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Collin

Il giorno dopo mi ero svegliato in un bagno di sudore, mi ero portato a casa una biondina sexy del primo anno. L'avevo semplicemente guardata per farla cadere ai miei piedi, facevo questo effetto alle donne.
Sembrava che fossi uno dei ragazzi più ambiti dell'accademia Harrison e questa cosa non mi metteva sotto pressione. Al contrario la trovavo atrocemente banale, non ero solo un bel faccino e un bel fisico. Ma tanto altro che nessuno voleva conoscere.
O forse io non volevo farmi conoscere.

Avevo bisogno di distrarmi e non pensare a niente, non pensare più a lei.

Ninive.

Quella ragazza mi faceva uscire fuori di testa, aveva provato davvero a baciare Logan?
Che stronza, avrà pensato che l'orgoglio maschile avrebbe preso il sopravvento e che mi sarei incazzato.

Sapevo della sua esistenza ancor prima che lei conoscesse la mia. A volte il destino era fottutamente bastardo, lo era stato con me e con lei. Solo che Ninive non sapeva ancora quanto spietato potesse essere.

«L'uscita sai qual è» esclamai apatico alla ragazza che mi fissava distesa sul letto, io ero in piedi in procinto di entrare nel bagno privato della mia lussuosa camera.
Le sue iridi nocciola scivolarono lente e bramose sul mio addominale scolpito, per poi accendersi quando si soffermarono sul ventre nudo.

Lo voleva, ancora e ancora come tutte, questo doveva compiacermi ma ormai ci avevo fatto l'abitudine. Aveva i capelli sciolti e arruffati, un leggero trucco le velava la pelle poco riposata per la notte di fuoco passata insieme, e il corpo nudo era in bella vista. Sapevo sarebbe voluta diventare di nuovo un mio oggetto sessuale.

Socchiuse le labbra, probabilmente pensando a cosa dire, ma poco dopo le serrò alzandosi dal letto. Il seno prosperoso si muoveva ad ogni suo passo mentre raccoglieva i suoi indumenti sparsi in punti imprecisati nella stanza.

La osservai, era davvero bella e gli avrei dato un'altra lezione di anatomia se solo non avessi avuto l'urgenza di stare da solo.

«Sei uno stronzo!» esordii infine prima di aprire la porta, le sue mani si posarono sulla maniglia ma il viso era rivolto nella mia direzione, gli occhi a fessura squadravano i miei sicuri e incuranti di ciò che avesse appena detto.

«Lo so» un piccolo sorriso spuntò sulle mie labbra, pensava di fermarmi? O che ci sarei rimasto male per quell'appellativo?
«Non ti importa di me, vero?»
«Non mi importa di nessuno»

Lei sospirò non sapendo come controbattere la durezza delle mie parole, non voleva me, ma il mio corpo. Allo stesso tempo non voleva sentirsi come tutte, una ragazza da una notte e via. Ma era quello che aveva voluto, che avrebbe rifatto pur di stare con me. Nel mio letto.

Mi avviai in bagno e senza esitare entrai in doccia, il getto d'acqua ricopriva il mio corpo e d'istinto chiusi gli occhi facendomi torturare dai pensieri. Sapevo di avere un carattere difficile, che il destino era stato duro con me. Speravo solo che un giorno non ne fossi stato più prigioniero, che un giorno sarei potuto essere come gli altri.

Fanculo, fanculo tutto.

La rabbia entrò nel petto annebbiando la vista, il nero era l'unico colore che vedevo e mi costrinsi a tornare lucido senza riuscirci.

Iniziai a sferrare un pugno, poi un'altro e un'altro ancora. Non sentivo niente, non provavo emozione alcuna, volevo solo farla uscire dalla mia testa.

Volevo che la rabbia se ne andasse lasciandomi in pace.

Non mi ero mai sentito amato. Forse pensavo di non meritare qualcuno che mi apprezzasse per ciò che ero.
Amarmi era come firmare una condanna a vita.

Con gli stessi occhi Where stories live. Discover now