11. Humanum genus

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Clarissa

Marco mi ha avvicinato alla ricreazione, è stato strano, di solito le classi si mischiano ma lo sai che non amo la confusione e quindi mi sono cercata il solito angolino tranquillo in cui riposare il cervello. Avevo già notato degli sguardi interessati da parte sua, non sono stupida, solo non credevo che avrebbe agito. Comunque, si è presentato con un'espressione che era tutto un programma a chiedermi il numero, un coraggio che ho apprezzato, aveva la possibilità di averlo per vie traverse e invece è venuto a chiedermelo.

«Hai accettato vero?»

Gli scoccai un'occhiataccia che lo fece scoppiare a ridere.

«Okay, continua.»

A lezione mi ha poi scritto se volessi uscire con lui.

«E non mi hai raccontato nulla?»

«Smettila di interrompermi altrimenti non ti dico proprio un cazzo.»

A quel punto ero incuriosita, in realtà a scuola si vociferava che si stesse vedendo con una di quarto ma lo sai come la penso sulle voci di corridoio quindi non gli ho dato molto peso e ho accettato. Ci siamo messi d'accordo per andare ieri prima a cena e poi al cinema.

Quando l'ho detto a mamma è letteralmente impazzita, neanche stessimo in America e dovessi andare al ballo della scuola. Immagina la mia faccia davanti alla sua reazione, quasi quasi mi pentivo di averglielo detto. Quantomeno mi ha dato una mano per capire cosa mettermi, altrimenti sarebbe stata una tragedia ancor prima di iniziare.

Con Marco ci eravamo dati appuntamento in piazza, da lì saremmo andati al ristorante. Mi stava aspettando vicino a Luppolo e farina, a posteriori ti dico che stava messaggiando con qualcuno, ma appena si è accorto di me ha messo via il cellulare e mi ha salutato come al solito.

«Ma com'è questo Marco? Ora sono curioso.»

Dio, se mi avesse interrotto un'altra volta, lo avrei ucciso.

«Un idiota, direi.» Tagliai corto ma non abbastanza da soddisfare la sua curiosità.

«Sì, ho capito, ma cosa hai visto in lui per farti dire di sì.»

«Non lo so, forse mi ha preso in contropiede, forse perché ha un sorriso contagioso.»

«Un sorriso contagioso, vabbè andiamo avanti.»

All'inizio in realtà è andato tutto bene, abbiamo chiacchierato e devo dire che non mi dispiaceva neanche il suo modo di parlare, sapeva esporre bene le sue idee cosa non scontata.

Mi sono cominciata a insospettire quando gli è arrivato un messaggio sul telefono e lui è impallidito, gli ho chiesto cosa avesse ma lui ha negato che ci fosse qualcosa. Ho fatto finta di nulla, magari era stata una mia impressione, ma poi ha cominciato a guardare la porta come se temesse di veder spuntare un qualche demone. A quel punto non sapevo cosa pensare, ti giuro.

Stavo quasi per andarmene perché sinceramente mi stavo anche irritando quando lo squillo del suo telefono mi ha fermato, non ho fatto in tempo a leggere il nome sullo schermo ma lui ha chiuso la chiamata.

Dopo quella scena ero pronta a tirare i remi in barca e a salutarlo, sai che ne sarei stata capace, ma lui deve aver visto qualcosa nella mia espressione perché mi ha sorriso, e ti giuro che uno più finto sarebbe difficile da trovare, e si è scusato. Mi pareva brutto andarmene dopo che mi aveva chiesto scusa così ho deciso di rimanere, una parte di me era perfino curiosa, di sicuro non gli avrei concesso un secondo appuntamento in futuro ma volevo vedere cosa sarebbe accaduto.

Riesci a immaginare cosa è accaduto dopo? Sembrava di essere in una scena di un film, giuro! Praticamente stavamo aspettando il secondo quanto è apparsa la ragazza del quarto su cui giravano le voci. Era incazzatissima, credevo che gli avrebbe staccato le palle a morsi, e la faccia di Marco assomigliava a un lenzuolo.

La ragazza gli ha chiesto cosa ci facesse lì e sembrava intenzionata a mettere su un teatrino con i fiocchi, io però a quel punto avevo perso interesse. Il mistero era svelato ed era tutto quello che chiedevo ancora dalla serata, così mi sono alzata, ho preso la borsa e, prima di andarmene, le ho detto che forse doveva lasciare che quel coglione tornasse single. Dopodiché me ne sono andata e questo è tutto quello che c'è da dire sul disastro che è stato ieri sera.

Quando tacqui, David scoppiò a ridere a crepapelle buttando indietro la testa.

«Quel Marco era un'idiota. Come diamine ha fatto a portarti in quel ristorante sapendo che la sua ragazza sarebbe stata lì?»

«Non credo che lo sapesse.» Mi strinsi nelle spalle sorridendo dell'assurdità di quello che avevo appena raccontato. «Era terrorizzato dal fatto che lei fosse lì.»

«La prossima volta ti porto io fuori, almeno ti diverti di più.»

«Ma io mi sono divertita, a un certo punto avrei voluto avere i popcorn.» Risposi con una mezza risata, meglio ironizzarci sopra che piangere sul latte versato. Almeno io non ero il tipo da rimpiangere certe cose, specialmente se non dipendevano da me, c'era chi prendeva questa mia cosa come stronzaggine, la realtà era che non vedevo il senso rimproverarsi per qualcosa che non potevo controllare.

«Solo tu potevi uscire divertita da questa cosa. Io mi sarei arrbbiato.»

«Daddo, la maggior parte di quelli che della mia età sono talmente scemi che scene del genere non mi sorprendono più.» Ero sconsolata dalla stupidità umana. «Ormai sono fermamente convinta che solo il mio compagno potrà salvarmi da questo mare di idiozie.»

«O magari qualche vampiro gentiluomo.»

«Ti stai proponendo?»

«Ai suoi ordini, mademoiselle.» E simulò un mezzo inchino che mise fine a quel rapido scambio e che mi strappò un'altra risata. «Ora di mitigare la delusione, che tanto delusione poi non è, con una bella merenda?»

«Andata.» Risposi entusiastica, l'incidente della sera prima era già perso nell'oblio.

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Questa è la novella più corta del set ma io mi sono divertita un mondo a scriverla, anche perché il caso umano che dà appuntamento a Clary... diciamo che non è completamente inventato. Che ve ne pare di questo pseudo-appuntamento finito male?

Prossimo appuntamento: 25 marzo

Giorgia

Fragmenta AmorisWhere stories live. Discover now