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(SUGGERIMENTO: ascoltate Love wins all da metà capitolo in poi. You're welcome)

Che cos'è il tempo?

Fino a un anno prima, per Namjoon era una misura empirica della realtà. Una perfetta, scientifica successione di secondi, minuti, ore, giorni. Un secondo era la perfetta durata di un battito di ciglia. Un'ora era la lunghezza di una sua lezione. Un giorno era una successione di luce e buio. Un mese era un terzo del trimestre che scandiva il suo ritmo di insegnamento. Un anno era... il tempo che spendeva con una classe.

Poi, tutto era cambiato.

Namjoon si era accorto solo allora che il tempo non era nulla della misura perfetta che pensava che fosse. Si era accorto di quale volubile, fragile e parziale creatura in realtà fosse.

Per lui, che viveva la sua vita a un ritmo perfetto, un secondo divenne come un anno e un anno come un secondo. Sbatteva le ciglia e un mese passava senza che avesse la minima memoria di cosa vi fosse accaduto. Metteva piede in casa sua e i minuti si trascinavano come unghie su una lavagna, ticchettandogli nelle orecchie e riverberando, anche quando non c'era nessun orologio.

Il tempo non era perfetto. Si contraeva e si allungava, come una molla. No, come un liquido non newtoniano.

Imperfetto.

Incomprensibile.

Lo aveva congelato, lui insieme ad altre tre figure. Poteva essere seduto alla cattedra, con gli occhi a malapena sollevati a ripetere la stessa lezione che aveva già impartito a una classe diversa la mattina precedente, ma il mondo attorno a lui tornava all'instante in cui era rimasto congelato. E la cattedra spariva, facendo posto al tavolo rettangolare, lungo abbastanza per otto persone, la misura quasi perfetta per loro.

Tempo e spazio.

Entrambi, apparentemente così precisi. Entrambi, estremamente irreali. Lo spazio si frantumava, si plasmava, lo trasportava negli stessi luoghi.

Quella maledetta cucina, la stanza più grande della loro casa perché Jin-hyung era stato così petulante nelle sue lamentele da convincere l'intero branco che fosse necessario.

Perché "anche se non siamo più animali, mangiate quanto un branco di lupi!"

"E chi le sfama poi tutte le vostre maledette bocche?"

Tutti sapevano che non avrebbero avuto pace fino a che non lo avrebbero accontentato. Perciò lo fecero. Ed ecco apparire un mastodontico frigorifero a due sportelli, più alto di Namjoon di ben dieci centimetri e più largo delle spalle di cui Jin-hyung andava così stupidamente fiero. Ed ecco un ridicolo fornello a sei fuochi con piano a induzione, perché era più veloce da pulire.

E Namjoon era seduto al tavolo che si trovava proprio nella cucina, perché Jin-hyung non voleva lo stress di dover trasferire il cibo da una stanza all'altra ogni singolo pasto. Dunque niente sala da pranzo, ma solo una grande, stupida cucina. E nelle orecchie di Namjoon doveva rimanere il ricordo delle centinaia di mattine passate nel silenzio, a scambiare grugniti e parole arrochite con Hoseok e Yoongi perché i più giovani non si svegliavano mai presto quanto loro. Si alzavano almeno un'ora dopo che tutti gli altri avevano lasciato la casa e si trascinavano lentamente a colazione con il sonno ancora appeso agli occhi. Era un inferno svegliarli e solo Jin-hyung ne aveva fatto un arte.

Invece, Namjoon era incastrato in una singola mattina. Una mattina diversa dalle altre perché la cucina risuonava delle voci troppo eccitate dei più giovani. Era un insolito scenario, uno a cui avevano raramente assistito. Yoongi li osservava con uno strato di irritazione a coprire i suoi occhi felini, insieme al tenero affetto che provava nel vedere i tre corpi rincorrersi e abbracciarsi attorno a lui. Namjoon li guardava con un sorriso stanco sulle labbra e, a tratti, una risata divertita.

Vaniglia e caramello Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