Capitolo Cinque - Luce nel Buio (seconda parte)

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Qualcuno bussò alla porta con delicatezza, quasi con timore.

   Eógan, che sedeva al suo scrittoio con la testa china su un reclamo, sollevò lo sguardo controvoglia. Era rimasto sveglio accanto al letto di Narell per tutta la notte, a guardarlo impotente mentre delirava e combatteva una febbre spaventosamente alta; l'ultima cosa di cui aveva bisogno era qualcuno con cui parlare.

   Ma chiunque avesse bussato lo fece di nuovo, perciò il Guardiano raddrizzò la schiena e brontolò: «Avanti».

   Arenyl entrò nello studio quasi senza fare rumore. Aveva il viso teso e stanco, e profonde occhiaie viola sotto gli occhi dorati. Aveva lasciato sciolti i capelli corvini, anziché legarli in un'elegante mezza coda com'era solito fare ogni giorno. Si chiuse la porta alle spalle, ma non avanzò. Rimase immobile all'ingresso, a guardare Eógan con aria colpevole.

   Il Guardiano si alzò e aggirò lo scrittoio per avvicinarsi a lui, sovrastandolo con la sua altezza che sfiorava il metro e novanta.

   «Come sta Narell?» chiese infine l'Alto Sacerdote, sollevando lo sguardo per poterlo guardare negli occhi.

   Eógan ripensò con un tuffo allo stomaco al viso insanguinato di suo figlio. «Secondo messer Dafi è fuori pericolo» rispose, mostrandosi distaccato. «È più preoccupato per la sua salute mentale.»

   Arenyl sospirò. Era rimasto accanto al capezzale di Narell per un po', ma quando il ragazzo, oltre a lamentarsi per il dolore, aveva iniziato a gridare in preda agli incubi e ai deliri, non aveva retto e aveva lasciato la stanza. «Tuo figlio è forte,» mormorò, «nel corpo e nella mente. Sono sicuro che starà bene.»

   Il Guardiano non rispose.

   «Eógan, io sono sconvolto» proseguì l'elfo. «E mortificato.»

   «Non hai colpe.»

   «No. No, certo che no.» Se possibile, Arenyl impallidì ulteriormente. «Ma sono un elfo. E sono stati i miei fratelli a ridurre in quello stato Narell. E Daron...» I suoi occhi si riempirono di lacrime. «Per gli dèi, era solo un ragazzo!»

   Il Guardiano strinse i pugni. Era stato lui a dare a Bryce e Alana la notizia della morte del loro unico figlio. Non avrebbe mai dimenticato la loro reazione.

   «Tutti quegli uomini morti, e per cosa? Per cosa, mi chiedo? Gli dèi mi risponderanno mai? Ho passato la notte a pregare! Io...»

   «Calmati, Arenyl.»

   La voce profonda di Eógan sembrò scuotere l'esile elfo, restituendogli un po' di colore in viso.

   «Siediti.»

   L'altro obbedì e si avvicinò a una delle sedie poste davanti allo scrittoio. Si lasciò cadere sulla seduta imbottita e si passò le lunghe dita tra i capelli.

   Eógan non aveva mai visto Arenyl così turbato. Lo conosceva da ormai ventotto anni, da quando, per volere del Sacro Concilio, l'Alto Sacerdote si era trasferito a Forte Traynor per fargli da tutore e sincerarsi che seguisse con dedizione i comandamenti del Culto dei Dormienti. Da quel momento, l'elfo era stato per Eógan una guida e un'ancora di salvezza; per molto tempo, era stato l'unico a trattarlo come un ragazzo che era rimasto orfano e che aveva bisogno di qualcuno che gli stesse vicino, e non come un eretico che era stato graziato al processo solo perché la sua giovane età aveva impietosito i giudici. Suo padre Einard, con il suo suicidio, aveva lasciato nel cuore di Eógan ferite che non erano ancora del tutto guarite; ma Arenyl, con la sua pazienza e la sua bontà d'animo, aveva fatto molto affinché smettessero almeno di sanguinare. Non era giusto che si sentisse così in colpa per qualcosa che non era dipeso in alcun modo da lui; per il solo fatto di essere nato elfo, in un'epoca in cui i suoi simili erano odiati soltanto per aver resistito più di tutti alla spada del Re che aveva unificato Bersiell.

L'Era del Risveglio - Il VarcamondiWhere stories live. Discover now