Capitolo Sei - Il Lupo nel Pozzo (seconda parte)

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Rimasto solo, fu difficile non cadere vittima della tristezza e dei brutti pensieri; anche per combattere quelle sgradevoli sensazioni, decise di darsi una ripulita e cambiarsi d'abito. Si avvicinò lentamente al catino posto davanti al letto, insieme allo specchio e all'armadio. La testa gli girava, ma immergere le mani nell'acqua fresca lo fece sentire meglio. Si sciacquò il viso, avvertendo un leggero bruciore sulla pelle screpolata. Prima di cambiarsi d'abito, sollevò la testa dal catino e si soffermò sull'immagine del suo volto riflessa nello specchio. Si riconosceva a stento: i suoi occhi languidi e arrossati giacevano su spesse occhiaie viola, mentre le sue labbra erano spaccate dal gelo, così come le guance e la punta del naso. Sospirando, sfiorò appena le croste sulla bocca. Ricordava bene di aver desiderato che il freddo lo uccidesse, ma in quel momento era grato di essere sopravvissuto.

   Sperava solo che Connor arrivasse presto e che potesse aiutarlo a fare chiarezza su quanto successo nella Foresta di Silesia: quella era l'unica speranza per espiare le sue colpe e dare giustizia a Daron, Yann e agli esploratori di Pietraluce.

   A meno che non ne avesse parlato in preda ai deliri, Narell era sicuro di non aver detto nulla ai suoi genitori riguardo al modo in cui gli elfi l'avevano sorpreso nella radura: era certo che fossero comparsi letteralmente dal nulla, per quanto potesse sembrare assurdo; ma la ferita sulla sua testa, che sentiva pulsare debolmente sotto le bende applicategli da Dafi, era un buon motivo per dubitare di quel ricordo, nonostante il suo sesto senso gli gridasse a gran voce di essere nel giusto. Da dopo la botta in testa, non ricordava granché; c'erano delle immagini che lo tormentavano, ma erano nebbiose e confuse. Anche a costo di apparire pazzo, avrebbe parlato con Connor di ciò che credeva di aver visto. La risposta dell'esploratore era l'unica cosa che avrebbe potuto calmarlo.

   Smise di guardarsi allo specchio, finì di lavarsi e indossò abiti puliti, poi attraversò la camera, diretto verso lo scrittoio poco distante dal camino acceso. Mentre camminava, diede uno sguardo alla sua sinistra, osservando il cielo attraverso l'immensa finestra che dava sul suo balcone privato. Era coperto da nubi candide e la neve cadeva leggera sulla città; una visione pacifica, in netto contrasto con le battaglie tumultuose che si stavano consumando dentro di lui.

   Distolse lo sguardo con un sospiro e raggiunse il suo scrittoio. Qualcuno vi aveva adagiato, dopo averle fatte ripulire, la sua spada e quella di Daron. Si soffermò su questa, una magnifica spada da lato quasi identica a quella di Narell, eccezione fatta per l'elsa, che era meno elaborata. Il suo amico non era mai stato un asso con le doppie armi, ma grazie alla passione del giovane Traynor per quella lama versatile, alla quale era solito associare una daga a rondelle o un brocchiero, anche Daron si era lasciato incantare dalla bellezza di quella spada elegante e letale e ne aveva chiesta una in dono a Bryce e Alana.

   Narell accarezzò con mano tremante l'elsa a cesto dell'arma. Avrebbe tanto voluto tenerla con sé, proprio come si era ripromesso di fare la notte prima, ma ora che era più lucido si rendeva conto che non sarebbe stato giusto. Quanto prima l'avrebbe restituita ai signori Feyer, sperando che non lo odiassero.

   Sospirò, poi si allontanò dalla scrivania e attese, cercando di non pensare troppo. Una delle domestiche gli portò una zuppa dalle cucine, raccomandandogli, sotto indicazione di messer Dafi, di consumarla ancora calda e di rimettersi subito a letto. Lui seguì il primo suggerimento e svuotò la scodella, ma ignorò il secondo e non tornò a letto, per paura che Connor lo trovasse addormentato.

   Si sedette invece a una delle due poltrone di velluto blu poste davanti al camino, ravvivando il fuoco di tanto in tanto e godendosi il tepore delle fiamme che danzavano davanti a lui.

   Dopo un'attesa di circa mezz'ora, cominciò a sentirsi davvero molto stanco. Forse non avrebbe dovuto alzarsi dal letto con così tanto anticipo. Cercò di non cedere alla stanchezza mormorando fra sé uno scioglilingua che gli aveva insegnato Helga quando era bambino: «In un pozzo cupo si specchiò una volta un lupo, che nel cupo pozzo andò a sbattere di cozzo con un cupo tonfo fioco». Sbagliò un imbarazzane numero di volte, la lingua ingarbugliata nella bocca bollente. «In un pozzo cupo... si specchiò una volta un lupo...» Istintivamente, riflettendo su quell'immagine di oscura profondità, si portò ancora una volta una mano al petto. Il cuore batteva forte, come se qualcosa nel pensare a un pozzo buio l'avesse turbato.

   Cosa diamine mi è successo, ieri? si chiese, irrequieto. Era sempre stato un individuo razionale, poco suscettibile a incubi e storie persino da bambino. Certo, ciò che era successo a Daron e agli altri uomini avrebbe turbato chiunque, ma non riusciva a togliersi dalla testa che ci fosse dell'altro...

   Qualcuno bussò alla porta, distogliendo Narell dai suoi pensieri e facendolo trasalire. «Avanti» disse alzandosi dalla poltrona.

L'Era del Risveglio - Il VarcamondiWhere stories live. Discover now