mi giro e mi ricordo che stavo mettendo a posto il quadro elettrico.
Beverley si avvicina, faccio qualche passo verso di lei «No! Bev!».

C'è un flash di luce e lei vola qualche metro più in là. «Beverley!» abbandono mio padre e mi precipito da lei.
È esanime: ha gli occhi spalancati, riversi all'indietro ed è bianca, i capelli sono una nuvola rossa.

Mi chino, le premo il petto il cuore mi impazzisce, sento gridare il suo nome, credo di essere io.

Una mano mi sbatte di lato, è Sam. Porta la testa sul suo torace e poi inizia a farle il massaggio cardiaco «Chiamate un'ambulanza!» grida.

Mi alzo e faccio qualche passo indietro «È... morta?».

«Non se riesco a farle il massaggio finché non arriva l'ambulanza. E speriamo bene» ansima lui.

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