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Simone, seduto su uno sgabello girevole nella cucina semi vuota del locale, aspettava Mimmo.
Gli vieniva da ridere se pensava a quanto aveva aspettato Mimmo pensando di starlo facendo per finta, senza un vero scopo, senza una vera speranza che quel suo aspettare fosse utile, sensato.
Ma aveva sempre continuato a farlo.
E adesso lo stava aspettando per davvero, infatti mentre lo pensava, Mimmo faceva il suo ingresso nella cucina, seguito dall'altro cameriere. A Simone era parso di capire che si chiamasse Jean.
Guardó Mimmo sorridendogli e lui ricambó, avvicinandosi con passo svelto "Simó dobbiamo pulire noi la cucina, ti giuro faccio veloce".
Mimmo lo guardó con quegli occhioni azzurri che tanto gli erano mancati e Simone si sentí pervaso da una tenerezza infinita.
"E che problema c'è" gli disse scompigliandogli un po' i capelli "Anzi, se volete una mano...".
Mimmo scosse subito la testa "Macchè Simó" Mimmo si sporse verso di lui e mise una mano sulla seduta delle sgabello.
Simone rimase un po' interdetto, d'improvviso Mimmo lo fece girare e Simone, sorpreso, esclamó un leggero "uo" iniziando a ridere.
Dopo poco fermó lo sgabello passandosi una mano fra i capelli, era un po' imbarazzato dalla situazione.
Jean gli rifiló uno sguardo un po' divertito, ma a Simone sembró di aver scorto una qualche diffidenza nei suoi occhi.
Non ci diede troppo peso, alla fine non si conoscevano.
Ma a Simone di stare lí a non fare nulla non andava "Si dai, vi do una mano" disse alzandosi.
Prese uno straccio umido da vicino al lavabo e si avvicinó a Jean e Mimmo, cominciando a pulire anche lui i vari banconi della cucina. Mimmo rise scuotendo la testa e Simone continuó a sentire lo sguardo vigile di Jean su di lui.
Incominciava davvero a pensare di non piacergli.

Dopo circa 20 minuti la cucina era limpida e lucida "Okay ragà, vado di là un attimo ca' me song scordato o' telefono" poi si fermó sulla porta girandosi "Jean non lo picchià per favore" disse mettendo le mani in gesto di preghiera e sorridendo ironico.
A Simone scappó una risata a vedere la faccia di Jean diventare rossa, allora era vero che non gli andava molto a genio.
"Senti ma...ho fatto qualcosa che ti ha dato noia?" gli chiese, sinceramente, Jean scosse la testa e, dopo un po' di tempo "Ma no, non mi hai fatto nulla" disse. Jean si staccó dal bancone per slacciarsi il grembiule che gli cingeva i fianchi "Peró stai attento con Luca, ne ha già passate tante" gli disse serio.
Simone annuí corrugando le sopracciglia "Non proccuparti", Jean accennó un sorriso e in quel momento Mimmo si affacciava alla porta.
"Ah bene si sopravvissuto, allora andiamo a bere qualcosa?" Simone si spostó velocemente da dietro il bancone "Certo M-", Simone si bloccó all'istante, stava per chiamarlo Mimmo.
Gli sembrava che anche lui avesse trattenuto il fiato per un attimo, Simone diede un colpo di tosse mentre Mimmo si riscuoteva.
"Ciao Jean, a domani" Jean fece un cenno con la testa e li salutó a sua volta.

