8

151 10 7
                                    

Scar.

Scar.

Scar.

Scar profumava di vaniglia e caramello.

Come una di quelle crostate che Jin-hyung amava cucinare per loro. Poteva ricordare ancora quando rientrava a casa, come il profumo fragrante si infilava sotto la porta per raggiungerlo ancora prima di mettere piede in cucina e iniziava già a salivare al solo pensiero di gustarne un pezzo.

Il profumo di Scar gli faceva perdere la testa. Voleva di più, di più, di più.

Le mani di Scar erano delicate. Li toccavano con cautela, come se fossero stati petali di un fiore pregiato. Come se avesse avuto paura di romperli con un solo soffio.

Ma non era abbastanza.

Lui voleva di più.

Scar era il paradiso alla fine del loro cammino attraverso l'inferno. Era l'oasi dalle acque scintillanti e le foreste rigogliose, irrorate dai raggi del sole e da arcobaleni. Il suo cuore non poteva neppure concepire il passaggio in una sola giornata dalla miseria a cui era ormai abituato al premio più grande che potesse anche solo sperare di ricevere.

Fino a poche ore prima, la loro realtà era chiusa in una stanza buia e fredda, stretta su un letto cigolante e troppo piccolo per tutti e tre. Gli unici arredi, la paura e il terrore. L'attesa angosciante. La disperazione. Le lacrime amare e le ferite nel loro cuore che continuavano a sanguinare, anche dopo un anno. La famiglia che ancora non riuscivano ad abbandonare. La speranza che non volevano lasciare andare.

Un altro po'.

Solo per un altro po' volevano continuare a illudersi che li avrebbero rivisti, un giorno.

La speranza li uccideva quasi più della violenza.

E poi, uno spiraglio di luce.

Non capivano. C'erano uomini ovunque, urlavano cose, ordinavano loro di seguirli. Ma non potevano fidarsi. Cercavano di separarli. Doveva saperlo, non c'era davvero speranza.

Ma alla fine arrivò il sole in tutta la sua potenza. Stava lì, di fronte a loro, fiero e sfavillante. Li aveva protetti dalle persone che volevano separarli e improvvisamente sembrava che nessun male potesse mai raggiungerli. E quando si avvicinò... odorava di casa.

Casa.

Scar sarebbe stata bene a casa.

Scar era perfetta per il branco.


Scarlett non poteva dire di aver goduto di un sonno sereno. Se l'improvvisa scarica di adrenalina risultata dall'essere svegliata nel mezzo della notte e dover correre al Centro non fosse bastata, il materassino gonfiabile non l'aveva di certo aiutata. A ogni movimento, si ritrovava sbilanciata verso il bordo grazie all'aria che si spostava e la spingeva nei posti più scomodi, fino a che non si forzò a rimanere immobile con il viso rivolto verso il soffitto e gli occhi incapaci di chiudersi. Il fatto di trovarsi nella stanza con tre giovani Omega insolitamente attaccati a lei probabilmente non aiutava. Durante la notte, non era riuscita a trattenersi dal acuire l'udito ogni volta che un lieve rumore proveniva dal nido, ma disse a se stessa che era solo la sua mancanza di sonno. Non era perché voleva sentire i deboli sospiri o i versi deliziati che uno dei tre lasciava sfuggire quando si spostava leggermente o quando si accoccolava ancora di più ai suoi compagni.

Il risultato, soprassedendo tutto ciò, fu un mal di testa mattiniero e occhi arrossati davanti allo specchio. Quando uscì dal bagno in cui si era rinchiusa per rinfrescarsi, trovò che nel mentre l'angelo si era svegliato e stava seduto sul bordo del letto strofinandosi il viso con le piccole mani, prima di passare le dita fra i capelli scompigliati.

Vaniglia e caramello Where stories live. Discover now