Simone entró dentro il piccolo bar dove Mimmo lo aveva portato e presero entrambi qualcosa da bere.
"Viè, ce lo beviamo fuori" gli disse il biondo e cosí uscirono subito coi loro drink in mano.
Simone pensava di avere un milione di domande da fargli, ma in quel momento erano come state risucchiate da un buco nero.
"Cosa fai qua?" alla fine fu Mimmo a iniziare a parlare, sedendosi su un muretto.
In giro c'era un po' di gente e tutti sembravano euforici per qualche motivo che Simone ignorava.
Solo che quella sera era euforico anche lui, forse piú di tutti messi assieme.
"Sono venuto a fare matematica qui" Mimmo prese un sorso dal suo drink spalancando un po' gli occhi "Ci avrei scommesso Simó, tu sei un piccolo genio".
Mimmo gli sorrise con dolcezza e gli passó una mano tra i riccioli, Simone si bloccó un attimo e si rese conto che, per la prima volta, stavano uscendo come due ragazzi normali.
E forse chiunque, conoscendo la loro storia, avrebbe detto che di normale c'era ben poco.
Ma per Simone quel momento era talmente pregno di naturalezza, che non poteva pensare a una cosa piú normale di quella.
"Te invece? Che fai a Bologna?" stavolta fu Simone a bere un po' "Mi hanno messo in protezione qua -i suoi occhi si incupirono per un attimo- abito non tanto lontano da qua".
Simone gli si sedette accanto "Studi?", Mimmo annuí, fece per dire qualcosa ma Simone lo bloccó poggiandogli delicatamente una mano sul petto "Aspe' aspe', fammi indovinare...DAMS" esclamó dopo poco Simone.
Mimmo ridacchió spalancando gli occhi "Azzeccato Simó! Eh ma io l'ho detto che sei un genietto".
Si guardano per un po' senza dire nulla, Simone si stava ancora abituando e pensó che anche per Mimmo fosse cosí.
"E quindi quando si arrivato?" gli chiese mettendosi a gambe incrociate "Beh in realtà stamani" Mimmo rise e anche Simone trovó il tutto davvero una strana coincidenza: per una volta la fortuna era stata dalla sua parte.
"Ma poi prima quando Carmine mi ha detto che la pizzeria si chiamava Mimí -Mimmo sbuffó una risata- il mio cervello è tipo esploso" gli disse sincero.
Mimmo gli mise una mano sulla guancia e la accarezzó delicatamente "Chi devo ringraziare per averti fatto scegliere Bologna?" Simone gli puntó un dito sul petto "Te stesso".
Mimmo corrugó le sopracciglia confuso "Si beh, mi parlavi sempre di quanto ti piaceva Bologna, anche se non ci eri mai stato" disse Simone gesticolando, un po' agitato.
Aveva paura che anche lui lo avrebbe preso per idiota come aveva fatto suo padre.
"Insomma io...speravo di ritrovarti qua" gli disse infine tutto d'un fiato.
Mimmo si sporse velocemente verso di lui e gli lasció un bacio a fior di labbra, che Simone peró riprese subito, approfondendolo un po'.
"Comunque il nome Luca non so se ti sta bene" gli disse per prenderlo un po' ingiro "Simó, non infierire perfavore, sto nome mi sta di merda".
Simone rise e dopo tanto tempo rise per davvero, senza forzature.

Passarono la serata a girare per Montagnola parlando di qualsiasi cosa, dovevano recuperare molto tempo perso.
Simone gli raccontó di come andavano le cose a casa e a Mimmo dispiaque tanto che Simone e Dante avessero litigato. "La dovete smettere tu e tuo padre di litigare ogni volta che parlat' " .
Mimmo gli parló del fatto che si era appassionato tantissimo alla musica e al cinema, per quello aveva scelto il dams.
Adesso, in una stradina meno trafficata delle altre, l'aria era diventata leggermente tesa. Simone si fermó un attimo mentre rideva a una delle numerose battute che Mimmo aveva fatto in quella sera.
Il ragazzo gli si avvicinó e portó le mani sul suo viso, accarezzandolo "comm si bello quando sorridi" Simone azzeró le distanze e lo bació.
E stavolta fu un bacio come si deve, non veloce, non a stampo.
Un bacio profondo, lento e mentre le loro labbra si assaporavano le mani di Simone si spostarono dai capelli di Mimmo ai suoi fianchi e li strinsero appena.
Come gli erano mancate le mani di Mimmo sul suo viso, tra i suoi capelli e le sue labbra cosí morbide che si scontravano con le sue.
Simone senza accorgersene era indietreggiato, fino a sbattere la schiena contro il muro di una casa.
Entrambi affannati e rossi in viso si separarono, sorridenti.
"Senti, ti va se andiamo a casa mia?" gli chiese Mimmo e Simone per rispondergli lo bació ancora "Lo prendo come un si".
Mimmo gli sorrise sarcastico, gli prese la mano e con passo svelto si avviarono per la strada di casa sua.

infinito +1 → mimmoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora